NEWS - prima pagina - NEWS - politica - NEWS meteo

Cliccando su i link posti di seguito, si aprirà la pagina delle news relativa al titolo del link stesso


News da tempi.it

News da tempi.it

#news #tempi.it

Blog
Né fake news né follemente corretto
Data articolo:Thu, 21 Nov 2024 08:00:19 +0000 di Lodovico Festa

Sulla Zuppa di Porro Donald Trump dice: «Entro poche ore dal mio insediamento, firmerò un ordine esecutivo che proibisce a qualsiasi dipartimento o agenzia federale di colludere con qualsiasi organizzazione, azienda o persona, per censurare, limitare, categorizzare o impedire la libera espressione dei cittadini americani. Poi proibirò che i fondi federali vengano utilizzati per etichettare la libera espressione come “mis-†o “dis-informazioneâ€. E inizierò il processo di identificazione e licenziamento di ogni burocrate federale che si sia impegnato nella censura interna, direttamente o indirettamente, che si tratti del Department of Homeland Security, del Department of Health and Human Services, dell’FBI, del DOJ, non importa chi siano».

Ci sono certamente problemi di ordine pubblico quando si diffondono notizie che possono mettere in pericolo la sicurezza della persone e della nazione, vanno contrastate le strategie disinformative di stati autoritari come la Russia, la Cina, l’Ira...

Contenuto a pagamento
Per continuare a leggere accedi o abbonati
Abbonamento full
€60 / anno
oppure
Abbonamento digitale
€40 / anno

Società
I paraocchi del patriarcato
Data articolo:Thu, 21 Nov 2024 03:50:00 +0000 di Caterina Giojelli

È passato un anno dalla morte di Giulia Cecchettin. E da giorni la notizia è che il ministro Valditara ne «offende la memoria» perché «nega la teoria del patriarcato». Che Piantedosi, Roccella, Nordio, Mara Carfagna e Maria Latella, all’iniziativa #Nessunascusa alla violenza contro le donne, non hanno mai pronunciato «la parola “patriarcatoâ€Â».

«Il patriarcato è vivo e lotta in ogni colpo di coltello che registriamo, in ogni bambina che vola dai balconi» (la Stampa). «Non esistono mostri, ma figli del patriarcato» (gli studenti in piazza per rivendicare l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole). «Il patriarcato non esiste solo negli occhi di chi ha il privilegio di non vederlo» (Elly Schlein). «Negare il patriarcato non lo fa cessare. E chi ha ucciso mia figlia è italiano» (Gino Cecchettin).

La bugia del patriarcato, la confusione con il maschilismo

La notizia è un’altra: siamo fermi a un anno fa. Alla bugia che l’Italia sia una società patriarcale. Che in quanto bianco e i...

Contenuto a pagamento
Per continuare a leggere accedi o abbonati
Abbonamento full
€60 / anno
oppure
Abbonamento digitale
€40 / anno

Ambiente
Record delle emissioni globali mentre alla Cop29 si chiacchiera del nulla
Data articolo:Thu, 21 Nov 2024 03:50:00 +0000 di Piero Vietti

La Conferenza sul clima delle Nazioni Unite, la Cop29 in corso a Baku in questi giorni, prosegue stancamente senza significativi progressi e nel disinteresse generale: snobbata dai grandi leader, ospitata da un paese esportatore di gas e petrolio che non rispetta i diritti umani, ma partecipato soprattutto dai vertici delle grandi compagnie petrolifere, il summit in Azerbaigian non ha ricevuto neppure un assist dal G20 in Brasile.

Nella dichiarazione finale del summit sudamericano non c’è nessun riferimento ad accordi vincolanti sul contenimento delle emissioni per frenare i cambiamenti climatici, solo impegni vaghi e la solita richiesta di più soldi dalle nazioni ricche a quelle in via di sviluppo per accelerare la transizione (soldi buttati, come ha spiegato Bjørn Lomborg su Tempi).

Nessun assist dal G20 alla Cop29

Prosegue insomma l’equivoco per cui i paesi in via di sviluppo non solo continuano a emettere gas serra senza un tetto e a bruciare petrolio e carbone, ma non devono contribuire economicamente allo sforzo globale per la transizione. In verità l’Unione Europea durante il G20 ha provato a sostenere che per raggiungere un obiettivo ambizioso più paesi devono contribuire finanziariamente agli sforzi per contrastare il cambiamento climatico, tra cui le nazioni in via di sviluppo più ricche, come la Cina e gli stati mediorientali ricchi di petrolio, ma è stata respinta.

