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analisi di fase attualità

La izquierda siempre ha cometido traición

Hoy en Berlín, la burguesía y los socialtraidores se regocijan: han logrado asesinar a K. Liebknecht y R. Luxemburg. La democracia no es más que una tapadera para el robo burgués y la violencia más feroz. ¡Muerte a los verdugos!â€. Las palabras de Lenin nos recuerdan que los socialdemócratas, la izquierda, son los mayores traidores de la historia. Esto le llevó a declarar que ya no quería oír hablar de la socialdemocracia. Desde entonces, para los comunistas, la etiqueta de “izquierda” fue siempre rechazada: era una vergüenza, porque ningún comunista hubiera aceptado jamás estar situado donde se sentaban las fuerzas políticas antipopulares, aquellas que mataban a sus compañeros. A la izquierda estaban los socialtraidores, y sólo ellos: aquellos que, pretendiendo plantear cuestiones sociales, estaban dispuestos a apuñalar al proletariado por la espalda.

 

Está sucediendo de nuevo, y es significativo que haya sido la hija de Altiero Spinelli quien lo haya notado.
Esto es lo que escribió Barbara Spinelli en un artículo en Il Fatto Quotidiano: “Es la confirmación de la revolución mental iniciada por Scholz con el cambio de época anunciado en 2022 en materia de defensa (100 000 millones de euros, tres días después del asalto a Ucrania) y ampliado al máximo por Merz. Con ello concluye una larga era de la nación alemana y, en particular, de su socialdemocracia, que regresa a los orígenes de la Weimar prenazi, cuando el ministro de Defensa socialdemócrata Gustav Noske reprimió diversas insurrecciones sociales y sembró miles de muertes comunistas, incluyendo a Rosa Luxemburg y Karl Liebknecht (“Si hace falta un sabueso, un Bluthund, aquí estoy”)”.

El velo cae de nuevo. Hoy la llamada izquierda, o lo que es aún más falso, vota a favor (o como mucho se abstiene) del rearme europeo contra Rusia. Atención: lo importante no es el rearme, sino su función. Más bien, sus funciones. Porque todo, una vez más, sucederá en detrimento de los pueblos europeos, ya oprimidos y atormentados por políticas de izquierda que han destruido su nivel de vida y sus perspectivas.

Tan pronto como la historia lo permita, serán los políticos de izquierda quienes enviarán a los hijos de los últimos a la próxima carnicería mundial, albergando a su prole, nutrida por Erasmus y recomendaciones, en empresas estatales, administraciones públicas y grupos privados que ellos favorezcan. Son la escoria de la humanidad y nunca cambiarán.

 

Esto no quiere decir que vayamos a apoyar o conspirar con partidos de derecha, pero, como dicen, es mejor un enemigo sincero que uno enmascarado en tus filas, que (como decía Brecht) marcha hacia tu cabeza sólo para golpearte a corta distancia. Muerte a la socialdemocracia y sus compinches liberales.

 

Traducción: Carlos X. Blanco


Articolo del Mon, 31 Mar 2025 13:25:30 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

Homo social

Torniamo sullo squallido discorso di Galli della Loggia, intriso di becero etnocentrismo occidentale: l’Occidente valuta sé stesso attraverso le proprie categorie e proclama: “Le abbiamo scoperte noiâ€, “Ce le abbiamo solo noiâ€. Abbiamo inventato categorie-feticcio che non servono a nulla, se non a ingannare la mente. Prendiamo, ad esempio, quella di libero arbitrio: non è altro che un’illusione che ci ha indotto a credere di essere padroni del nostro destino. In realtà, accade esattamente il contrario, eppure ci convinciamo di essere liberi perché ci affidiamo a una narrazione sociale.

A questo proposito, il fisico Anselmi, nel suo ultimo libro (Homo social) assolutamente da leggere, riflette su un’altra di queste categorie occidentali, concepite per farci sentire più evoluti:

“È l’Occidente che ha promosso e propagandato il logos a tutte le latitudini del pianeta, insistendo su di esso oltre ogni ragionevole limite, elevandolo a idolo e feticcio, e cercando di imporlo alle altre civiltà (fallendo, peraltro). Se fossimo in Cina, per esempio, non avremmo bisogno di alcuno sforzo per demolire il logos, perché la sua elevazione a principio (“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dioâ€) non ha mai fatto parte della storia e della cultura cinese. Il logos porta con sé il marchio di fabbrica indelebile dell’Occidente. Non è un caso che la sua caduta coincida con il declino dell’Occidente e con la chiusura della parentesi storica definita dalla scienza moderna. In realtà, il tramonto del logos, a cui assistiamo da anni, è un evento già concluso, di cui molti si stanno accorgendo solo ora. La crisi della scienza, in particolare, si è consumata qualche decennio fa. Tuttavia, l’inerzia mentale fa sì che la maggior parte delle persone impieghi molto tempo per prenderne coscienza. Questo ritardo rallenta significativamente le dinamiche delle comunità umane: un limite inevitabile della nostra natura sociale.â€

L’Occidente sta affondando sotto il peso delle sue presunte superiorità, quelle stesse che gli hanno dato il diritto di esportare la democrazia a suon di cannonate e di accusare gli altri di tirannia. Ma il giochetto è finito, e le conseguenze emergono con prepotenza sotto gli occhi di tutti. Preparate pure la borsetta per sopravvivere a un attacco nucleare: l’unica funzione utile che avrà sarà quella di colpire in testa gli idioti e le idiote che l’hanno concepita.


Articolo del Sun, 30 Mar 2025 15:27:32 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

La sinistra ha sempre tradito

 

“Oggi a Berlino la borghesia e i socialtraditori esultano: sono riusciti ad assassinare K. Liebknecht e R. Luxemburg.
La «democrazia» non è altro che una copertura della rapina borghese e della violenza più feroce. Morte ai carnefici!”

Le parole di Lenin ci ricordano che i socialdemocratici, la sinistra, sono i più grandi traditori della storia. Questo lo spinse ad affermare di non voler più sentire parlare di socialdemocrazia. Da allora, per i comunisti, l’etichetta di “sinistra†fu sempre respinta: era un’onta, perché nessun comunista avrebbe mai accettato di essere posizionato là dove sedevano le forze politiche antipopolari, quelle che ammazzavano i compagni. A sinistra c’erano i socialtraditori, e solo loro: coloro che, fingendo di agitare temi sociali, erano pronti a pugnalare alla schiena il proletariato.

Sta accadendo di nuovo, e il fatto che a constatarlo sia stata proprio la figlia di Altiero Spinelli è significativo.

Ecco cosa ha scritto Barbara Spinelli in un articolo su Il Fatto Quotidiano:

“È la conferma della rivoluzione mentale iniziata da Scholz con il ‘cambio epocale’ annunciato nel 2022 in tema di difesa (100 miliardi di euro, tre giorni dopo l’assalto all’Ucraina) e dilatato al massimo da Merz. Si conclude così una lunga epoca della nazione tedesca e, in particolare, della sua socialdemocrazia, che torna alle origini weimariane pre-naziste, quando il ministro della Difesa socialdemocratico Gustav Noske represse varie insurrezioni sociali e seminò migliaia di morti comunisti, tra cui Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht (“Se c’è bisogno di un segugio sanguinario, un Bluthund, eccomi quaâ€)”.

