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#news #ilfattoquotiano.it
Sono migliaia le persone alla fiaccolata in ricordo di Sara Campanella, la studentessa universitaria di 22 anni uccisa a coltellate ieri a Messina. La manifestazione è stata organizzata nel pomeriggio nella Galleria Vittorio Emanuele. Alla manifestazione – organizzata da Udu, Non una di meno e Rete degli studenti – hanno partecipato diverse centinaia di persone con cori e striscioni per dire basta ai femminicidi e per esprimere solidarietà ai familiari della ragazza uccisa. I manifestanti hanno scandito più volte ad alta voce il nome di Sara.
Per il femminicidio della giovane è stato fermato Stefano Argentino, studente 27enne di Avola, accusato di averla uccisa con una coltellata alla gola. Secondo gli altri studenti, da mesi la inondava di “telefonate, la perseguitavaâ€. “Dove siete che sono col malato che mi segueâ€, ha scritto la ragazza alle amiche, poco prima di essere assassinata. “Non mi aveva mai detto che ci fosse qualcuno che la minacciava. Solo che le mandava messaggi. Non sembrava preoccupata”, ha raccontato ad alcuni conoscenti Antonino Fricano, il giovane di Bagheria che da qualche mese si era fidanzato con la 22enne.
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“La nostra era una relazione iniziata qualche mese fa”, ha raccontato, affidando ai social tutto il suo dolore. “Ciao amore mio, tutto questo non doveva succedere, non a noi due. Mi è stato. La mia bambina”, ha scritto. “Tenetevi sempre stretto chi vi ama – ha aggiunto – e amatelo alla follia, perché la vita può cambiare in un batter d’occhio. Amate come se fosse l’ultimo giorno, baciatevi come se fosse l’ultima volta, ma soprattutto vivetevi. Stasera ti ho perso, amore mio; ma ti prometto che manterrò ogni promessa che ti ho fatto. Andrò avanti per te, porterò il tuo nome in alto, perché meriti giustizia per quello che ti hanno fatto. Meriti di essere ricordata per ciò che sei stata: una ragazza educata, studiosa, gentile con tutti e, soprattutto, la persona che mi ha aperto gli occhi. Ciao, piccola mia; Ti amerò per sempre, te l’ho promesso, ricordi? Ti amo”.
L'articolo Sara Campanella, in migliaia alla fiaccolata per la studentessa uccisa. Il fidanzato: “Perso un pezzo di cuore” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Alcuni membri del consiglio alla sicurezza nazionale di Donald Trump, incluso il consigliere Mike Waltz, hanno usato i loro normali account Gmail per le comunicazioni governative. Lo riporta il quotidiano Washington Post citando alcune fonti, secondo le quali un funzionario che lavora con Waltz ha usato il servizio di posta elettronica di Google per conversazioni altamente tecniche con colleghi di altre agenzie. Waltz invece ha ricevuto sul suo account Gmail i suoi appuntamenti e altri documenti di lavoro.
Waltz è già nel mirino delle critiche per il quello che è stato ribattezzato chatgate. Il consigliere aveva infatti inserito per errore un giornalista, il direttore di The Atlantic Jeffrey Goldberg, in una chat sulla piattaforma Signal in cui venivano scambiate informazioni definite “ultra-confidenziali” con il capo del Pentagono e altri funzionari. Tra i documenti scambiati nella chat, e di cui Goldberg ha potuto prendere visione, anche i piani degli attacchi missilistici contro gli Houthi yemeniti.
L'articolo Il consigliere per la sicurezza di Trump, Mike Waltz, ha usato Gmail per comunicazioni governative proviene da Il Fatto Quotidiano.
Mosca “prende molto sul serio” le proposte Usa per un accordo in Ucraina, “ma non possiamo accettarle tutte così come sono“, ha detto il viceministro degli Esteri russo, Sergey Ryabkov, secondo cui “non abbiamo sentito da Trump segnali a Kiev per porre fine alla guerra. Ciò che abbiamo è un tentativo di trovare una sorta di schema che consentirebbe di ottenere una tregua come la immaginano gli americani. E poi passare ad altri schemi in cui, per quanto ne sappiamo, non c’è posto oggi per la nostra richiesta principale, cioè risolvere i problemi legati alle cause del conflitto. Non esiste nulla del genere, e questo va affrontato”.
Insomma Mosca non compra a scatola chiusa, nonostante i rapporti tra Vladimir Putin e Donald Trump. Sebbene il presidente Usa si sia detto fiducioso che Putin “farà la sua parte” per arrivare a una tregua, la Casa Bianca ha detto chiaramente che Trump è “frustrato” per l’atteggiamento del Cremlino, contro il quale resta la minaccia di dazi secondari sul petrolio russo se non si dovesse raggiungere un accordo per mettere fine alla guerra.
Una frustrazione che grava anche sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky, chiamato a valutare un accordo sulle terre rare che Kiev vorrebbe “reciprocamente accettabile”, ma che di fatto resta ampiamente svantaggioso per il Paese invaso. Intanto Zelensky è tornato a chiedere agli Stati Uniti di rafforzare le sanzioni contro la Russia, affermando che Mosca ha “violato” gli accordi presi in colloqui separati con funzionari di Washington in Arabia Saudita per fermare gli attacchi sui siti energetici e in mare.