Nella narrazione mainstream europei e americani sono i cattivi che non si preoccupano del clima che cambia, inquinano e – nei paesi governati dalla destra – sono pure negazionisti con le mani sporche del fango delle recenti alluvioni. Non solo, adesso che Donald Trump tornerà alla Casa Bianca e farà uscire gli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi, le cose andranno sempre peggio. Come spesso succede però la realtà è diversa dalla propaganda, e dalla realtà non si può prescindere.

Ma quale stop al riscaldamento globale

Un anno dopo la promessa fatta alla Cop28 dai leader mondiali di abbandonare i combustibili fossili, il mondo sta bruciando più petrolio, gas naturale e carbone di sempre. Le emissioni globali di anidride carbonica da combustibili fossili, infatti, molto probabilmente raggiungeranno il record di 37,4 miliardi di tonnellate nel 2024, segnando così un aumento dello 0,8 per cento rispetto al 2023. Lo dicono i dati analizzati dal Global Carbon Project e pubblicati a Cop29 in corso che marcano, citiamo il New York Times, «una tendenza che allontana i paesi dal loro obiettivo di fermare il riscaldamento globale».

Leggi anche

Non potendola dare (ancora) a Donald Trump, di chi è la colpa? Non del governo fascio-negazionista italiano, né di Orban o della AfD tedesca. Il documento sottolinea infatti che l’aumento delle emissioni non è stato uniforme in tutto il mondo, anzi: negli Stati Uniti e in Europa quest’anno sono diminuite, mentre in India e altri paesi in via di sviluppo sono aumentate in modo quasi esponenziale.

Emissioni, Cina da record

Come se non bastasse, un’analisi appena pubblicata da Carbon Brief dimostra come la Cina sia ormai stabilmente il paese che emette più gas serra al mondo e che nel giro di qualche decennio raggiungerà gli Stati Uniti nel calcolo delle emissioni storiche totali. Scrive ancora il Nyt commentando lo studio, che «negli ultimi tre decenni, la Cina ha costruito più di 1.000 centrali elettriche a carbone , mentre la sua economia è cresciuta di oltre 40 volte. Il paese è diventato di gran lunga il più grande emettitore annuale di gas serra al mondo […] e l’anno scorso ha superato per la prima volta l’Europa diventando il secondo maggiore emettitore storico».

Cop29 Baku
Molti posti vuoti durante l’assemblea plenaria di ieri, 20 novembre, della Cop29 a Baku (foto Ansa)

Come ovvio Pechino tranquillizza tutti promettendo che le sue emissioni raggiungeranno il picco in questo decennio e poi inizieranno a calare (ma a quel punto sarà ormai troppo tardi, secondo le previsioni catastrofiste). Sono numeri che, sommati a quelli già citati delle emissioni dell’India e di altri paesi poveri, svelano l’ipocrita e inutile piano di intervento per salvare il clima a colpi di tagli alla CO2 e pannelli solari: perché continuare a considerare Cina e Arabia Saudita paesi in via di sviluppo e dunque non tenuti a contribuire agli aiuti finanziari per la lotta ai cambiamenti climatici? Dall’altra parte c’è chi accusa Europa e Stati Uniti di avere comunque fatto ancora troppo poco prima di poter chiedere ad altri di contribuire economicamente.

I cambiamenti climatici interessano poco alla gente, ditelo alla Cop29

È il fardello dell’emettitore di CO2 bianco: come scrive Spiked, mentre Ue e Regno Unito fanno a gara a chi arriva prima al Net Zero, lasciando cadaveri di aziende e lavoratori lungo la strada, la Cina utilizza combustibili fossili più economici per dominare l’industria dei pannelli solari, portando la capacità delle sue batterie a circa quattro volte quella degli Stati Uniti, esercitando al contempo un controllo efficace sui minerali delle terre rare e sulla tecnologia per la loro lavorazione. La gente è sempre più preoccupata per l’economia e sempre meno per il clima, i verdi perdono voti e i politici non puntano più sull’ambiente per farsi eleggere. Qualcuno lo dica a chi ancora pensa che dalle Conferenze Onu sul clima possa venir fuori qualcosa di utile.