Il velo cade di nuovo. Oggi la cosiddetta sinistra, o quel che di ancor più fasullo ne resta, vota a favore – o al massimo si astiene – del riarmo europeo in funzione antirussa. Attenzione: il punto non è il riarmo, ma la sua funzione. Anzi, le sue funzioni. Perché tutto, ancora una volta, avverrà a danno dei popoli europei, già vessati e martoriati da politiche sinistre che ne hanno distrutto il tenore di vita e le prospettive.
Appena la storia lo consentirà, saranno i politici di sinistra a mandare i figli degli ultimi nelle prossime carneficine mondiali, mettendo al riparo i loro virgulti, nutriti a Erasmus e raccomandazioni, nelle imprese di Stato, nelle pubbliche amministrazioni e nei gruppi privati da loro avvantaggiati. Sono la feccia dell’umanità e non cambieranno mai.
Non per questo noi appoggeremo o saremo conniventi con i partiti di destra, ma, come si suol dire, meglio un nemico sincero che uno mascherato nei tuoi ranghi, che – come diceva Brecht – marcia alla tua testa solo per colpirti da vicino.
Morte alla socialdemocrazia e ai suoi sodali liberali.


Articolo del Sat, 29 Mar 2025 15:42:08 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

CHI E’ IL NEMICO Di R. Di Giuseppe

Contro chi come Italia dovremmo riarmarci? Non certo contro la Russia, che semmai, in un prossimo futuro dovrebbe essere pensata come alleata. E nemmeno soltanto, come sostenuto da pur autorevoli analisti, contro le realtà balcaniche e/o della sponda nord africana. I nostri veri nemici sono alle spalle. Sono i nostri cosiddetti “alleati” della UE; in particolare Francia e Germania. Questi due autentici sciacalli di qualunque genuina ambizione di unità continentale, sono, per mentalità e tradizione, portati a pensarsi come gli unici depositari degli interessi europei e a vedere come fumo negli occhi qualsiasi potenziale intruso; a cominciare da noi italiani. La seconda guerra mondiale, ha sancito, tra le altre cose, la fine della supremazia marinara britannica e di conseguenza, della capacità di quest’ultima di condizionare più o meno direttamente la politica europea. Da ciò è derivata, parzialmente nascosta sotto la costrizione dell’ombrello americano, una inedita alleanza franco-tedesca. Questa combinazione ha permesso ai due soggetti di disegnare l’architettura politico-economica della UE a propria immagine e somiglianza, schiacciando e depotenziando nella sostanza paesi potenzialmente rivali, quali per esempio e non caso, l’Italia. Il sostanziale impoverimento del nostro paese successivo all’ingresso nella Unione Europea è conseguenza di questa alleanza. Il banco di prova dell’asse franco-tedesco, già da tempo operante, è stata l’operazione della riunificazione delle due Germanie. Azione costruita sull’onda della imprevedibile decomposizione dell’Unione Sovietica; vista con diffidenza da Washington e con estrema e ben motivata preoccupazione dagli allora gruppi dirigenti italiani, ad eccezione dei traditori dell’ex PCI, guidati da Giorgio Napolitiano, premiato poi per il suo servizio con la presidenza della repubblica; felicissimi di poter operare il tanto agognato salto della quaglia in salsa occidentalista. L’obiettivo strategico di questo duo è stato sempre duplice: emanciparsi quanto più possibile dalla pesante tutale americana, ovvero partecipare nella massima misura consentita, ai proventi generati dal predominio globale di quest’ultima in qualità di alleati privilegiati, benché subalterni. Da qui la politica di mellifluo e contorsionistico appaesament con la Russia di Putin, almeno fino alla decisione anglo-americana di provocare il colpo di stato di Maidan del 2014. Subita quella decisione, il binomio franco-tedesco si è prestato all’operazione truffaldina dei due accordi di Minsk, utilizzati per la stessa ammissione dei capi di allora, come presa di tempo per armare l’Ucraina in vista di uno scontro militare con la Russia. L’obiettivo strategico del Maidan era l’espulsione della flotta russa dalla sua base a Sebastopoli. La contromossa russa, preparata già da tempo, di ri-annessione della Crimea ha colto tutti impreparati ed ha dilazionato la guerra di ben dieci anni. Il tempo necessario appunto per attrezzare l’esercito ucraino. La conversione bellicista anti russa imposta alla politica della UE, si è fondata sull’idea, che oggi appare assurdamente cervellotica, di una Russia destinata a frantumarsi sotto la spinta delle sanzioni economico-finanziarie, della pressione militare e dell’isolamento internazionale; con l’obiettivo di poter compartecipare al saccheggio delle sue immense risorse agricole e minerarie. Sul come quest’idea potesse davvero essere ritenuta possibile, aleggia tuttora un alone di fitto mistero; a meno di non ricorrere ad una interpretazione di stampo psico-antropologico, di una cosmogonia liberal-liberista imprigionata nel suo etnocentrismo occidentalocentrico, incapace di vedere e di accettare di non essere più da tempo, l’ombelico del mondo.
La Russia ha nei fatti, assunto la funzione del bambino che indicando col dito dichiara: “il Re è nudo”.
Spinti al dissesto socio-economico dal padrone americano e disorientati dal suo repentino cambio di rotta strategico, dettato dalla nervosa ricerca di una via di uscita dalla sua crisi di egemonia, i due compari non hanno trovato di meglio che convertirsi al riarmo; la Germania con la potenza industriale ed il suo bilancio in iperattivo, la Francia con l’esercito che la Germania tuttora non ha e le bombe atomiche che alla Germania non sarà mai consentito avere. L’obiettivo non è certo una vera guerra alla Russia che nel caso li schiaccerebbe come moscerini e nemmeno un riarmo che potrebbe impensierire tanto i russi quanto gli americani e per il quale ci vorrebbero come minimo 30 anni, sempre che gli altri se ne stiano fermi a guardare. No, l’obiettivo è quello di stabilire una definitiva egemonia politica ed economica sul resto del continente, questa volta però apertamente sostenuta con le armi, tanto da garantire ad eventuali interlocutori la piena e supina accondiscendenza di tutta l’area, con o senza la finzione della UE e della Nato. Polonia, paesi baltici e gli altri confinanti con la Russia e con la Bielorussia (che è la stessa cosa) dovranno starsene calmi e buoni se non vorranno essere abbandonati nelle mani dell’Orso. La Gran Bretagna, sostanzialmente fuori da questo quadro e destinata a sicura decadenza, possiede tuttavia una forza nucleare ed in parte anche marina che ne rende almeno per ora conveniente una parziale cooptazione. Quanto all’Italia, potenzialmente la più recalcitrante a questo progetto di Nuovo Ordine Europeo, si tratterà di ridurla definitivamente all’impotenza, anche grazie al concorso delle quinte colonne guidate dai traditori del PD con le sue diramazioni in particolare nel sistema informativo e nella magistratura. Non è detto che tutto debba andare così. Ma muoversi contro quest’onda con un coltello puntato alla schiena e pronto a colpirti, non è che induca all’ottimismo.