Le parole di Ryabkov suonano come l’ennesima crepa in quello che fino alle scorse settimane era una sorta di idillio tra Russia e Usa. In ogni caso, il dialogo tra le due potenze mondiali continua. Putin si è detto pronto a nuovi contatti con Trump, che andrà a maggio Arabia Saudita, centro dei negoziati indiretti tra Kiev e Mosca. E dopo la prima riunione a Istanbul, Russia e Usa “stanno preparando un secondo incontro” sul lavoro delle ambasciate in Turchia, mentre “sono in corso contatti telefonici e videoconferenze”, ha riferito il ministro degli Esteri russo Lavrov.
Putin ha incontrato a Mosca il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ha mandato i suoi saluti “amichevoli” al leader Xi Jinping, ricordando che è atteso in Russia per il 9 maggio, nell’80esimo anniversario del Giorno della Vittoria sovietica contro il nazismo. “Sarà il nostro ospite principale”, ha dichiarato il presidente russo, mentre Wang ha sottolineato l’aspirazione di Pechino ad avere un “ruolo costruttivo nella risoluzione del conflitto”, sostenendo tuttavia Mosca nella difesa dei suoi “interessi”.
Sul campo di battaglia Mosca sembra aver rallentato la sua avanzata, che dura però da quattro mesi, conquistando 240 km quadrati a marzo, e un villaggio a sudest nelle ultime 24 ore. Le forze russe hanno quasi completamente ripreso il Kursk: al momento, gli ucraini sono presenti solo in una sacca di 80 km quadrati nella regione russa, dove ad agosto 2024 erano riusciti ad occupare circa 1.300 km quadrati in sole due settimane. Le bombe continuano a cadere in tutta l’Ucraina, oltre 10.500 in tre mesi. E nel Kherson, 45mila persone sono rimaste senza elettricità dopo gli attacchi russi.
L'articolo Mosca gela la Casa Bianca: “Inaccettabili le attuali proposte Usa sull’Ucraina” proviene da Il Fatto Quotidiano.
È stato mostrato in aula, nel processo a carico di tre ultras rossoneri indagati nella maxi inchiesta sulle curve di San Siro, il video delle diverse fasi del pestaggio ai danni del personal trainer Cristiano Iovino avvenuto nella notte tra il 21 e il 22 aprile del 2024 in via Traiano a Milano. Nel filmato, oltre al rapper Fedez (non coinvolto nel procedimento legato agli ultras), compare anche il suo ex bodyguard Christian Rosiello, a processo con rito ordinario insieme a Francesco Lucci, fratello dell’ex capo ultrà della curva Sud, e Riccardo Bonissi.
L'articolo Cristiano Iovino, mostrato in aula il video completo del pestaggio al personal trainer proviene da Il Fatto Quotidiano.
Un gruppo di circa 50 coloni israeliani è entrato stasera nel villaggio palestinese di Duma in Cisgiordania, dando fuoco alle proprietà e attaccando i residenti palestinesi. L’intervento delle forze armate israeliane ha evitato che lo scontro diventasse ancora più violento. Lo riporta il Times of Israel. Si tratta dell’ennessimo attacco da parte di coloni israeliani a residenti palestinesi.
L’esercito afferma di aver ricevuto segnalazioni secondo cui decine di israeliani sono entrati a Duma e hanno appiccato il fuoco alle proprietà . “In seguito, si è sviluppato un violento scontro tra civili israeliani e palestinesi nella zona con segnalazioni di diversi palestinesi feriti nell’incidente”. Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha affermato che Israele non consentirà all’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) di controllare la Cisgiordania occupata, durante un tour del territorio con il ministro delle Finanze di estrema destra Bezalel Smotrich, che ha affermato che Israele è “qui per restare”.
Il quotidiano inglese Guardian riferisce che un ragazzo di 17 anni della Cisgiordania, trattenuto senza accusa per sei mesi in una prigione israeliana, è morto dopo essere svenuto in circostanze poco chiare. Secondo la sua famiglia, Walid Ahmad era “uno studente liceale sano” al momento del suo arresto lo scorso settembre, dopo aver presumibilmente lanciato pietre contro i soldati israeliani. La famiglia ritiene che Walid abbia contratto la dissenteria amebica a causa delle pessime condizioni della prigione, un’infezione che provoca diarrea, vomito e vertigini e può essere fatale se non curata. “Era un adolescente vivace che amava giocare a calcio prima di essere portato via da casa”, ha detto suo padre, Khalid Ahmad.
E mentre a Gaza continuano le incursioni israeliane, il Commissario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini ha annunciato che due membri dello staff sono stati uccisi negli ultimi giorni dai raid israeliani, insieme a otto soccorritori della Mezzaluna Rossa. Lo ha detto , aggiungendo che “questo porta a 408 il numero di operatori umanitari uccisi a Gaza dall’inizio della guerra, circa un anno e mezzo fa, tra cui 280 membri dell’Unrwa”. Da quando sono ripresi i bombardamenti le persone uccise a Gaza da Israele sono oltre mille.