Esteri
«Qui in Cisgiordania siamo tutti prigionieri»
Data articolo:Thu, 21 Nov 2024 03:45:00 +0000 di Leone Grotti

Anche per la piccola comunità di Khirbet Zanuta la strage di Hamas del 7 ottobre 2023 ha costituito un punto di non ritorno. Le 27 famiglie palestinesi, circa 250 persone arroccate su una collina spazzata dal vento vicino a Hebron, in Cisgiordania, erano già abituate a scontrarsi con i coloni israeliani, che avevano costruito negli anni un insediamento dopo l’altro fino ad accerchiarli. Ma dopo il pogrom dei terroristi islamici gli scontri sono diventati atti di vandalismo, aggressioni fisiche e infine minacce di morte. Per due settimane i coloni, imbracciando le armi, hanno intimato alla comunità rurale di pastori di andarsene, distruggendo i pannelli solari delle loro case, ribaltando le cisterne d’acqua, spaccando le portiere delle auto, spintonando le donne e infine lanciando contro un gruppo di famiglie una granata stordente.

L'occupazione israeliana in Cisgiordania

La comunità ha più volte invocato l’aiuto della polizia israeliana, incaricata di amministrare la sicurezza ...

Contenuto a pagamento
Per continuare a leggere accedi o abbonati
Abbonamento full
€60 / anno
oppure
Abbonamento digitale
€40 / anno

Blog
Non è poi così assurdo collegare la violenza sulle donne a una certa immigrazione
Data articolo:Wed, 20 Nov 2024 07:53:49 +0000 di Lodovico Festa

Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. Negli ultimi giorni ha suscitato polemiche un intervento in cui ha collegato le violenze sulle donne all’immigrazione clandestina (foto Ansa)

Su Startmag Maurizio Sacconi scrive: «La qualità dell’immigrazione non è più solo riferita alla integrazione nel mercato del lavoro di accoglienza. Ancor più rilevante è diventato il criterio della sicurezza, ovvero della prevenzione di flussi migratori ostili alla cultura e alla politica occidentali, specie in Medio Oriente. L’Italia è teatro invece di uno scontro ideologico tra accoglienza selettiva e accoglienza indiscriminata cui concorrono componenti esterne come le Ong che cercano di prevenire la deterrenza in mare e componenti interne come la giustizia politicizzata che rifiuta gli strumenti di deterrenza dopo lo sbarco. L’Italia non ha ancora, come la Francia, una consistente porzione della società di matrice islamista che riempie le piazze contro i governi occidentali e per...

Contenuto a pagamento
Per continuare a leggere accedi o abbonati
Abbonamento full
€60 / anno
oppure
Abbonamento digitale
€40 / anno

Salute e bioetica
La Lombardia respinge i trombettieri della dolce morte
Data articolo:Wed, 20 Nov 2024 03:55:00 +0000 di Emanuele Boffi

«Non siamo una democrazia giudiziaria, non scriviamo leggi sotto dettatura delle corti». Ha detto così Matteo Forte, presidente Commissione Affari istituzionali in quota Fdi in regione Lombardia, per spiegare il "perché" del voto compatto del centrodestra sulla pregiudiziale di costituzionalità sul fine vita. Come dargli torto. È finita con 43 sì e 34 no. Si è così respinto il progetto di legge sul fine vita del comitato “Liberi subito†di Marco Cappato che, come accaduto in altre Regioni, voleva surrettiziamente introdurre il suicidio assistito in Italia. I "sì" sono stati degli esponenti della maggioranza, i "no" dell'opposizione cui si è aggiunto il solo Giulio Gallera (Fi). Nemmeno il fatto che il voto fosse segreto ha influito sull'esito.

"No, grazie", rispondono dunque i consiglieri della Lombardia, imitando così i loro colleghi del Veneto e del Piemonte e diversamente da quelli dell'Emilia-Romagna (sui quali pende un ricorso al Tar). La motivazione è semplice e insindac...

Contenuto a pagamento
Per continuare a leggere accedi o abbonati
Abbonamento full
€60 / anno
oppure
Abbonamento digitale
€40 / anno

Esteri
Il regime a Hong Kong condanna la democrazia a 245 anni di carcere
Data articolo:Wed, 20 Nov 2024 03:50:00 +0000 di Leone Grotti

Duecentoquarantacinque anni e cinque mesi di carcere. Il braccio giudiziario del regime di Hong Kong, teleguidato da Pechino, ha seppellito ieri il movimento democratico della città sotto una valanga di sentenze durissime, condannando 45 tra attivisti, giornalisti e politici per il reato di «cospirazione al sovvertimento del potere statale», con pene che vanno dai quattro ai dieci anni di prigione.

