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Flash

Gaza, raid israeliani uccidono almeno 42 persone in 24 ore

Continua il massacro da parte di Israele in Palestina. Solo nelle ultime 24 ore, gli attacchi dell’IDF a Gaza hanno provocato la morte di almeno 42 persone. Tra loro c’è il giornalista Mohammed Saleh al-Bardawil, la cui morte porta il numero di giornalisti uccisi nella guerra a 209, secondo il Gaza Government Media Office. Nel frattempo, i panifici di Gaza chiudono a causa della carenza di farina e gasolio causata dal blocco israeliano, con la Difesa civile di Gaza che afferma che l’enclave palestinese è sull’orlo della carestia. I raid israeliani proseguono anche in Libano, dove nella notte sono state uccise quattro persone, compreso un membro di Hezbollah.

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Data articolo: Tue, 01 Apr 2025 18:37:43 +0000

sindacalista

Torino, svelata nuova rete che collega ‘ndrangheta e imprenditoria

L’attività economica e criminale della ‘Ndrangheta in Piemonte è sempre più preoccupante e pervasiva. È quanto emerge dalle risultanze dell’indagine Factotum, condotta dalla DDA di Torino, che potrebbe sfociare in un processo per sei soggetti che, a vario titolo, sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, tentata e consumata, ricettazione e detenzione illegale di armi. Tra loro c’è il presunto boss Francesco D’Onofrio, inquadrato come il principale punto di riferimento della ‘ndrangheta in Piemonte, ma anche un ex sindacalista della Filca-Cisl, Domenico Ceravolo, che tra le altre cose si sarebbe adoperato per «il tesseramento dei dipendenti delle imprese edili gestite da calabresi». Il caso di Ceravolo rappresenta un’eccezione nel panorama delle inchieste sulla criminalità organizzata: sebbene le mafie abbiano storicamente cercato di infiltrarsi in ambiti economici e istituzionali, i casi accertati di sindacalisti coinvolti direttamente in attività mafiose – almeno in Italia – sono rari.

Secondo quanto appurato dall’indagine dei pm torinesi, gli ‘ndranghetisti si muovevano agilmente tra Moncalieri e Carmagnola mantenendo «forme di controllo di attività economiche nel settore edile», costituendo «un solido riferimento per il procacciamento di voti» e risolvendo «contenziosi tra operatori imprenditoriali», in ragione di una «diffusa e ormai ampiamente riconosciuta capacità d’intimidazione». Dall’inchiesta è emerso inoltre che il sodalizio ha fornito sul territorio di Carmagnola protezione a imprenditori in dissidio con altri operatori economici, ottenendo in cambio somme poi veicolate agli associati. La ricostruzione degli inquirenti indica in Francesco D’Onofrio di Mileto, già coinvolto in passato nella maxi-inchiesta Minotauro, il dirigente e l’organizzatore del network ‘ndranghetista in Piemonte. Il presunto boss, secondo i magistrati, promuoveva e prendeva parte a meeting tra membri di diverse articolazioni criminali sul territorio, al fine di delineare alleanze e spartizioni di affari, dando il via libera alla commissione di delitti.

Un capitolo singolare dell’indagine riguarda la posizione di un altro indagato, l’allora sindacalista Domenico Ceravolo, sospeso dalla Filca-Cisl in seguito all’apertura dell’inchiesta. Secondo la Procura, quest’ultimo sarebbe «un partecipe del sodalizio carmagnolese, al quale è legato da diversi anni», che finì «sotto usura ad opera di alcuni appartenenti alla ‘ndrangheta» e da altri «“protetto†ed anche utilizzato quale intestatario fittizio di beni», mettendosi «a disposizione prima della cosca e poi di Francesco D’Onofrio, dirigente della ‘ndrangheta piemontese». Gli inquirenti spiegano che il tutto avvenne dopo il suo trasferimento in Piemonte dal Vibonese, quando si scoprì «la sua contiguità con appartenenti alle locali ‘ndranghetiste di quella zona». Nel fermo dell’indagine “Factotum†è presente una annotazione degli uomini della Guardia di Finanza che riconosce Ceravolo – che nel febbraio 2024 era divenuto componente della segreteria Filca Cisl Torino-Canavese – come «un sodale del gruppo criminale», tant’è che uno dei vertici del clan, Salvatore Arone, conosceva bene «la sua peculiarità operativa», come la capacità di «reclutare operai nelle fila del sindacato per cui lavorava, […] di concerto con i datori di lavoro, per poi disporre di canali relazionali tra i predetti titolari d’impresa ed il sodalizio ‘ndranghetista».