L'articolo Coloni israeliani assaltano e incendiano un villaggio palestinese in Cisgiordania proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Questo piano di riarmo una fregatura per l’Italia: chi non prenderà i fondi di coesione rimarrà indietro. L’Italia è un dilemma: o si indebita sempre di più spendendo in armi e munizioni o dovrà utilizzare i fondi di coesione per toglierli alle esigenze del sud e delle aree disagiate del nord”. Così il leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte fuori da Montecitorio. “Per l’Italia è una prospettiva negativa ma lo è per tutta l’Europa – ha aggiunto – L’Italia rimarrà sempre più indietro”. “La piazza del 5 aprile? Noi abbiamo a aperto a tutte le forze politiche, le associazioni – ha concluso – confido che ci sia anche il Pd e tutte le forze che ritengono questo piano di riarmo una prospettiva folle che farà malissimo all’Italia”.
L'articolo Conte: “Piano di riarmo è una prospettiva folle. Piazza del 5 aprile? Confido che il Pd venga con noi” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Ha la sclerosi multipla, ma è costretta a fare gli esami privatamente nel Lazio. Un’attesa di giorni per mettersi in contatto con il centralino regionale. E alla fine quando, il Recup ha risposto, l’appuntamento è stato possibile fissarlo solo in un’altra provincia, a mesi di distanza. È quanto accaduto alla giornalista e scrittrice Francesca Mannocchi che lo denuncia in un post sui social. “Ogni sei mesi devo fare la mia terapia di Ocrelizumab per la Sclerosi Multipla. E ogni sei mesi devo ripetere una lunga serie di analisi e la risonanza magnetica”, ha raccontato su Instagram.
“Chiamo il Cup della mia regione per avere un appuntamento, la cui spesa dovrebbe essere coperta dallo Stato. Per giorni il messaggio pre-registrato mi dice che le linee sono intasate e dunque suggerisce di richiamare in un altro momento. Oggi, finalmente, rispondono. La prima risonanza magnetica disponibile è a luglio 2025 a Frosinone, in un’altra provincia, a 90 chilometri da casa mia. Per le due strutture dove di solito faccio le risonanze non c’è proprio disponibilità e non si sa per quanto”, continua nel post la giornalista.
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La risposta cambia chiamando invece la clinica dove fece “la prima risonanza”, chiedendo costi e disponibilità per fare gli esami privatamente: “Costa 680 euro e c’è posto dopodomani, mi hanno risposto con la cortesia che si riserva a chi paga. E quindi ho preso appuntamento. Perché ne ho bisogno, perché è urgente, perché ho la fortuna di potermelo permettere”, ha scritto ancora Mannocchi, ribadendo che è “così che si demoliscono le democrazie”, mettendo nero su bianco l’ Art. 32 della Costituzione Italiana: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività , e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
L'articolo “Ho la sclerosi multipla, ma posso fare gli esami solo a pagamento”: la denuncia della giornalista Francesca Mannocchi proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Nella mia borsa della resilienza c’è il diritto internazionale umanitario, che ogni giorno è sotto attacco e viene stracciato non solo Putin ma anche Netanyahu, ci sono le conversioni internazionali importantissime, c’è un’Europa che lavora per il disarmo e non per la proliferazione, e c’è un’enorme tassazione per gli extraprofitti dell’industria bellica”, così Cecilia Strada in plenaria a Strasburgo replica al kit di sopravvivenza presentato in un video dalla Commissaria Ue per la gestione delle crisi, Hadja Lahbib, sottolineando di “essere preoccupata”. Strada ha anche risposto a Vannacci che in Aula si è rivolto alla Commissaria suggerendo di “cominciare ad allenarsi a correre” perché “potrebbe servire”. “I toni aggressivi sono percepibili come minacce – ha detto Strada riferendosi all’intervento dell’eurodeputato leghista – e non sono accettabili in quest’aula”.
L'articolo “Nel mio kit di resilienza c’è il diritto internazionale umanitario”: la risposta di Cecilia Strada alla commissaria Lahbib proviene da Il Fatto Quotidiano.
Giovedì, alle 22 ore italiane, il presidente statunitense Donald Trump illustrerà il piano della Casa Bianca sui dazi. Trump parlerà a mercati chiusi, subito dopo, puntualizza Washington, le tariffe entreranno a tutti gli effetti in vigore. Il presidente ha detto che sarà “gentile” nell’imposizione delle nuove tariffe senza però sbilanciarsi sui contenti.
Le nuove misure si andranno ad aggiungere a quelle del 25% già decise sulle auto importate, che scatteranno il 3 aprile, e a quelle sull’alluminio. Saranno presentate in attesa di conoscere quelle promesse pure sui prodotti farmaceutici. Secondo indiscrezioni, la definizione delle misure da presentare tra poche ore sarebbe ancora in corso. Fra le ipotesi c’è anche quella di dazi universali al 20%.