Il processo dei “45 democratici”, la maggior parte dei quali si trova in carcere dal gennaio 2021, è il caso più eclatante di violazione dei diritti umani e di azzeramento dei diritti civili a Hong Kong da quando la Cina ha introdotto a forza e in modo illegittimo la legge sulla sicurezza nazionale nella mini Costituzione dell’ex colonia.

«Il processo è una farsa», dichiara a Tempi Mark Sabah, direttore per il Regno Unito e l’Unione Europea della fondazione Comitato per la libertà a Hong Kong. «I 45 condannati non hanno violato alcuna legge. Hanno soltanto esercitato i propri diritti garantiti dalla Costituzione: libertà di associazione e di espressione».

 
 
 
 
 
Visualizza questo post su Instagram
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

Un post condiviso da Hong Kong Free Press HKFP (@hongkongfp)

Il “reato di democrazia”

Tra le personalità condannate ci sono alcuni degli esponenti più in vista del movimento democratico di Hong Kong: il docente di Giurisprudenza Benny Tai (10 anni), uno degli iniziatori nel 2013 del movimento Occupy Central with Love and Peace per chiedere il suffragio universale; Joshua Wong (4 anni e 8 mesi), uno degli attivisti più giovani e noti dell’isola; Wu Chi-wai (4 anni e 5 mesi), presidente del Partito democratico, che a Tempi pochi mesi prima dell’arresto denunciò la repressione del regime comunista; la giornalista Gwyneth Ho (7 anni), diventata famosa per aver filmato l’aggressione ai manifestanti pro democrazia nella stazione della metropolitana di Yuen Long, dove anche lei è stata aggredita.

Tutti sono stati accusati di aver organizzato l’11 luglio 2020 le primarie del fronte pandemocratico o di avervi partecipato come candidati. L’obiettivo delle primarie, come in ogni parte del mondo, era quello di selezionare i candidati migliori per provare a ottenere la maggioranza al Consiglio legislativo nelle elezioni parlamentari che si sarebbero dovute tenere il 6 settembre di quell’anno.

I 45 democratici (due altri arrestati sono stati assolti) sono insomma stati condannati a un totale di 245 anni di carcere per aver cercato di partecipare alle elezioni per vincere. Una sorta di inedito “reato di democrazia”. Come dichiarò dopo il loro arresto Lee Cheuk-yan a Tempi: «Le accuse sono inimmaginabili, ridicole, irrazionali. Com’è possibile che organizzare le primarie per le elezioni sia considerato illegale e sovversivo? La verità è che la Cina ha appena affermato che la stessa Costituzione di Hong Kong è sovversiva».

La rivoluzione degli ombrelli nel 2014
La rivoluzione degli ombrelli a Hong Kong nel 2014. Nel cartello lo slogan: «Voglio un vero suffragio universale» (foto Ansa)

Il messaggio ai giovani di Hong Kong

«Le autorità di Hong Kong vogliono far credere al mondo che queste 45 persone siano dei criminali, ma organizzare primarie non costituiva reato per la legge», spiega ancora a Tempi il direttore europeo del Cfhk, Sabah. «Queste condanne esorbitanti rappresentano un messaggio da parte delle autorità di Hong Kong e della Cina per tutti i giovani che ancora vogliono combattere per il futuro democratico della città».

Il messaggio all’intera città di Hong Kong, riassume Sabah, non potrebbe essere più chiaro: «Se fate qualcosa che risulterà sgradita al regime di Pechino finirete in prigione oppure in esilio. I vostri diritti sono finiti, ormai comandiamo noi: arrendetevi, obbedite o passate il resto della vostra vita in carcere».

«Ci porteranno via tutto»

I 45 democratici avrebbero dovuto essere giudicati da una giuria popolare, ma come previsto dalla legge sulla sicurezza nazionale made in Pechino, e dalla seconda made in Hong Kong, sono stati invece processati da tre giudici speciali scelti dal governo della città.

Gli imputati avrebbero anche dovuto avere accesso alla libertà su cauzione, ma la legge cinese ha imposto di fatto un regime di carcerazione preventiva fino alla condanna.