I pm ritengono «particolarmente rilevante» la circostanza che Ceravolo «sia un dipendente del sindacato Filca-Cisl, operante nel settore dell’edilizia, che riceva remunerazioni particolari dal sindacato, legate al procacciamento di iscritti presso le ditte del settore», avendo egli svolto tale attività «d’intesa con D’Onofrio» e utilizzando il suo ruolo «per coltivare interessi propri del sodalizio ‘ndranghetista». Ceravolo è inoltre accusato di avere sostenuto economicamente detenuti mafiosi, nonché di aver sfruttato la sua posizione sindacale per far ottenere il reddito di cittadinanza ad affiliati. Inoltre, insieme ad altri elementi di spicco del sodalizio, avrebbe favorito la latitanza di Pasquale Bonavota, presente nella lista dei latitanti più pericolosi d’Italia dal novembre 2018 all’aprile 2023, quando fu catturato a Genova. Ceravolo avrebbe poi garantito un mutuo da 100mila euro per l’acquisto di un appartamento da parte della moglie di un uomo dei clan e aiutato lo stesso a ottenere il reddito di emergenza durante il Covid. Infine, avrebbe protetto imprenditori edili legati alla ‘ndrangheta, danneggiando gli operai sindacalizzati e aiutando aziende mafiose a eludere misure antimafia.

La presenza della ‘ndrangheta in Piemonte è attestata ormai da decenni. Operazioni come “Minotauro” e “Albachiara” hanno evidenziato l’esistenza di “locali” (‘ndrine) attivi nella regione. Negli ultimi anni, diverse operazioni e inchieste hanno fatto luce sulle attività dei clan. L’anno scorso, la DDA ha svelato i progetti della ‘ndrangheta volti a infiltrarsi nelle grandi opere in Piemonte, dalla manutenzione dell’autostrada A32 alla movimentazione terra nei cantieri più importanti, con accuse che spaziano dall’associazione mafiosa al concorso esterno, dall’estorsione alle armi, fino alla ricettazione e al riciclaggio. Solo due settimane fa, l’operazione “Habanero” – condotta dalla DDA di Catanzaro – ha portato a diversi arresti a Torino e provincia. In tutto, la Procura calabrese ha notificato 26 iscrizioni nel registro degli indagati, evidenziando un intenso collegamento tra la mafia calabrese e le sue articolazioni in Piemonte. Nel dicembre 2019, l’assessore regionale piemontese Roberto Rosso, membro di FDI, è stato arrestato con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso per aver pagato 15mila euro alla ‘ndrangheta in cambio di un pacchetto di voti per le elezioni regionali del maggio 2019. A febbraio, la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di appello che aveva sancito la sua condanna a 4 anni e 4 mesi, disponendo un nuovo processo di secondo grado.

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Data articolo: Tue, 01 Apr 2025 16:30:56 +0000

usa

Tre soldati USA sono morti in un misterioso incidente al confine con la Bielorussia

Tre dei quattro soldati dell’esercito statunitense scomparsi nei pressi del confine lituano con la Bielorussia la scorsa settimana sono stati trovati morti. I corpi sono stati rinvenuti all’interno del loro veicolo blindato, recuperato da una zona paludosa ieri mattina, lunedì 31 marzo. Un altro soldato risulta ancora disperso. La vicenda risale a martedì 25 marzo, quando l’esercito lituano ha diffuso un comunicato annunciando la scomparsa dei soldati statunitensi e l’avvio delle operazioni di salvataggio. In un primo momento, i militari erano stati dati per morti a seguito di una dichiarazione del Segretario Generale della NATO, Mark Rutte, immediatamente smentita dall’esercito lituano. L’esercito statunitense non ha comunicato il luogo in cui è stato rinvenuto il veicolo, ma dalle comunicazioni relative alla scomparsa dei soldati è noto che i quattro si trovavano in un’area di addestramento vicino a PabradÄ—. Le cause che hanno portato alla loro morte risultano ancora ignote.