Un’idea, ha avvertito il capo economista di Moody’s Analytic Mark Zandi, che rischierebbe di far scivolare in recessione l’economia americana, facendo schizzare il tasso di disoccupazione al 7,3% e causando la perdita di cinque milioni di posti di lavoro entro gli inizi del 2027. L’altra ipotesi è quella dei dazi reciproci per tutti i Paesi da negoziare con i vari interessati.
Un approccio, questo, che affronterebbe direttamente il problema delle pratiche commerciali sleali ma che – è il dubbio che aleggia fra alcuni funzionari della Casa Bianca – potrebbe scoraggiare le grandi aziende internazionali a effettuare nuovi investimenti negli Stati Uniti perché non offrirebbe certezze né sull’ammontare né sulla durata delle tariffe. Non è escluso che Trump possa comunque optare per un sistema misto, con tre livelli di dazi mirati a singoli Paesi o gruppi.
Trump ha ben chiara la strada da seguire e starebbe sfruttando le ultime ore a sua disposizione per “perfezionare” il piano commerciale, ha detto la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt. “Il 2 aprile salirà alle cronache come uno dei giorni più importanti della storia americana. Il presidente affronterà decenni di pratiche commerciali sleali con le quali il nostro Paese è stato derubato”, ha aggiunto Leavitt.
Howard Lutnick, ministro del commercio e uno dei maggiori sostenitori dei dazi, ha trascorso molto tempo nello Studio Ovale con Donald Trump ,spingendo il presidente a essere “più aggressivo” sulle tariffe. Non mancano però malumori tra gli altri componenti dell’entourage del presidente. La responsabilità se qualcosa andasse storto, riferiscono alcune fonti, potrebbe facilmente ricadere su di lui.
Nell’attesa delle nuove misure, sono continuate le pressioni delle grandi case automobilistiche americane per ridimensionare i provvedimenti sul settore. Stellantis, Ford e General Motors sostenendo che le imposte sulle migliaia di componenti di cui si riforniscono all’estero potrebbero avere effetti catastrofici sul settore.
L'articolo Casa Bianca ancora al lavoro per definire il piano dazi. Alle 22 di mercoledì scatta l’ora X proviene da Il Fatto Quotidiano.
Salvini Day a Torino. Il ministro delle Infrastrutture ha riunito l’Osservatorio Tav per fare il punto sui lavori della grande opera, in ballo da vent’anni, che dovrebbe bucare le Alpi per far passare il treno veloce da Torino a Lione. Il 31 marzo ha ripreso le corse il Tgv francese che collega Milano a Parigi: è l’alta velocità che già c’è e che era stata interrotta per 18 mesi da una frana nella regione della Maurienne, appena al di là del confine con la Francia.
Il 1° aprile, ai Tgv francesi si sono aggiunti i Frecciarossa italiani, che in sei ore collegano Torino a Parigi. È il treno che dimostra la non proprio assoluta necessità di una nuova, costosissima linea ferroviaria Tav tra Italia e Francia. Infatti, oggi Salvini ha incassato le proteste, anche istituzionali, di chi vorrebbe che i quasi 3 miliardi di euro necessari per il Tav fossero più utilmente impiegati per terminare e ampliare la metropolitana di Torino.
La giornata si era aperta con la richiesta a Salvini del presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, di riattivare la fermata di Bardonecchia dei Tgv francesi che, con tre corse al giorno, collegano Milano e Parigi. “Dal ministro abbiamo ricevuto rassicurazioni pragmaticheâ€, ha dichiarato Cirio, “perché la fermata dei treni internazionali a Bardonecchia è fattibile dal punto di vista trasportistico, ma al momento non è programmata. Abbiamo chiesto che la questione sia inserita nel primo incontro bilaterale Italia-Francia, in modo che la questione possa essere risolta. La fermata a Bardonecchia per il Piemonte rappresenta infatti una leva strategica importante, perché si tratta di una delle più importanti località turistiche di montagnaâ€.
La questione centrale della giornata è stata però posta a Torino dall’Osservatorio Tav Torino-Lione, il comitato istituzionale che vigila sulla nuova linea ad alta velocità che dovrebbe essere costruita tra Italia e Francia. I sindaci della Valsusa hanno espresso dubbi sulla tratta Avigliana-Orbassano, ma soprattutto hanno protestato sulla spesa di quasi 3 miliardi che Salvini e il governo vorrebbero impegnare per il Tav, lasciando senza risorse il trasporto pubblico a Torino, che non riesce a completare la linea 1 della metropolitana e neppure a iniziare la prevista linea 2.
Con i sindaci della Valsusa si schiera Alessandro Errigo, primo cittadino di Rivoli, uno dei principali comuni dell’hinterland torinese, 50 mila abitanti, roccaforte Pd. La domanda posta a Salvini è: ma davvero il Tav Torino-Lione è la priorità per un territorio che da anni attende il completamento di opere più urgenti e utili ai cittadini che si spostano ogni giorno tra Torino e il suo hinterland? “Il nodo della questione non è la contrarietà pregiudiziale all’operaâ€, dichiarano i sindaci, “ma la razionalità nella distribuzione delle risorse. Dei 3 miliardi previsti, 1 miliardo proviene dal Fondo per il Trasporto Rapido di Massa, lo stesso fondo che dovrebbe servire a finanziare la metropolitana di Torino. Oggi, mentre vengono stanziate ingenti risorse per nuove opere senza certezze sui tempi di realizzazione, Torino e la sua area metropolitana continuano a fare i conti con una rete di trasporto pubblico insufficiente a rispondere alle esigenze dei cittadiniâ€.