Articolo del Fri, 28 Mar 2025 15:35:35 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

L’Occidente razzista

“Solo l’Occidente conosce la storiaâ€. Questa è l’incredibile sentenza di Galli della Loggia, il quale fa questa assurda affermazione anche a nome di altri storici che, insieme a lui, “in quanto membri di una commissione specialeâ€, sono stati incaricati “di redigere le indicazioni nazionali dei programmi scolastici per la storiaâ€. Nei prossimi anni alleveremo non solo altri discenti zoppicanti, ma anche asini ideologizzati, ai quali verrà insegnato che solo l’Occidente conosce la Storia. Galli della Loggia, come potrete leggere nell’articolo riportato in calce, ci tiene però a spiegarci che la sua affermazione non significa che gli altri popoli siano senza storia. Ringraziamo il giornalista-storico, sempre meno storico e più giornalista, per la lezione impartitaci, ma noi abbiamo letto Engels e Rosdolsky. Già la tesi originaria risultava difficile da digerire, tanto che la stessa fu oggetto di ripensamento. In ogni caso, la rivoluzione proletaria mondiale avrebbe reso inessenziali le differenze etnico-geografiche, in quanto la classe intermodale avrebbe unificato il mondo. Sappiamo com’è andata a finire.
Quello che invece sostiene Galli della Loggia è ancora più grave, in mancanza di questa prospettiva storica marxiana unificatrice dei popoli, peraltro contraddetta dai fatti. In sostanza, costui ci spiega che: “solo in quell’area geostorica che si chiama Occidente la conoscenza dei fatti storici e la riflessione su di essi — alimentata dal pensiero greco-romano e dal messaggio cristiano — ha dato vita a una dimensione culturale particolarissima, nella quale il realismo analitico più crudo si è mischiato al profetismo sociale più estremoâ€.
Ma questo per noi significa una cosa sola: l’Occidente valuta sé stesso attraverso le proprie categorie e, armato di queste, deduce le conseguenze delle affermazioni del giornalista. A casa mia, questa si chiama tautologia corazzata di paralogismo. Ovvero: sono bello perché, per giudicarmi, utilizzo la mia idea di bello. Ma forse in Africa, per esempio, non mi giudicherebbero altrettanto bello perché sbiadito. Oppure, chi è meglio vestito: il Principe del Galles o un principe africano? Risolviamo la questione dicendo che, siccome noi abbiamo inventato giacca e cravatta, abbiamo l’outfit più evoluto. Sono stupidaggini sesquipedali.
Ma Galli della Loggia insiste: “grazie al processo culturale di cui sopra, grazie al formarsi di una cultura storica e di conseguenza politica, si è costituito in questa parte del mondo un fattore di cambiamento senza pari. Di conseguenza, per la prima volta solo in Occidente, ad esempio, si è elaborato nel modo così vasto e complesso che sappiamo il concetto decisivo di rivoluzione sociale, da cui è nata la più variegata ideologia rivoluzionaria. Solo in Occidente, inoltre, si è avuto l’emergere diffuso e prepotente della libera personalità individuale, incomparabile centro animatore di tutto quanto ora dettoâ€.
In questo passaggio emerge nuda e cruda l’ideologia occidentalista, che individua i fattori dinamici di cambiamento nella rivoluzione sociale ma, soprattutto, nella libera personalità individuale, questo sentimento misterioso che avvertono soprattutto i membri della classe dominante. Lui lo sa meglio di chiunque altro, avendo persino in passato votato comunista ed essendosi poi ricreduto, in quanto “il terrorismo degli anni di piombo era il punto di arrivo dell’ideologia leninistaâ€. Un’autentica cazzata, ma di cazzata in cazzata si scalano i gradini della piramide dominante.
Ma poi arriva il colpo di genio del sunnominato: “Fuori i nomi di qualcosa di simile al dialogo riportato da Tucidide tra gli ambasciatori ateniesi e i Meli o alle pagine del Principe, che non abbia visto la luce da queste parti! Fuori i nomi di qualcosa di analogo all’idea cristiana circa l’autonomia della politica dalla religione, di qualcosa che somigli alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino che non porti il marchio della civiltà occidentale! Fuori i nomi dei luoghi della terra dove, prima che in Europa, ci sia stato qualcosa di simile alla decapitazione di un re decretata dal Parlamento o di paragonabile al suffragio universale!â€.
Fuori i nomi di qualcosa di simile alla filosofia indiana o cinese, alle Upanishad o a Sun Tzu. Dice invece bene Rovelli: “Insegniamo ai nostri figli a riconoscersi in Omero come nel Mahabharata, in Shakespeare come in Confucio, in Cristo come in Buddha, in Tolstoj come nei racconti africani, in Saffo come in Murasaki. A vedere le somiglianze fra le piramidi del Messico e quelle d’Egitto, fra le Upanishad e il pensiero greco, fra l’egualitarismo dei popoli nativi americani e la Rivoluzione franceseâ€.
Quello di Galli della Loggia è un distillato di etnocentrismo, solo meglio ammantato. E certe scemenze saranno date in pasto ai vostri figli, non ai miei, perché fortunatamente non ne ho.
A proposito, fuori i nomi di chi ha sganciato la bomba atomica, fuori i nomi di chi ha causato due guerre mondiali, di chi ha ridotto l’Africa alla fame, il Medio Oriente a una polveriera, di chi ha sterminato le popolazioni native del continente americano.
Qualche nome io ce l’avrei. O meglio, più che nomi, una definizione: le puttane della storia.
NON TUTTI CONOSCONO LA STORIA
di Ernesto Galli della Loggia

Avendo insieme ad altri colleghi membri di una commissione incaricata di redigere le indicazioni nazionali dei programmi scolastici per la storia, iniziata la parte orientativa generale del nostro documento scrivendo testualmente «Solo l’Occidente conosce la storia», da giorni siamo accusati di aver sostenuto che solo i Paesi occidentali hanno una storia.

Da giorni, paludati studiosi, frequentatori e frequentatrici di talk televisivi, commentatori vari, si stracciano le vesti scandalizzati ripetendo a decine: «Ma come si può mai pensare, oibò, che esistano popoli o civiltà senza storia?!», «E allora la Cina ad esempio, anche la Cina non avrebbe avuto una storia?», «Ecco a quali aberrazioni può portare l’eurocentrismo ossessivo della destra, dei cultori dell’identità!»: e così via deprecando e biasimando.

Il fatto è che, almeno per chi ha una qualche confidenza con la lingua italiana, l’espressione «solo l’Occidente conosce la storia» («conosce», non «ha») lungi dal significare «solo l’Occidente ha avuto una storia e tutti gli altri no», significa ciò che nelle frasi immediatamente successive del documento viene a lungo spiegato. Vale a dire che solo in quell’area geostorica che si chiama Occidente la conoscenza dei fatti storici e la riflessione su di essi — alimentata dal pensiero greco-romano e dal messaggio cristiano — ha dato vita a una dimensione culturale particolarissima nella quale il realismo analitico più crudo si è mischiato al profetismo sociale più estremo. «Solo l’Occidente conosce la storia» non vuol dire che non ci sia stata una storia del Giappone o dell’impero Inca, e che quindi coloro che hanno sottoscritto queste parole siano dei tali idioti (per giunta un gruppo di storici di professione!) da aver mai pensato una simile corbelleria. Vuol dire che anche grazie al processo culturale di cui sopra, grazie al formarsi di una cultura storica e di conseguenza politica, si è costituito in questa parte del mondo un fattore di cambiamento senza pari. Che di conseguenza, per la prima volta solo in Occidente, ad esempio, si è elaborato nel modo così vasto e complesso che sappiamo il concetto decisivo di rivoluzione sociale da cui è nata la più variegata ideologia rivoluzionaria. Che solo in Occidente, inoltre, si è avuto l’emergere diffuso e prepotente della libera personalità individuale, incomparabile centro animatore di tutto quanto ora detto.

Si vuol sostenere che tutto ciò non è vero? Che si tratta di un mucchio di falsità inventate da un manipolo di pseudo storici al solo scopo di tessere l’elogio dell’uomo bianco e della supremazia della sua civiltà a scapito di tutte le altre? Benissimo. Ma allora, fuori i nomi (e magari anche le date)!