I soldati statunitensi erano scomparsi nelle prime ore del mattino del 25 marzo a bordo del veicolo corazzato di recupero M88A2 Hercules, mentre conducevano una missione per riparare e trainare un veicolo tattico rimasto «immobilizzato». Il loro veicolo è stato trovato il 26 marzo sommerso in uno specchio d’acqua paludoso dopo una ricerca congiunta da parte dell’esercito statunitense, delle forze armate lituane e di altre autorità lituane. Dopo il rinvenimento del veicolo sono iniziate le operazioni di recupero mediante drenaggio, conclusesi ieri, mentre intanto andavano avanti quelle di ricerca e soccorso. Alle operazioni di estrazione del veicolo hanno partecipato le forze armate lituane, statunitensi e polacche. La Lituania ha fornito elicotteri militari, velivoli ad ala fissa, sistemi aerei senza pilota e personale di ricerca e soccorso per unirsi alle operazioni. Nel corso dei giorni sono stati portati sul luogo escavatori, pompe per fanghi, paratoie, altre attrezzature edili pesanti, esperti tecnici e diverse centinaia di tonnellate di ghiaia e terra per consentire il recupero.

Il quarto soldato è ancora disperso, ma sta venendo cercato dalla squadra di sommozzatori. Le autorità stanno ancora indagando sulle cause dell’incidente. I soldati erano stanziati permanentemente a Fort Stewart, avamposto militare degli Stati Uniti in Georgia, ed erano stati dispiegati in Lituania, in un’area di addestramento al confine con la Bielorussia, a supporto dell’operazione Atlantic Resolve, l’attività militare in risposta alle operazioni Russe in Ucraina avviata nel 2014. La loro morte era stata inizialmente annunciata dal segretario generale della NATO in occasione di una conferenza stampa congiunta con il primo ministro polacco Donald Tusk, per venire smentita subito dopo dalle autorità lituane.

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Data articolo: Tue, 01 Apr 2025 15:00:03 +0000

Flash

Birmania, tre gruppi ribelli annunciano il cessate il fuoco unilaterale

L’Alleanza delle Tre Fratellanze, coalizione dei gruppi ribelli birmani dell’Esercito dell’Alleanza Democratica Nazionale del Myanmar, dell’Esercito di Liberazione Nazionale di Ta’ang e dell’Esercito di Arakan, ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale per favorire una risposta umanitaria internazionale al terremoto che ha colpito il Paese. Per un mese, dichiara l’Alleanza, i membri dei gruppi ribelli non avvieranno operazioni offensive contro l’esercito regolare, a cui hanno chiesto di fare lo stesso. Ieri, il gruppo ribelle Karen National Union, esterno all’Alleanza delle Tre Fratellanze, ha accusato l’esercito birmano di stare continuando i bombardamenti nonostante il disastro naturale. A oggi, le vittime del terremoto hanno superato le 2.700 persone.

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Data articolo: Tue, 01 Apr 2025 14:35:11 +0000

Ue

Ogni europeo spreca in media 130 chili di cibo l’anno

Ogni giorno, in Europa, tonnellate di cibo perfettamente commestibile finiscono nei cassonetti, sprecate lungo l’intera filiera alimentare. Dalla produzione alla distribuzione, fino ai consumatori finali, lo spreco di alimenti rappresenta una delle sfide più urgenti per la sostenibilità ambientale ed economica. I numeri sono allarmanti: ogni cittadino europeo, in media, butta via circa 130 chili di cibo all’anno. Questo dato, contenuto nell’ultimo report dell’European Environment Agency (EEA), mette in luce un problema profondo che riguarda non solo l’etica del consumo, ma anche le ripercussioni sul clima e sulle risorse naturali. Su cui l’UE – sebbene con grave ritardo – sta cercando di intervenire.