Tornano in primo piano i temi e i numeri già ricordati da tempo dai tecnici del movimento No-Tav: Lione, con una popolazione inferiore a quella di Torino, ha quattro linee di metropolitana per un totale di 30 chilometri su cui viaggiano ogni giorno oltre 700 mila passeggeri. Torino, con quasi 850 mila abitanti, ha una sola linea di 15 chilometri che serve appena 150 mila persone al giorno. La linea M1 di Torino, dopo anni di attese e lavori, è ancora incompleta: mancano 26 milioni di euro per chiudere i cantieri attuali e altri 311 milioni per far arrivare la metropolitana fino al centro di Rivoli. La futura linea M2 è in bilico, con una stima di costo salita a 2,5 miliardi di euro, di cui ne mancano già 700. In questo scenario, protestano i sindaci, appare paradossale che 3 miliardi vengano destinati a un’infrastruttura la cui utilità per il trasporto pubblico è tutta da dimostrare.
L'articolo I sindaci della Val Susa contro Salvini: 3 miliardi dirottati sulla Tav e niente soldi al trasporto pubblico proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite parla di potenziali conflitti tra il Protocollo Italia-Albania e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, il trattato del 1966, emanazione diretta della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Lo fa nelle Osservazioni conclusive sul terzo rapporto periodico dell’Albania, parte dell’attività di monitoraggio per l’implementazione della Convenzione Onu. In comunicato del 28 marzo, nella parte dedicata al “Trattamento di migranti, rifugiati e richiedenti asilo”, il Comitato “prende atto della sospensione dell’attuazione del Protocollo tra il Consiglio dei Ministri della Repubblica d’Albania e il Governo della Repubblica Italiana per il rafforzamento della cooperazione in materia di migrazione, concluso nel 2023”. E di seguito: “Il Comitato eÌ€ tuttavia preoccupato per i potenziali conflitti tra il Protocollo e la Convenzione, che si applica alla gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo, come quelli riguardanti la detenzione automatica dei migranti e il rischio di una detenzione prolungata, noncheÌ il rischio di essere soggetti a procedure di migrazione o di asilo inadeguate”. Il riferimento, si legge, è agli articoli 7, 9, 12 e 13 della Convenzione.
“Lo Stato parte”, raccomanda il Comitato Onu all’Albania, “dovrebbe garantire che tutte le persone richiedenti protezione internazionale abbiano libero accesso al territorio nazionale e a procedure eque ed efficienti per la determinazione individualizzata dello status di rifugiato o dell’ammissibilità alla protezione internazionale, al fine di garantire il rispetto del principio di non respingimento; e assicurare che la sua legislazione, così come il Protocollo concluso con l’Italia, siano pienamente conformi a tali requisiti”. Il punto è già stato sollevato in passato da diversi giuristi e riguarda il trattenimento dei richiedenti asilo, che in base alla direttiva europea sull’accoglienza (33/2013) possono essere trattenuti “ove necessario e sulla base di una valutazione caso per
caso”, “salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive”, come “come l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità , la costituzione di una garanzia finanziaria o l’obbligo di dimorare in un luogo assegnato”, precisa l’articolo 8. Alternative che la direttiva impone agli Stati membri di garantire attraverso la legislazione nazionale. E che, evidentemente, in Albania non possono esistere perché il Protocollo ha categoricamente escluso che i richiedenti possano uscire dai centri gestiti dall’Italia.
Diversamente dalla Commissione Ue di Ursula von der Leyen, che continua a non vedere conflitti tra il diritto comunitario e quel che fa l’Italia in Albania, il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite lo considera un problema. Secondo il rapporto, infatti, l’Albania “dovrebbe garantire che la detenzione di migranti e richiedenti asilo è utilizzata solo come misura di ultima istanza ed è ragionevole, necessaria e proporzionata, in conformità con il commento generale del Comitato n. 35 (2014) sulla libertà e la sicurezza della persona, e che le alternative alla detenzione sono utilizzate nella pratica“. Ma l’accordo tra Roma e Tirana non prevede alternative alla detenzione, non a Shengjin e Gjader, da dove nessuno può uscire se non per rientrare in Italia. Alternative che, al contrario, l’Italia deve assicurare, come membro dell’Unione europea e come Stato parte della Convenzione sui diritti civili e politici. Che, ha ricordato il Comitato all’Albania, si applica anche “alla gestione extraterritoriale delle procedure di migrazione e di asilo” e quindi investe la responsabilità dell’Albania come dell’Italia in quanto Stati che aderiscono alla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, tenuti a far rispettare il trattato nelle loro legislazioni nazionali, ma anche nel Protocollo e nelle relative leggi di attuazione.