Fuori i nomi di qualcosa di simile al dialogo riportato da Tucidide tra gli ambasciatori ateniesi e i Meli o alle pagine del Principe, che non abbia visto la luce da queste parti! Fuori i nomi di qualcosa di analogo all’idea cristiana circa l’autonomia della politica dalla religione, di qualcosa che somigli alla Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino che non porti il marchio della civiltà occidentale! Fuori i nomi dei luoghi della terra dove prima che in Europa ci sia stato qualcosa di simile alla decapitazione di un re decretata dal Parlamento o di paragonabile al suffragio universale!

Si obietta che però la marcia trionfale dell’Occidente è stata costellata anche di lacrime e sangue. E chi mai lo nega? Ma forse che l’impero mongolo o il dominio islamico o quello azteco sono stati l’anticamera del giardino dell’Eden? Forse che la storia non è stata, sempre, anche quel banco di macelleria di cui parlava Hegel? E tuttavia possiamo tranquillamente sfidare chiunque a dimostrare che oggi questi luoghi non siano i luoghi più civili e umani della terra. E se ciò è vero, è lecito o no chiederci come mai? Perché è accaduta una cosa simile? E chiederci infine per quale ragione non dovremmo sentirci autorizzati a illustrarne le ragioni ai nostri figli?

Proprio oggi, tra l’altro, quando attorno a noi — e su ciò esiste ormai un’unanimità pressoché assoluta — si affacciano dovunque realtà minacciose le quali non esitano a dirsi, e sono, in vari modi nemiche, guarda caso, precisamente di quella cosa che ormai tutti chiamiamo Occidente?

È davvero una prova, mi si lasci dire, della miseria del nostro ceto intellettuale nell’accezione più vasta del termine il fatto che in Italia lo scontro politico raggiunga spesso, proprio in questo ceto, un grado di partigianeria tale da far abitualmente prevalere su un pur minimo rispetto della verità l’odio per l’avversario, l’avversione cieca per qualunque cosa a esso sia comunque riferibile. Le nuove indicazioni nazionali per la scuola rischiano per l’appunto di restare vittime di questo meccanismo infernale. Oggetto non già di ragionate argomentazioni critiche — per le quali c’è sempre spazio — ma di un’ostilità a prescindere. Nella quale l’Occidente, la Bibbia, l’Italia, la scuola, tutto diventa un puro pretesto per fare la guerra alla maggioranza parlamentare per la quale si dà il caso che non abbiamo votato.


Articolo del Thu, 27 Mar 2025 11:25:15 +0000
a cura di G. P.

agorà

Non c’è più niente di normale da quando l’anormale è diventato la norma, di O. M. SCHENA

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 25° anniversario della morte di Bettino Craxi, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«Bettino Craxi è stata una personalità rilevante degli ultimi decenni del Novecento italiano. Parlamentare italiano ed europeo, Segretario del Partito Socialista Italiano per oltre un quindicennio, Presidente del Consiglio dei Ministri, ha impresso un segno negli indirizzi del Paese in una stagione caratterizzata da grandi trasformazioni sociali e da profondi mutamenti negli equilibri globali».

«Interprete autorevole della nostra politica estera europea, atlantica, mediterranea sostenitrice dello sviluppo dei Paesi più svantaggiati, aperta al multilateralismo, lungo queste direttrici ha affrontato passaggi difficili, rafforzando identità e valore della posizione italiana. Un prestigio che poi gli venne personalmente riconosciuto con incarichi di rilievo alle Nazioni Unite».

«Le politiche e le riforme di cui si fece interprete sul piano interno determinarono cambiamenti che incisero sulla finanza pubblica, sulla competitività del Paese, sugli equilibri e le prospettive di governo. Una spiccata determinazione caratterizzò le sue battaglie politiche, sia nel confronto tra partiti, sia in campo sociale e sindacale, catalizzando sentimenti contrastanti nel Paese».(…)

«La crisi che investì il sistema politico, minando la sua credibilità, chiuse con indagini e processi una stagione, provocando un ricambio radicale nella rappresentanza. Vicende giudiziarie che caratterizzarono quel burrascoso passaggio della vita della Repubblica.

«Nel venticinquesimo anniversario della scomparsa del leader socialista, desidero esprimere sentimenti di vicinanza ai familiari e a quanti con lui hanno condiviso impegno politico e personale amicizia».

https://www.quirinale.it/elementi/125957-19/01/2025

Non v’è dubbio alcuno che Bettino Craxi abbia lasciato un “segno†nel novecento della politica italiana. Ma potrebbe anche trattarsi, soprattutto, d’un “segno†secondo la debordante “signorilità†della sua difesa in parlamento col suo famoso: «Così fan tutti», del suo «…Tutti sanno che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale.(…) ».

Insomma, Craxi avrebbe provato a salvarsi con una elegantissima chiamata in correità,  a torto o a ragione, oggi non è facile venirne a capo. In fondo la classe dirigente italiana era fatta da gente mandrogna, come un po’ dovunque, a volte bigotta e insieme puttaniera. Craxi avrebbe anche potuto affermare la sua innocenza proprio nascondendola ben bene dentro un istupidimento di massa ben organizzato? Il P.d.R. pensa che bisognerebbe “amare o odiare†Craxi?

E dopo trent’anni, grazie a Giovanni Paparcuri il popolo può infine sapere da un foglietto dimenticato che: “Cinà (il medico di Riina) sarebbe in buoni rapporti con Berlusconi. Che Berlusconi dà 20 milioni a Grado e anche a Vittorio Manganoâ€. Sono quelle le parole tracciate con la calligrafia di Giovanni Falcone ed emerse all’interno di quello che è stato l’ufficio del giudice, nel palazzo di giustizia di Palermo. La verità, talvolta, magari arriva fuori tempo massimo, ma troppo spesso arriva… a babbo morto!

Ma quello su Craxi e soci fu un golpe giudiziario o finanziario? Chi c’era più in giro da odiare? C’era forse l’allora P.d.R. Oscar luigi Scalfaro? Si sarebbe potuto odiare l’allora governatore della Banca d’Italia, Carlo Azelio Ciampi? E Andreatta era forse da amare e ammirare?

Nel ventennale della morte di Bettino Craxi, il regista Gianni Amelio gli ha dedicato un film, chiamando Pierfrancesco Favino per il ruolo di Craxi.

Ci si potrebbe chiedere, comunque, quale sarebbe, invece, il “segno†impresso dal P.d.R. Mattarella in occasione del 25° anniversario della morte di Bettino Craxi. A prima vista parrebbe trattarsi di un encomio semi solenne, forse semiserio, forse addirittura semi frivolo. Chissà se dovremmo ricordare Craxi per il suo NO agli euromissili a Comiso o per il suo Così fan tuttiâ€?      Ma la nostra ignoranza fantastica è anche capace di trascendenze traboccanti di poesia.  E se non siamo capaci di spiegarci l’inferno e il paradiso allora vorrà dire che chiederemo aiuto all’antropologo e critico letterario René Girard, autore del quale il 21 marzo scorso, presso la biblioteca di Fasano, ha detto un gran bene il magistrato Gherardo Colombo il quale, davanti ad un variegato pubblico, compresi gli studenti a caccia di crediti, ha presentato a Fasano il suo ultimo libro “Anticostituzioneâ€, citando il Girard,  come fosse un nome di dominio pubblico, ovvero un nome arcinoto, in quanto sarebbe da tutti risaputo il più che robusto “cordone ombelicale†che tiene insieme “l’Anticostituzione†di Gherardo Colombo e il “Violenza e religione†di René Girard di cui, qui di seguito, si trascrive qualcosa:

Da p. 63-René Girard “Violenza e religione†Raffaello Cortina Editore 2015

: (…) “I Vangeli sono testi particolari, perché mostrano per la prima volta non una vittima innocente, ma un soggetto che si distacca dalla folla e capisce che si sta ingannando. Nei Vangeli il protagonista non è il narratore, ma potrebbe esserlo, perché il punto di vista è sempre dalla parte della vittima e quindi è una perfetta rivelazione antimitica. Per alcuni, i Vangeli vanno considerati alla pari dei salmi. Ma Cristo che si definisce figlio di Dio, accetta la morte perché gli uomini capiscano quello che stanno facendo. Non troviamo niente di simile né nella Bibbia né altrove. Solo i Vangeli ci mostrano che il Nuovo Testamento è un testo speciale, che va ben oltre la storia di Giuseppe, per quanto straordinaria. Giuseppe viene ripetutamente usato come capro espiatorio e ogni volta dimostra la sua innocenza, ma non si vendica mai dei fratelli. La “decostruzione†del meccanismo del capro espiatorio è la quintessenza dell’intera Bibbia, dalla Genesi ai Vangeli. Se prendiamo la storia di Giuseppe e i Vangeli come punto e contrappunto, si ha la percezione della Bibbia nella sua interezza, verità, bellezza. E il fatto che questa verità, presente nel Vecchio Testamento, non giunga mai ad esprimersi completamente significa, per me, che Gesù deve essere la rivelazione perfetta. Solo il figlio di Dio può parlare così. Chi potrebbe parlare così, chi potrebbe incarnare la verità se solo la crocifissione può rivelare ciò di cui noi esseri umani siamo capaci? Ma occorre anche mostrare la necessità della crocifissione in un altro senso. L’incipit dei Vangeli non è un inizio qualsiasi, bensì l’offerta del Regno di Dio: dobbiamo scegliere tra un mondo di violenza che ci porterà alla distruzione finale e la pace che Gesù definisce “Regno di Dioâ€: dobbiamo scegliere tra un mondo di violenza che ci porterà alla distruzione finale e la pace che Gesù definisce “Regno di Dioâ€. Solo Gesù accetta l’offerta che noi rifiutiamo, sceglie l’alternativa che cancella la violenza, e alla fine viene ucciso. Gesù non è solo il figlio di Dio, ma incarna anche l’intero processo: è l’unico che può farlo, perché è figlio di Dio. E, allo stesso tempo per l’umanità la sua morte è indispensabile perché Dio vuole salvare il mondo e deve esserci qualcuno che merita di ottenere la salvezza per tutti noi. (…)

(p.65)R.G.: “Non sembra, questa, una visione medievale del cristianesimo? Sacrificare i sacrificatori. Si è resa necessaria un’evoluzione, perché molto di ciò di cui giustamente si accusa il cristianesimo medievale è una distorsione del cristianesimo. È il mondo cristiano che lentamente fa propria la rivelazione o la rifiuta, e se c’è stato un progresso nell’assorbimento di questa rivelazione. Ma questa reazione è storicamente comprensibile. Messo a confronto con questo testo, il cristianesimo rivive tutta l’esperienza religiosa dell’umanità e idealmente dovrebbe essere capace di rinunciare subito alla vendetta, come Pietro si è convertito dopo il rinnegamento, o come Paolo. Ma il cristianesimo è fatto dagli uomini, e da migliaia di anni le cose vanno avanti così. Probabilmente ci stiamo muovendo verso un punto molto pericoloso, perché siamo privi della protezione sacrificale e la rivelazione si avvicina. La Bibbia non promette una conclusione positiva, ma se sia positiva o negativa qui non è importante, perché è in gioco il destino della stessa umanità.â€

(da p.69) “che cosa possiamo dire sul mondo contemporaneo? Prendiamo per esempio, il 1988, l’anno precedente la seconda rivoluzione russa. Se qualcuno nel 1988 avesse detto che vent’anni più tardi il problema del comunismo sarebbe scomparso e che il grande problema dell’Occidente ora sarebbe stato l’Islam, nessuno gli avrebbe creduto. Questo mostra il radicalizzarsi della questione religiosa, come accade oggi. Tuttavia non possiamo dire con certezza quale sia la relazione tra comunismo e Islam. È una questione politica o religiosa? Abbiamo già superato la fase in cui si affermava che la religione fosse solo una sciocchezza di cui non valeva nemmeno la pena parlare. Sappiamo che la questione religiosa è di essenziale importanza, ma non penso che siamo in grado di definirla. Sappiamo che qualcosa si sta evolvendo, che c’è un ritorno della religione e contemporaneamente una sua politicizzazione, ma non quale delle due sia più importante. È la politica che oggi sta distruggendo la religione? Oppure dobbiamo riformulare la questione e dire che la religione è, in fondo, più importante della politica? Siamo comunque a un punto di svolta, e io penso che la religione sia davvero più importante (…).

Insomma dovrebbe essere tutto chiarissimo, parola di René Girard, che se la canta e se la suona. Più chiaro di così non si può, e poi, che ciascuno pensi pure quel che vuole! A chi legge il piacere di scoprire quale sia la differenza, se mai ci fosse, tra il Girard e il P.d.R. Mattarella.

Le parole di René Girard sul 1988 e la seconda rivoluzione russa mi lasciano estasiato. Purtroppo il Girard non spiega che cosa intenda per seconda rivoluzione russa e resteremo tutti quanti ignoranti, perché … il Girard ha già lasciato questo mondo. E allora bisognerà accogliere il significato letterale della sua espressione.  Michail Gorbacev, dunque, almeno secondo R. Girard, sarebbe stato l’artefice della seconda rivoluzione russa, ovvero l’artefice della caduta del muro di Berlino! Ed allora salutiamo cordialmente l’antropologo, nonché novello “storico†R. Girard! e non potendo regalargli “L’Opera del tradimento†di Mario Brelich ed. Adelphi lo omaggiamo con le seguenti righe:

“p.126 “Gesù, che lo eseguì, non fu responsabile del piano escogitato dal Padre, non essendone al corrente. Chi veramente, anche tra i più feroci assertori dell’identità sostanziale del Figlio e del Padre, oserebbe affermare che Gesù, incarnandosi, sapesse di essere mandato per salvare più il Padre che l’umanità? Gesù che secondo tutte le testimonianze, credeva Jahvè, infinito, eterno e onnipotente, non avrebbe mai lontanamente supposto che dalla riuscita della sua missione dipendesse la sopravvivenza di Lui. Egli lo credeva tanto immenso che non Gli avrebbe mai attribuito intendimenti egoistici e perciò credeva fermamente che Jahvè lo avesse mandato sulla terra in un momento di traboccante misericordia, e per la salvezza del popolo elettoâ€.

René Girard, però, stramerita l’omaggio anche di Luciano Parinetto “(I lumi e le streghe – Colibrì 1998): “Per esempio il giudeo messo in scena da Celso nel suo discorso vero trova difficile riconoscere in Gesù, da lui ritenuto un gòes, nientemeno che il figlio di dio. Se si tien conto che il diavolo delle tentazioni trasporta Gesù in volo (né più né meno delle future streghe, ricorderà Bodin nella Demonomania!), che Satana imita i suoi prodigi (o meglio le sue “pratiche impureâ€), che la Maddalena e qualche altro stregato come lei sono i soli testimoni della cosiddetta resurrezione, che comunque Gesù non è che un ciurmadore (come il gòes Eros del Simposio platonico), che è simile agli invasati predicatori ambulanti che, a loro volta, si proclamano figli di dio, è chiaro che questo cumulo di accuse polemiche di Celso può cooperare alla traduzione della figura del gòes Gesù in quella di Gesù stregone.