Il report “Preventing waste in Europe – Progress and challenges, with a focus on food waste†mostra che, nel 2022, la quantità di cibo sprecato per persona si aggirava attorno ai 132 chili, equivalenti a oltre 59 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, con un elevato impatto ambientale ed economico. Le cause di questo fenomeno sono molteplici. I dati rivelano che le famiglie sono responsabili della quota più significativa del cibo sprecato, contribuendo per oltre il 55% al totale. Seguono la produzione manifatturiera (18-19%), la produzione primaria (8-9%), i ristoranti e i servizi (9-11%) e la vendita al dettaglio (7-8%). La prevalenza del consumo domestico evidenzia come il comportamento individuale e le abitudini di acquisto giochino un ruolo determinante. Il rapporto sottolinea inoltre come il fenomeno dello spreco alimentare non sia solo un problema di quantità, ma abbia profonde implicazioni ambientali ed economiche. Lo spreco di cibo equivale infatti a uno spreco di tutte le risorse impiegate nella sua produzione: acqua, energia, suolo e input chimici, oltre alle emissioni di gas serra associate alle diverse fasi della catena alimentare. La mancata valorizzazione del cibo comporta, dunque, un duplice danno: uno spreco economico e una pressione in più sugli ecosistemi, contribuendo al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità ​.

Per fronteggiare tale problematica, l’Unione Europea ha adottato una serie di politiche e misure volte a ridurre lo spreco alimentare. La direttiva quadro sui rifiuti (WFD) e la strategia “farm to fork†pongono l’accento sulla prevenzione, invitando gli Stati membri a implementare programmi specifici per la riduzione degli sprechi. Tali programmi includono campagne di sensibilizzazione, incentivi economici e l’adozione di strumenti normativi per migliorare la tracciabilità e il monitoraggio dei dati relativi allo spreco alimentare. Per accelerare i progressi, la Commissione europea ha proposto obiettivi vincolanti di riduzione dei rifiuti alimentari che gli Stati membri dell’UE devono raggiungere entro il 2030: una riduzione del 10% nella lavorazione e nella produzione e una riduzione del 30% pro capite a livello di vendita al dettaglio e di consumo. A febbraio, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio su questi obiettivi nel corso di negoziati a tre.

Un altro aspetto rilevante evidenziato dal report riguarda le metodologie di misurazione dello spreco alimentare. Le variazioni nei dati registrati da anno in anno non sempre riflettono cambiamenti reali, ma in parte derivano da modifiche nelle pratiche di reporting. Ciò sottolinea l’importanza di standardizzare le procedure di raccolta dei dati per poter effettuare confronti accurati e monitorare l’efficacia delle misure adottate nel tempo. Infine, è fondamentale evidenziare come la lotta contro lo spreco alimentare rappresenti un’opportunità per promuovere un’economia circolare. Ridurre il cibo sprecato significa infatti non soltanto salvaguardare risorse preziose, ma anche creare nuove opportunità di business e favorire la crescita di settori economici legati al recupero e alla redistribuzione degli alimenti in eccedenza. In questo contesto, iniziative come la donazione di cibo in eccedenza, il recupero tramite il riciclo o la trasformazione in nuovi prodotti possono contribuire a creare un sistema più sostenibile ed efficiente.

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Data articolo: Tue, 01 Apr 2025 13:30:52 +0000

sciopero

Uno sciopero contro l’austerità ha paralizzato il Belgio

Ieri si è tenuto in Belgio uno sciopero nazionale per contestare le politiche del lavoro del governo, costringendo gli aeroporti a tenere a terra tutti i voli programmati. La protesta ha coinvolto l’intero settore dei trasporti, causando interruzioni del servizio su scala nazionale. Alcuni manifestanti hanno inoltre bloccato l’accesso a diversi negozi nella zona commerciale di Bruxelles. I dimostranti contestavano in particolare le misure di austerità dell’esecutivo, soprattutto in materia di pensioni e politiche del lavoro. Secondo i manifestanti, la riforma delle pensioni pianificata dal governo premierebbe infatti chi lavora oltre l’età pensionabile con almeno 35 anni di servizio, penalizzando invece chi va in pensione anticipata senza aver maturato tale requisito.