L'articolo Migranti in Albania, l’Onu critica il Protocollo: “Conflitti con la Convenzione sui diritti civili e politici” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Un libro, una bolletta, una prescrizione medica, un mazzo di chiavi e un trenino. È questo il “contro-kit” per le emergenze presentato in Aula da Nicola Di Marco, capogruppo del Movimento 5 stelle in Regione Lombardia. Durante l’assemblea, Di Marco ha mostrato uno zainetto da cui ha man mano estratto cinque oggetti, chiaro riferimento al “kit per le emergenze” presentato la scorsa settimana da Hadja Lahbib, commissaria europea alla gestione delle crisi. Il video con cui Lahbib spiegava che cosa tenere sempre a portata di mano in caso di disastri (lo scoppio di una guerra o una tragedia ambientale) è diventato virale in poche ore.
Ma invece che mostrare un coltellino svizzero, contanti e fiammiferi, come nel filmato Ue, Di Marco ha estratto dallo zaino un libro, in particolare il Manifesto di Ventotene, per “ricordare il diritto all’istruzione”, una ricetta medica, una bolletta per sollecitare un più efficace contrasto al caro-energia, un trenino (“per garantire la libertà di muoversi all’interno del nostro territorio”) e, infine, un mazzo di chiavi, emblema della “emergenza abitativa”.
L'articolo Un libro, una bolletta e un mazzo di chiavi: il “contro-kit” per le “vere”emergenze del consigliere M5s in Lombardia proviene da Il Fatto Quotidiano.
È l’alba del 4 dicembre 2024 quando Brian Thompson, amministratore delegato del colosso assicurativo UnitedHealthcare, esce dal suo albergo di lusso a Manhattan, New York. Pochi passi e il manager viene colpito da colpi di pistola che lo lasciano a terra senza vita. L’assassino riesce a fuggire e a far perdere le sue tracce. Ma a New York, come ormai in quasi qualunque città , ci sono telecamere ovunque. Confrontando le immagini di migliaia di telecamere pubbliche e private, gli investigatori riescono a dare un volto al fuggiasco e a diffonderne una foto per agevolare le ricerche.
È un giovane di bell’aspetto, che ha quasi sempre avuto l’accortezza di coprirsi il volto con cappucci e sciarpe ma che commette l’errore di non farlo mentre si rivolge all’addetta dell’ostello in cui ha dormito a New York, prima dell’agguato. Le sue gesta criminali raccolgono ammirazione e sostenitori in tutto il paese. La UnitedHealthcare è una delle più grandi assicurazioni mediche statunitensi, nota per le pratiche particolarmente restrittive nella concessione di fondi per cure ed interventi chirurgici ai suoi clienti. L’assassino viene percepito come una sorta di vendicatore di torti, veri o presunti, subiti da molti americani.
Il giovane è in fuga e riesce a sfuggire alla cattura per 5 giorni. Il 9 dicembre un addetto di un punto vendita McDonald’s di Altoona, in Pennsylvania, nota un cliente che sembra corrispondere a quello ritratto nelle foto diffuse dalla polizia. Dà l’allarme, le forze dell’ordine accorrono ed arrestano il sospettato. In breve tempo gli viene dato un nome e un volto ed è ufficialmente incriminato dell’uccisione di Thompson. Il giovane si chiama Luigi Mangione ed ha 26 anni.
Di lontane origini italiane, è nato a Towson in Maryland, da una famiglia benestante. Un suo cugino di Luigi, Nino, è deputato repubblicano conservatore al parlamento del Maryland. Nel 2016 Luigi si era diplomato da primo della classe alla Gilman School, una scuola privata solo maschile di Baltimora, e nel discorso di fine anno ai compagni (l’onore riservato al primo del corso) aveva descritto la sua classe come di ragazzi “pieni di nuove idee e che sfidano il mondo attorno a loroâ€. In quell’occasione aveva anche ringraziato i genitori per aver speso per mandarlo a scuola, pagando una retta di 37mila dollari all’anno.
Dopo il liceo Mangione si era laureato e poi aveva conseguito un master in informatica alla University of Pennsylvania, un ateneo della prestigiosa Ivy League, mentre l’anno prima della laurea aveva lavorato come assistente didattico sull’intelligenza artificiale a Stanford. Viene descritto come intelligente, socievole e ambizioso, “molto colto e amato, e circondato da una cerchia di persone sana”. Ma non tutto ciò che luccica è oro. Sin da bambino Mangione è affetto da spondilolistesi, un’anomalia della colonna vertebrale, che peggiora in età più avanzata dopo un incidente con il surf. Nel luglio del 2023 il giovane viene sottoposto ad un intervento chirurgico, con l’impianto di quattro chiodi nella colonna vertebrale. I risultati dell’operazione non sono però quelli sperati.
Dopo il fallimento dell’operazione, Mangione vive una crisi personale, rompe con la famiglia a tal punto che la madre presenta una denuncia per la sua scomparsa. Farà la sua ricomparsa in occasione dell’assassinio di Thompson, a capo dell’assicurazione di cui era cliente. Al momento dell’arresto dichiara di scusarsi “per i traumi creati ma andava fatto, bisognava eliminare questo parassitaâ€. Mangione esprime un’ostilità nei confronti del sistema capitalistico, le cui conseguenze sociali più gravi, afferma, sono palesi nel mondo della sanità privata. E rivendica una vendetta per le sofferenze di chi non ha potuto curarsi in modo adeguato.