Ed infine un meritato “aiutino†per i lettori, se mai ci fossero:

qui si vuole sostenere, addirittura che, per tutto lo spazio della finzione presidenziale dovremmo credere che sia vero ciò che leggiamo, ovvero sarebbe tutto vero il contenuto del messaggio presidenziale sopra riportato quasi integralmente, pur sapendo che non sarebbe vera una sola parola? Bisognerebbe fare un piccolo sforzo e così vero e falso non si escluderebbero ma starebbero insieme, come nei giochi che facevamo da bambini, quando un ipotetico zio o un nonno, interpretava per noi il lupo senza smettere per questo di essere lo zio o il nonno: è questo il principio alla base di qualunque finzione artistica… e il P.d.R. Mattarella è di certo un grande artista! Insomma varrebbe quel patto implicito che ogni lettore stipula con un testo letterario, patto che Coleridge, con una formula divenuta ormai famosa ha definito “sospensione volontaria dell’incredulitàâ€.

Insomma, in quel tempo il campo politico, in Italia, era zeppo di pregiudizi sui politici che venivano stesi sul lettino ciascuno con la propria biografia scandagliata fino alla deriva nel pettegolezzo.

Freud (nel suo “Dostoevskij e l’uccisione del padreâ€) ricorda la prova drammatica vissuta da Dostoevskij, nel 1849 quando, condannato a morte, si vide sospendere la sentenza solo all’ultimo istante e fu poi inviato in Siberia ai lavori forzati. È  il caso del romanzo “I Fratelli Karamazovâ€, spiegato alla luce dell’odio di Dostoevskij per il proprio padre).

Quel che rende inaccettabile l’odio per il padre è l’angoscia nei confronti del padre; la castrazione è terribile, sia come punizione che come prezzo dell’amore.

4 passi tra le pagine di Günther Anders –L’odio è antiquato (pag. 9-14 Bollati-Boringhieri):

L’ho imparato solo a prezzo d’immane fatica. Circa sessant’anni fa. Leggendo il Mein Kampf di Hitler. Impararlo era stato necessario.

Giacché chi non odia l’infame, non solo dà prova di viltà, ma si rende anche sospetto di essere complice dell’infame.

E, con stupore, un mattino scoprirà di essere davvero complice dell’infame, di passare per suo amico e di non poter più tornare indietro, e in questo modo anche lui si rende odioso e sarà giustamente odiato.

Gli antisemiti odiano chi li priva dell’odio, vale a dire del piacere dell’odio. Essi odiano dunque due volte. Più vero del noto (principio deduttivo) cartesiano è quello volgare condiviso pressoché universalmente: “io odio, dunque sono.†O, in modo più esatto: “Dunque io sono io.†O, infine: “Dunque io sono qualcuno.â€

L’odio, non è cioè la forma primigenia (preteoretica) della negazione, non solo il pre-piacere (sadico) per l’eliminazione dell’altro, ma è insieme anche l’autoaffermazione e l’autocostituzione attraverso la negazione e l’eliminazione dell’altro. Quantomeno altrettanto corretta della proposizione fichtiana “l’io pone il non io†è la proposizione†“l’io pone “sé stesso†attraverso la negazione del non ioâ€. Ciò è già vero in senso fisiologico. Giacché non esiste alcun essere animale che, per sopravvivere, non sia costretto dalla sua urgenza a utilizzare altri esseri come preda e come ciboâ€. Formulato in modo meno ferino e cannibalesco attraverso l’odio degli altri – del nemico, del rivale – e attraverso la loro concreta eliminazione, si conferma il proprio esserci. Dopo l’atto di annientamento il principio dell’odio: “egli non deve essere affinché io sia†culmina quindi nella proposizione: “Egli non è più, dunque son io, e propriamente come unico rimasto.â€

Questa è la terza argomentazione “cartesianaâ€, la terza “deduzioneâ€: non appena ottenuto il trionfo espresso da questo enunciato, l’odio si placa per quietarsi del tutto nel sonno dei giusti.

Quanto più a lungo si può protrarre l’azione dello sterminio e quanto più spesso essa si può ripetere tanto più si dilata anche il piacere dell’odio e, con esso, il piacere dell’essere se stesso. Questa la genesi della tortura sulla quale chi odia crede di poter accampare un diritto.

Niente è più fastidioso per chi odia, niente gli sembra più disdicevole della vittoria lampo. Egli la percepisce come altrettanto frustrante e deplorevole della ejaculatio prematura che lo defrauda del vero godimento.

Modello del torturatore è piuttosto “il gioco del gatto e del topoâ€, giacché in esso egli non solo gode del “topo†come cibo ma in più trae ulteriore piacere dal suo “braccare il topoâ€, che essendo bramosia, è per metà amore e per metà odio e, differendolo, amplifica il desiderio, e giacché il torturatore può anche godere quasi come una sorta di “hors d’ouvreâ€, dello squittio terrorizzato e del supplizio dell’animale tormentato.

Alla fine dunque, vi è non solo il divertimento per la semplice eliminazione dell’animale martoriato, ma appunto la sua ingestione in senso letterale – dunque il “divora – parola che rimanda non a caso alla “voracità†e al “pastone animaleâ€, giacché proprio attraverso l’atto dell’ingurgitare vittima e assassino diventano un unicum. Nella voracità ferina dello sbranare e dell’ingollare odio e piacere diventano anch’essi un unicum. L’affermazione dell’omicida sessuale sadiano che “si sarebbe mangiato di baci la sua vittima†non era certo priva di fondamento.

In altre parole chi odia divora l’odiato e trasforma il suo corpo nel proprio corpo. La deduzione conclusiva che l’assassino pronuncia umettandosi le labbra (pronuncerebbe, qualora nella satisfactio post fosse in vena di parlare) suonerebbe dunque: “Egli è diventato me – dunque io sono (o è) solo ioâ€. In questo consiste, come ho accennato prima l’epilogo dell’odio.

Che odio e piacere appartengano allo stesso genere ha dunque la sua genesi nella situazione venatoria in cui il cacciatore, non importa se animale o uomo, insegue la preda perché la “vorrebbe avereâ€, dunque la brama. Non è un caso che i guardaboschi erranti nelle foreste con i fucili carchi si considerino senza eccezione amici degli animali, e ciò finanche quando celebrano la vigilia festiva con sulle spalle il capriolo stillante sangue. Non solo nel particolare caso sadiano, inseguimento, annientamento, incorporazione sono una sindrome.

C’è forse in tutto questo qualche cosa di anormale? Non c’è più niente di normale da quando l’anormale è diventato la norma, ovvero, tanto per fare un solo nome, da quando un Carlo Nordio è diventato ministro della giustizia!

Il modello della negazione freudiana è un modello formale, che può riempirsi per conto suo di contenuti svariati; e ha le caratteristiche del linguaggio dell’inconscio in quanto è una formazione linguistica di compromesso, che permette di dire nello stesso tempo sì e no, non importa a che cosa.

Sogno, lapsus e sintomo non si esprimono se non in un numero ristretto di casi attraverso significati verbali. Nel sogno sono per lo più immagini, nel lapsus e nel sintomo gesti e comportamenti, che valgono come significanti non verbali e fanno valere quel principio in rapporto ai loro significati.