Con le condanne del processo farsa agli esponenti del movimento pandemocratico, si avvera quello da cui metteva in guardia una dei condannati, Claudia Mo, all’indomani dell’approvazione della legge sulla sicurezza nazionale: «È la fine di Hong Kong, sappiamo che amputeranno le nostre anime, ci porteranno via i valori che abbiamo sempre abbracciato: democrazia, diritti umani, stato di diritto»

Leggi anche

«L’Ue faccia pressione sulla Cina»

La rapidità e la violenza con cui il regime ha messo a tacere il movimento democratico di Hong Kong ha lasciato sgomento tutto il mondo. Eppure, secondo il direttore europeo del Cfhk, c’è ancora speranza per la città: «Hong Kong vuole rimanere un centro finanziario globale, ma non può farlo se continua a reprimere le libertà della popolazione».

La comunità internazionale, aggiunge Sabah, deve sfruttare le ambizioni economiche della città e mettere pressione alle autorità locali: «Gli Stati Uniti vogliono sanzionare i giudici coinvolti nei principali casi di violazione della legge sulla sicurezza nazionale e alcuni dei principali funzionari del governo. Inoltre, vogliono chiudere le missioni commerciali di Hong Kong negli Stati Uniti (Hketo)».

Canada e Regno Unito si stanno muovendo allo stesso modo e anche l’Unione Europea potrebbe far valere il proprio peso economico con la Cina. «L’Ue non ha una grande influenza su Hong Kong, ma su Pechino sì. Speriamo che si spenda, oltre che a parole, anche nei fatti per assicurare che la situazione nell’isola migliori».

@LeoneGrotti

Società
«L’affettività non si può ridurre a poche istruzioni per l’uso»
Data articolo:Wed, 20 Nov 2024 03:40:00 +0000 di Giuseppe Beltrame

«La dimensione sessuale e la conoscenza della propria corporeità condizionano ogni istante della nostra vita, anche se spesso tendiamo a dimenticarne la centralità». Sono queste le prime parole rilasciate a Tempi da Paolo Bordin, medico e presidente nazionale dell’associazione Bottega dell’Orefice, organizzatrice del corso “Educazione all’affettività e sessualità dei bambini e degli adolescenti” che prenderà il via venerdì 22 novembre a Udine presso l’Istituto Salesiano Bearzi.

Il percorso formativo si compone di un primo fine settimana in presenza (22-24 novembre 2024) a cui faranno seguito cinque incontri online tra dicembre e gennaio. Il corso terminerà con il secondo weekend conclusivo a Udine (31 gennaio-2 febbraio 2025). La Bottega dell’Orefice, che per realizzare l’evento ha collaborato con Diesse Fvg (Didattica e Innovazione scolastica), è un’associazione composta da insegnanti di regolazione naturale della fertilità e si occupa da vent’anni di educare giovani e adulti su questi argomenti, proponendo eventi e corsi di formazione su tutto il territorio nazionale.

Gli appuntamenti del corso sull’affettività

«Gli interventi si concentreranno sui temi che da sempre ci stanno più a cuore: bellezza, persona, corporeità, relazione ed educazione – spiega Bordin -. Il nostro operato si basa sugli insegnamenti rivoluzionari della teologia del corpo di Giovanni Paolo II, che ha saputo valorizzare come nessuno prima di lui la preziosità della corporeità umana. Credo che, a differenza di quanto viene spesso detto, nessuno come la Chiesa sia in grado di valorizzare la persona, la corporeità e la figura della donna».

Il percorso formativo è pensato per approfondire aspetti biologici, psicologici, spirituali e sociali. Interverranno ospiti autorevoli «che provengono da contesti molto diversi tra loro e per questo possono arricchire di esperienze e competenze trasversali i partecipanti», spiega Bordin. Sarà quindi possibile passare dall’ascolto degli aspetti metodologici spiegati da Furio Pesci, ordinario di Storia della pedagogia alla Sapienza di Roma, al laboratorio “A corpo libero, il ballo come metafora della relazione (da soli, di gruppo, di coppia)” tenuto dalla coreografa argentina Angela Babuin.

Al centro degli incontri temi come biofertilità, psicologia dello sviluppo dell’età evolutiva, identità e autostima, dimensione corporea, anatomia e fisiologia dell’apparato riproduttivo maschile e femminile, bioetica, bellezza della corporeità e gestione del gruppo.