L'articolo Chi è Luigi Mangione e cosa ha portato alla richiesta di pena capitale proviene da Il Fatto Quotidiano.
Con questa motivazione, almeno, la pm Alice Parialò motiva l’esigenza di una misura cautelare. “Può ritenersi sussistente il pericolo di fuga che giustifica l’adozione di un intervento precautelare immediato da parte del pubblico ministero. E ciò si desume dal fatto che Argentino si è agevolmente dato alla fuga nelle immediatezze dei fatti potendo contare sull’appoggio di soggetti terzi, in via di identificazione, per far perdere le proprie tracceâ€, si legge nel provvedimento di fermo firmato dalla pm della procura di Messina. Dopo avere accoltellato Sara, l’assassino si è allontanato velocemente.
L'articolo Femminicidio di Messina, l’ipotesi dei pm: “Argentino aiutato nella fuga” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il settore della Difesa sgomita in Ue e, come già annunciato, si prende anche una fetta dei fondi di coesione. E come spiegato dal commissario europeo per la Politica di Coesione, Raffaele Fitto, in occasione della revisione di medio termine, è non a caso tra le cinque nuove priorità verso le quali riprogrammare i fondi. “Una scelta, non un’imposizione“, tiene a precisare. Ma il tema rimane centrale nel dibattito sulle modifiche apportate da Palazzo Berlaymont, anche perché da ora in poi gli Stati saranno liberi di decidere se reindirizzare parte dei soldi fino a oggi destinati allo sviluppo al settore della Difesa.
“Il mondo è cambiato, le regioni e gli Stati europei devono affrontare sfide nuove“, ha detto Fitto presentando la riforma di medio termine delle Politiche di Coesione che mantiene gli obiettivi di promuovere la competitività e la decarbonizzazione, ma anche la difesa e la sicurezza. “Noi stiamo lavorando per modernizzare i principi della Coesione, il metodo e i processi semplificativi”, ha detto.
Ma è inevitabile che al centro dell’attenzione vi sia proprio la decisione di dare spazio anche alla Difesa come settore che potrà godere dei fondi di coesione, proprio nell’ambito delle politiche di riarmo spinte dalla Commissione e dalla presidente Ursula von der Leyen. Anche perché, stando a un calcolo effettuato da Politico, le modifiche permetteranno di riallocare circa 400 miliardi di euro originariamente pensati per ridurre le disparità regionali. Tenendo conto anche che i programmi che verseranno almeno il 15% dei fondi ai settori prioritari, tra cui la Difesa, potranno beneficiare di un pre-finanziamento del 4,5%, oltre al 30% previsto per il 2026, con un co-finanziamento che può arrivare anche al 100% da parte dell’Ue.
Se si entra nello specifico del settore della Difesa, la proposta della Commissione prevede di creare due nuovi obiettivi all’interno del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo di coesione: uno per riprogrammare su base volontaria le risorse oggi dedicate agli ‘Investimenti per l’occupazione e la crescita’ per il potenziamento delle capacità produttive della difesa e l’altro per sostenere la costruzione di infrastrutture a duplice uso, militari e civili. La Commissione Ue promette inoltre che presenterà una proposta legislativa per inserire la difesa tra i settori strategici della piattaforma Step dedicata alle tecnologie pulite.
A chi accusa il Berlaymont di voler dirottare i fondi dedicati allo sviluppo al settore delle armi, risponde direttamente Fitto sostenendo che si sta parlando un’ulteriore possibilità che viene data ai 27 Paesi membri e non di un’imposizione: “Noi stiamo dando l’opportunità di adeguare i programmi” della Coesione “a nuove priorità . Gli attuali programmi sono stati discussi tra il 2019 e il 2022, l’accordo di partenariato è stato firmato nel 2022 e l’attuazione sta iniziando ora. Da allora, il mondo è cambiato in modo significativo – ha detto il vicepresidente esecutivo – Ho difficoltà a seguire il dibattito sulla pseudo-centralizzazione dei fondi di Coesione che non vedo in alcun provvedimento della Commissione”. E ha poi ribadito: “La scelta è volontaria, lo Stato membro può scegliere di usare le risorse verso la Difesa. Noi valutiamo la proposta e diciamo sì o no. Il programma resta all’interno delle opzioni del singolo Paese”.
Tra le altre priorità Bruxelles sollecita i governi a raddoppiare i finanziamenti stanziati nei programmi per l’edilizia abitativa a prezzi accessibili, passando dagli attuali 7,5 miliardi di euro a 15 miliardi. Un nuovo obiettivo di investimento sarà dedicato inoltre alla resilienza idrica, per la quale tra 2021-2027 sono stati stanziati circa 13 miliardi di euro, insufficienti secondo l’Ue. Quanto alla transizione, i finanziamenti di coesione potranno sostenere gli investimenti per promuovere gli interconnettori energetici e i relativi sistemi di trasmissione, nonché la realizzazione di infrastrutture di ricarica. La proposta di modifica dovrà ora essere approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio.