L’opera letteraria è un atto creativo senza legami con la vita di chi lo scrive: qualche corrispondenza potrebbe anche esserci, ma una perfetta equivalenza è davvero difficile. Biografia e psicanalisi si incrociano spesso. Freud si cimenterà nell’analisi di capolavori mettendo in secondo piano il testo rispetto al vissuto dell’autore (è il caso del romanzo I Fratelli Karamazov, spiegato alla luce dell’odio di Dostoevskij per il proprio padre).

Un pregiudizio è, invece, quello che ci porta a trattare i personaggi non come costruzioni fittizie ma come persone reali e dotate di un inconscio, recuperando per lo più opposizioni elementari, meccaniche e inalterabili che di fatto nulla aggiungono all’interpretazione. «La decifrazione perpetua dei pochi simboli fissi che entrano in quelle opposizioni, fallo e castrazione, padre e madre, stato prenatale e nascita, vita e morte, alimenti ed escrementi» si rivela infatti un esercizio tautologico, peraltro incoerente rispetto alle analisi cliniche dello stesso Freud, che considerava i simboli sempre e comunque in rapporto a un paziente concreto, e necessariamente ritagliati dal linguaggio. L’applicazione aprioristica di contenuti già definiti ha invece prodotto, proprio come il biografismo ingenuo, risultati esterni al funzionamento del testo: è il caso della madeleine proustiana, divenuta per molti oggetto feticcio dei genitali femminili senza che l’opera autorizzi direttamente questa sovrapposizione.

(a meno di non postulare, appunto, un inconscio del personaggio-narratore).

La trasformazione dell’odio e della rabbia in invidia (negazione) e bramosia (identificazione) è il compito difficile che la società costituita persegue, specializzando tecnici, psicologi, educatori, insegnanti e psicoanalisti. Si pone, dunque, il problema di come arginare un vampirismo divenuto ormai insaziabile.

ORONZO MARIO SCHENA

 


Articolo del Tue, 25 Mar 2025 11:38:31 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

La pagliacciata di Ventotene e la sinistra che tifa riarmo, di A. Terrenzio

 

Con la pagliacciata progressista di Piazza del popolo, la sinistra scende in piazza per il riarmo Europeo. Il solito parterre di conformisti, lecchini dei poteri forti, intellettuali mancati o bolliti, più i Jovanotti e gli artisti prezzolati che tifano per una pace possibile solo preparando la guerra contro la Russia. Serra e Augias che parlano di “Europa impigrita”, di un continente abituato alla pace. Si svegliano adesso, mentre quando la Serbia veniva bombardata tutto procedeva come da copione atlantista. Col cambio di amministrazione americana, questi menestrelli di regime, filoamericani per vocazione fino al giorno prima, si riscoprono “patrioti” e parlano di necessità di essere indipendenti dagli Usa. La loro è una ipocrisia solo di facciata che nasconde una perfetta continuità di intenti col Deep State EuroDem. Nella farsa senza ritegno degli Euroinomani, Vecchioni rovescia i paradigmi ideologici manco fosse Dominique Venner, quando parla di Europa culla della storia e della civiltà, da Shakespeare a Cervantes, chiamata a dare una prova della sua esistenza; l’ora fatidica di Mussoliniana memoria, ed in questo delirio di ottuagenaria impotenza, l’armata brancalaone di questi intellettuali impostori, dimentica che Mussolini e Marinetti in guerra ci andavano… Il Fascismo è stato definito dagli storici, anche “Regime dei giornalisti”, ed è sorprendente come la canaglia di tali guardiani delle Élite, risulti più facinorosa nello spingere alla guerra più dei Meloni, in cerca di mediazione nella risoluzione del conflitto ucraino. Nel mezzo flop della manifestazione a sostegno militare all’Ucraina, erano tutti progressisti legati a testate come La Repubblica e La Stampa e agli interessi industriali degli Elkan, i veri beneficiari e sponsor della corsa agli armamenti. La parabola degli ex sessantottini si conclude in maniera tragicomica, dal pacifismo al bellicismo intransigente fino all’ultimo ucraino, anzi fino all’ultimo Europeo, dato che la questione non riguarda loro, che sono tutti ultraottantenni.
La foglia di fico ideologica della sinistra eroinomane è Il Manifesto di Ventotene, un documento mediocre e marginale assurto a Bibbia laica della borghesia liberal-progressista italiana. Un manifesto redatto nel ’41 da Rossi e Spinelli, di impronta azionista e giacobina con l’obiettivo prefissato di abbattere gli Stati Nazionali per giungere agli Stati Uniti d’Europa. Un progetto oligarchico con un impianto ideologico social-liberale, dove si parla espressamente di “popolo immaturo”, che deve essere educato in un “mercato comune” e dove gli individui si trasformino in “piccoli proprietari” da poter poter espropriare all’occorrenza. Uno spazio comune dove la democrazia è sospesa, in vista dell’obiettivo ultimo che più che la pace pare essere un continente “pacificato” di Kantiana memoria. I redattori del Manifesto desideravano una società pacificata, come ricorda Alessio Mannino, dove il conflitto sociale fosse completamente neutralizzato. Seppur redatto da membri del PCI, il Manifesto non prefigurava affatto il paradiso dei lavoratori, ma il sogno bagnato delle oligarchie neoliberali, ovvero il dominio di una minoranza tecnocratica su popoli desovranizzati e spogliati di qualsiasi identità storica e culturale. La sinistra che si straccia le vesti o in preda a crisi di pianto in Parlamento, se la Meloni si limita a sbattere in faccia la natura eversiva del documento, è un ircocervo neoliberista, più papista del Papa, e che senza più uno straccio di ideale, usa questo manifesto per darsi una patina ideologica ed una maschera di identità.
A concludere l’audizione dei cantori del sistema, non poteva che mancare il giullare per antonomasia del potere. Quel Roberto Benigni che dalla “Costituzione più bella del mondo” è passato al “Continente centro del mondo”, anzi all’Unione Europea, faro di civiltà, cultura, pace e democrazia. Un guitto che mentre fa la sua elegia di accompagnamento al discorso di Draghi sul riarmamento, è spento, retorico e banale fino alla noia e che per ripetere le sue giullaresche banalità, ci costa pure un milione di Euro, alla faccia di chi blatera ancora di Tele-Meloni. In questa visione irenica della realtà, dove a sparire sono come sempre i fatti, e si pontifica di un continente di pace e prosperità, si dimenticano i bombardamenti sulla Jugoslavia, gli oltre 200mila bambini morti per denutrizione della Grecia per politiche di austerità. Nel continente “unito nelle diversità”, manco fosse quello auspicato da De Gaulle e De Gasperi, i candidati arrestati in Romania ed esclusi dalle elezioni perché non esecutori di politiche belliciste ed acriticamente adagiate ai diktat europeisti. Ed i Sor Calenda che ne emulano disegni di legge per mettere fuori legge partiti “filorussi’ e siti diffusori di fake news. Il bellicismo di questi pacifisti rinnegati è l’esito finale della loro senescenza e corruzione ideologica. Fanno utilizzo strumentale della Storia proprio nel momento nel quale ne rivendicano la loro contestualizzazione. Uno dei punti cardinali del Manifesto di Ventotene era infatti la necessità di una “tensione” permanente con la Russia, per giustificare l’esistenza e la federazione di un Superstato oligarchico Europeo, ma sotto protettorato americano. E tutto torna nella narrazione dei “Serra Boys”. Nella manifestazione degli estremisti dell’Europa liberista e guerrafondaia di oggi, vediamo gli epigoni di coloro che sognavano un continente “pacificato” e e dominato da oligarchie illuminate. E se seguiamo la pista “follow the money” e degli interessi economici che sponsorizzano questi impostori, la risposta è come sempre molto semplice. Dietro Ventotene e questa patina di idealismo a un tanto al kilo, i guitti da salotto europeista vogliono un’Europa armata per odio ideologico verso tutto ciò che esula dai canoni liberali, e per fedeltà canina a chi garantisce loro prebende e rendite di posizione.