Testimoni credibili

«Oggi mi sembra che l’educazione all’affettività si riduca ad alcune istruzioni per l’uso per non farsi troppo male – spiega Bordin -. Nel nostro tempo i bambini vivono una sessualizzazione precoce, che porta a trattare l’argomento in una forma assolutamente parziale. Così, sempre di più, ci troviamo di fronte a giovani che hanno un estremo bisogno di testimoni e insegnanti preparati e credibili sull’argomento. Per questo desideriamo riportare lo sguardo in primo luogo sull’educazione alla persona, tenendo sempre a mente che il corpo è un tesoro sterminato che ci è stato donato».

Tra gli ospiti interverranno don Alberto Frigerio, medico ed esperto di bioetica, l’ostetrica Rosaria Radaelli, il consulente educativo Marco Maggi, la psicologa Elena Canzi, don José Noriega, teologo morale statunitense, don Alessio Geretti, responsabile degli Eventi d’arte della Santa Sede per il Giubileo 2025, e molti altri. Saranno numerosi i momenti di confronto organizzati e di condivisone del lavoro, per poter comprendere come spendere i temi trattati e come trasmetterli in maniera interattiva. L’idea, inoltre, è che la proposta formativa abbia una continuità nel tempo, così da poter creare una rete in dialogo su questi argomenti, in un impegno che prosegua con una crescita costruttiva sul campo anche “a distanza”.

Leggi anche
Esteri
Gli indiani del Canada trattano con la Cina alle spalle di Trudeau
Data articolo:Wed, 20 Nov 2024 03:30:00 +0000 di Rodolfo Casadei

Che ci fanno a Pechino quindici imprenditori, funzionari pubblici e leader indigeni canadesi delle Prime Nazioni (cioè gli indiani d’America), meticci ed eschimesi? Ce li ha portati il Canada China Business Council (Ccbc), ovvero la Camera di commercio canadese-cinese, per un viaggio d’affari che tiene sulle spine il Csis, cioè i servizi segreti del Canada incaricati di proteggere la sicurezza nazionale.

Ha dichiarato infatti al Financial Times la co-presidente della missione commerciale e amministratore delegato della First Nations Liquefied Natural Gas Alliance, signora Karen Ogen: «Siamo stati oppressi e repressi dal nostro stesso governo. So che i rapporti con la Cina non sono buoni, ma sappiamo bene di cosa abbiamo bisogno noi e di che cosa hanno bisogno loro. Io guardo al settore energetico nel suo insieme, al bisogno che la Cina ha del nostro gas, e a come posso concludere il contratto migliore per il mio popolo». Che non è il popolo canadese, ma le comunità Wet’suwet’en de...

Contenuto a pagamento
Per continuare a leggere accedi o abbonati
Abbonamento full
€60 / anno
oppure
Abbonamento digitale
€40 / anno

Cultura
Parole perse / Quella strana potenza solo umana che rende indispensabile l’altro
Data articolo:Wed, 20 Nov 2024 03:00:00 +0000 di Pier Paolo Bellini

Tra le parole perse, c’è proprio lei, la parola. Non è una scomparsa recente: se ne parla da secoli. Nel Fedro, Platone, solitamente molto equilibrato, si lascia andare a una scomposta condanna della “scritturaâ€, responsabile della sua uccisione. Questi strani segni non facilitano la sapienza, non la verità, ma solo la sua apparenza. La parola scritta non sa rispondere, se interrogata maestosamente tace, non entra nello scambio dialettico e continua a significare sempre il medesimo.

La conquista della parola

Il passaggio dalla parola orale a quella scritta, in effetti, ha segnato una delle più grandi rivoluzioni dell’esistenza umana: grandissimi studiosi del secolo scorso lo hanno intuito con grande acume. Marshall McLuhan, per esempio, ne ha evidenziato gli aspetti clamorosi dal punto di vista delle relazioni sociali e del percorso di autocoscienza dell’individuo: la rottura improvvisa tra un’esperienza auditiva (oralità) e una visiva (scrittura) («un occhio per un orecchio», d...

Contenuto a pagamento
Per continuare a leggere accedi o abbonati
Abbonamento full
€60 / anno
oppure
Abbonamento digitale
€40 / anno


News su Gazzetta ufficiale dello Stato, Corte costituzionale, Corte dei Conti, Cassazione, TAR