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Nei primi mesi dell’anno c’è sempre chi dà i numeri – in senso buono, s’intende – spargendo autorevolezza a destra e a manca. Ma talvolta i numeri non bastano. Com’è tradizione The Art Newspaper, prestigiosa testata internazionale dedicata all’arte, ha pubblicato la classifica dei 100 musei più visitati al mondo nel 2024, con tanto di percentuali relative sia all’anno precedente – cioè il 2023 –, sia al 2019, cioè l’anno prima del Covid. Scorrendo la lista dei vari musei, due dati si mettono subito in evidenza: innanzitutto qualche museo ha perduto visitatori, inoltre il primo istituto museale della Penisola sono i Musei Vaticani che hanno totalizzato 6.825.436 visitatori, con un aumento dell’1% rispetto al 2023, secondi solo al parigino Louvre, che invece ha collezionato ben 8.737.050 ingressi, ovvero l’1% in meno rispetto al 2024.
Le prime 20 posizioni
I primi due musei più visitati confermano le loro posizioni rispetto al 2024. Ma proprio la lievissima flessione della “casa” della Gioconda, della Nike di Samotracia e di innumerevoli altri capolavori, è giudicata bene dalla redazione della testata specializzata, poiché “dimostra che la lenta ripresa dopo le chiusure dovute al Covid-19 è finita e ora i musei sono tornati a quello che potremmo considerare il loro ‘livello naturale’, in cui il numero di visitatori è determinato da fattori come la popolarità del programma, i vincoli fisici o le tendenze più ampie”. Insomma, in parole povere è finito l’effetto rimbalzo post-virale, l’ubriacatura dopo l’astinenza, l’indigestione dopo la dieta strettissima, e ora si va al museo solo se ve n’è un buon motivo. Direttori, curatori, critici d’arte e addetti ai lavori sono avvertiti.
Semmai, cercando i musei di casa nostra nella “Top 100 museale“, colpisce l’assenza di tanti istituti museali i cui nomi finiscono puntualmente, al tardo pomeriggio di ogni prima domenica del mese (quindi a ingresso gratuito) nel comunicato stampa del ministero della Cultura. Per esempio nella lista non compaiono i parchi archeologici – come il Colosseo e Pompei – però vi è il Giardino di Boboli di Firenze in 49esima posizione, manca il Pantheon di Roma, ma al 71esimo posto compare Palazzo Reale di Milano, in salita dal 78esimo posto dell’anno prima e in crescita del 28 per cento rispetto al 2023 e addirittura del 53 rispetto al 2019. Altro che effetto rimbalzo: qui si va oltre.
Mentre in Italia le classifiche museali normalmente considerano gli istituti statali, quella stilata dalla testata internazionale si basa esclusivamente sul dato numerico, senza considerare la “classe” d’appartenenza dei musei, che possono essere statali, così come comunali, di fondazioni o privati.
Comunque sia, nella graduatoria appena pubblicata, per trovare trovare il primo museo statale italiano bisogna scorrere fino al 19esimo posto con la Galleria degli Uffizi che l’anno prima era 17esima. Nel 2024 ha comunque totalizzato 2.908.028 visitatori, ovvero il 7 per cento in più rispetto al 2023 e il 23 in più rispetto al 2019. A seguire, dopo Boboli, al 56esimo posto troviamo Palazzo Ducale di Venezia (era 48esimo) con 1.333.314 visitatori, pari a un incremento del 2 per cento rispetto all’anno precedente; e ancora all’80esimo posto (in calo di 15), ecco il Museo Egizio con 1.036.689 visitatori, ovvero il 21 per cento in più rispetto al 2019, ma il 2 per cento in meno rispetto al 2023. Infine con 909.020 visitatori Palazzo Pitti di Firenze si piazza all’89esimo posto (dall’81esimo) con incrementi del 17 per cento rispetto al 2019 e del 3 se consideriamo il 2023.
Secondo la testata d’arte internazionale, l’avventura dei musei italiani più visitati del 2024 si conclude qui. In realtà la situazione è assai più rosea perché nel computo non sono stati considerati, oltre ai suddetti parchi archeologici e al Pantheon, anche altri veri attrattori culturali come la Galleria dell’Accademia di Firenze, il Museo nazionale di Castel Sant’Angelo di Roma e la Reggia di Caserta. Insomma trattasi di una classifica con qualche lacuna di troppo e che non rende giustizia a tanti istituti museali di primissimo piano, ogni anno premiati dal crescente successo di pubblico e di critica.
Inoltre una classifica così concepita pone non pochi dubbi, poiché non mette in connessione il numero degli ingressi con la superficie del museo effettivamente a disposizione: se infatti si introducesse il concetto di “densità ” museale – visitatori divisi per metri quadrati del museo – ci accorgeremmo che quelli italiani hanno un indice elevatissimo di densità – che poi è la causa delle code ai botteghini -, insomma sono tra i più desiderati al mondo. Ma questa non è una novità .
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