Articolo del Mon, 24 Mar 2025 07:13:42 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

L’Europa che non c’è

 

L’esercito comune europeo, che dovrebbe seguire la politica di riarmo del continente, sarà l’ultima esalazione di questa UE costruita sul velleitarismo di una classe dirigente servile e, allo stesso tempo, inutile. Gli Stati Uniti d’Europa sono un’utopia che va contro la Storia e, proprio per questo, non si realizzeranno mai, almeno nella nostra epoca.
Oltreoceano, gli Stati Uniti nacquero da una rivoluzione di affrancamento delle colonie inglesi dalla madrepatria e da una sanguinosissima guerra civile, che impose una direzione ai popoli senza storia che abitavano il Nord America. Si trattava, infatti, di popoli privi di storia comune, benché si portassero dietro l’eredità del loro posto d’origine, perché composti da pellegrini e viaggiatori venuti da lontano e approdati in un Nuovo Mondo che, in realtà, era già abitato da indigeni sterminati senza pietà. Quei coloni portarono con sé frammenti della loro terra d’origine, ma in un contesto completamente nuovo, tutto da edificare. Proprio perché non avevano una storia consolidata, poterono scegliere la propria strada, che non fu priva di insidie e sofferenze, prima di assumere la configurazione che oggi conosciamo.
I popoli europei, invece, hanno una storia millenaria che li ha plasmati, soprattutto nelle loro differenze e divisioni. Se una manica di scimuniti a Bruxelles crede di poter mettere da parte civiltà del passato, conflitti e confini, che sono il risultato di lunghi processi storici, semplicemente con dichiarazioni e decreti di assimilazione, allora non ha capito nulla.
Un esercito europeo potrebbe formarsi solo come strumento di alcune potenze più forti, che non tarderebbero a entrare in conflitto tra loro, litigando per mantenere il controllo della catena di comando. E immaginate cosa potrebbe accadere se, invece di essere usato per difendersi da una minaccia esterna, venisse impiegato per reprimere ribellioni in uno Stato membro con qualsiasi pretesto. Per esempio: se in Romania vincesse le elezioni un presidente sgradito all’Unione Europea e si rifiutasse di farsi da parte, l’esercito comune potrebbe essere inviato per rovesciarlo. Oppure, i francesi potrebbero decidere che lo stesso destino debba toccare a un paese dell’Europa dell’Est, tradizionalmente vicino alla Germania. Quest’ultima lo vedrebbe come un tentativo di penetrazione egemonica e torneremmo pari pari all’antico, perché, in Europa, ogni Stato ha una storia di guerre, dominazioni reciproche e tentativi di espansione a danno dei vicini. Il risultato? Un ritorno al passato con effetti devastanti moltiplicati.
Infine, non dimentichiamo che in Europa esistono basi americane disseminate ovunque. Non sono qui per caso, ma per garantire che nessun esercito comune metta in discussione la vittoria statunitense nella Seconda guerra mondiale.
Detto ciò, questa classe europeista di servi, che si è messa in testa di condurci alla rovina, è meglio che venga sepolta al più presto sotto il peso delle sue false convinzioni. Anziché creare eserciti, i popoli europei trovino il modo di esprimere una sola, ferma volontà per liberarsi, una volta per tutte, di chi li sta portando al disastro.
L’Europa può esistere e avere un peso decisivo solo come entità realmente guidata dalle sue nazioni centrali, che formino un’alleanza stabile, innanzitutto per liberarsi dal giogo americano, e che dimostrino poi di essere all’altezza di condurre tutti gli altri Stati europei nell’interesse esclusivo del continente, in una fase di accentuato multipolarismo.


Articolo del Sun, 23 Mar 2025 08:20:49 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

92 minuti di frasi

Per un’umana curiosità quasi al limite dell’autolesionismo sto leggendo il libro di Renzi L’Influencer. È la sua vendetta contro Meloni, che gli ha fatto una legge contra personam. Ovviamente, non ha torto perché sono tutti marci, lui compreso. Ma mi sono soffermato su una frase, una di quelle buttate lì quasi per inerzia, che però è al contempo un manifesto politico o una politica manifesta: “Faccio politica per un ideale e non per un interesse.â€
Non ho mai sentito un politico affermare il contrario. Io invece faccio l’interesse per un ideale e non per politica. Se mi eleggerete, farò l’ideale per un interesse e non per una politica, ma potrei anche fare politica per un interesse e non per un ideale, o fare l’ideale per una politica e non per un interesse. O ancora, potrei fare l’ideale di un interesse non per politica ma per fare.
In alternativa, potrei fare politica senza ideali ma con interesse, o fare ideali senza politica ma con molto interesse, oppure fare finta di fare qualcosa, che in fondo è la sintesi perfetta della politica stessa oggi. Se poi la situazione lo richiede, posso anche fare politica senza fare, fare senza politica, o fare politica facendo finta di fare.
Del resto, la politica ormai è l’arte del dire senza fare e del fare senza dire, dell’ideale che diventa interesse e dell’interesse che diventa ideale, dell’essere senza esserci e dell’esserci senza essere. Vince sempre Shakespeare: essere e non essere, questo è l’ideale… o la politica? 92 minuti di frasi.


Articolo del Thu, 20 Mar 2025 20:46:02 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

Quando il diavolo ti arma vuole l’anima

 

Il detto francese “Qui veut faire l’ange, fait la bête†smaschera la doppia morale di chi si erge a difensore dei poveri popoli aggrediti. Ma quando il diavolo ti arma, vuole l’anima. Non esistono pasti gratis a questo mondo, e spesso chi ti allunga una mano lo fa per prenderti tutto, non per sollevarti.
Conosciamo questa vecchia storia almeno dai tempi di Machiavelli, che di questi inganni ne ha narrati tanti. Il Segretario fiorentino sottolineava, infatti, che uno Stato che si affida a forze esterne si espone al rischio di essere tradito o dominato da coloro a cui ha concesso il proprio potere militare. Per questo preferiva un esercito autoctono, ben organizzato e fedele, piuttosto che truppe mercenarie, il cui utilizzo doveva essere, al massimo, centellinato.
Esattamente quello che è accaduto all’Ucraina, che voleva affrancarsi dal giogo russo e ora si ritrova sotto il ricatto della NATO e dell’UE, mentre ha perso per sempre quei territori per i quali ha iniziato questo conflitto. La sedicente resistenza per la libertà si è trasformata in una schiavitù ancora peggiore: l’Ucraina è stata fottuta, davanti e di dietro.
Questo perché la guerra è un camaleonte, come affermava Maschke, e come tale si adatta alle circostanze, anche nelle conseguenze. Quando scoppierà la tregua, comunque, l’Ucraina non avrà pace. E se la sarà pure cercata, per essersi affidata a un pagliaccio e ai suoi compari, che — non per niente — sono i prediletti dei predoni occidentali. Almeno fino all’arrivo di Trump che ha preso atto della sconfitta dei suoi predecessori.
Infine, chi parla della guerra indulgendo a schematismi morali o ideologici o è un imbroglione o è un fesso. Anche di questo l’Ucraina ha fatto le spese: raggirata da presunti amici, assecondata da autentici idioti e infine affondata dai vicini trasformati in nemici.


Articolo del Wed, 19 Mar 2025 20:14:39 +0000
a cura di G. P.


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