Lo sciopero ha fatto fermare il Paese per 24 ore, bloccando il settore pubblico e privato e generando gravi interruzioni nei trasporti e nei servizi essenziali. La protesta, organizzata dai sindacati cristiani e socialisti, è stata una risposta ai tagli al bilancio annunciati dal governo di coalizione guidato dal nazionalista fiammingo Bart De Wever, noto come “Arizona” per i colori dei partiti che lo compongono. Le riforme proposte incidono pesantemente su pensioni, sussidi di disoccupazione, servizi pubblici e mercato del lavoro, suscitando un ampio dissenso tra la popolazione. Fin dalle prime ore di lunedì, i lavoratori hanno formato picchetti in tutto il Paese, paralizzando i trasporti: meno della metà degli autobus e tram nelle Fiandre sono entrati in servizio, mentre il traffico ferroviario ha subito drastici rallentamenti. A livello internazionale, l’impatto si è fatto sentire soprattutto nel traffico aereo, con tutti i 244 voli dell’aeroporto di Bruxelles cancellati e lo scalo di Charleroi completamente fermo. Anche Brussels Airlines ha annullato la quasi totalità dei voli, coinvolgendo passeggeri da Germania, Italia e Spagna. L’agitazione ha coinvolto ampi settori dell’economia. Oltre ai trasporti, anche scuole, uffici postali e servizi di raccolta rifiuti sono stati interrotti, mentre i porti di Anversa e Zeebrugge hanno subito rallentamenti nelle operazioni logistiche. Sebbene l’impatto nel settore sanitario e nella grande distribuzione sia stato più limitato, la mobilitazione ha coinvolto anche lavoratori dell’industria, della cultura e del commercio al dettaglio.

I sindacati accusano il governo di aver tradito le promesse elettorali, implementando oltre un miliardo di euro di tagli ai servizi sociali mentre aumentano le spese per la difesa. «In breve: hanno mentito», ha dichiarato la Federazione generale del lavoro del Belgio (FGTB), denunciando le misure che penalizzano soprattutto lavoratori, pensionati e giovani. Un tema ricorrente nei picchetti è stata la sproporzione nell’impatto delle riforme, con i costi dell’austerità scaricati sulle fasce più deboli della popolazione mentre i grandi capitali restano intoccati. Le nuove politiche – evidenziano i sindacati – colpiscono in modo particolare le donne, già sovrarappresentate nei lavori precari e a tempo parziale. Le riforme sulle pensioni rischiano di rendere ancora più difficile per loro maturare i requisiti per un assegno dignitoso, mentre l’allungamento dell’orario di lavoro e la liberalizzazione dei turni notturni potrebbero aggravare il loro carico di stress. Le organizzazioni femministe, come Collecti.ef 8 maars Ghent, hanno partecipato allo sciopero denunciando il divario salariale e le difficoltà di conciliazione tra vita lavorativa e familiare. Un altro nodo cruciale è rappresentato dalle nuove normative sugli straordinari, che potrebbero aumentare la settimana lavorativa fino a 52 ore, minacciando il benessere fisico e mentale dei lavoratori. «Questo ritmo aumenterà il rischio di malattie legate allo stress e indebolirà ulteriormente la nostra rete di sicurezza sociale», ha avvertito la Confederazione dei sindacati cristiani (ACV-CSC).

Le tensioni tra il governo e i lavoratori non sono nuove. Già a febbraio, centinaia di migliaia di persone erano scese in piazza a Bruxelles contro le politiche dell’esecutivo, in concomitanza con un altro sciopero nazionale. «Oggi il movimento è molto popolare, la gente è stufa. Nessuno vuole lavorare fino a 67 anni per guadagnare meno», ha dichiarato Stefano Scibetta, delegato senior della FGTB. Il Partito dei Lavoratori del Belgio (PTB-PVDA), che ha sostenuto lo sciopero, ha sottolineato come la pressione pubblica abbia già costretto il governo a rivedere alcune proposte. «Abbiamo la sensazione che siano divisi ed esitanti. Più sosteniamo lo sciopero, maggiori saranno le nostre possibilità di bloccare i loro piani di distruzione sociale», ha affermato un rappresentante del partito. I sindacati promettono di non fermarsi qui, annunciando che la battaglia per pensioni dignitose, salari equi e servizi pubblici di qualità è appena iniziata.

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Data articolo: Tue, 01 Apr 2025 12:00:37 +0000

Flash

Migranti in Albania, UE: “Decreto italiano in linea con norme comunitarieâ€

Le strutture italiane per migranti costruite in Albania sono in linea con la legge dell’UE. A dirlo è un portavoce della Commissione europea, dopo l’approvazione del decreto del governo Meloni che modifica il protocollo Roma-Tirana. Il decreto trasforma le strutture, originariamente pensate per l’accoglienza e il trattenimento dei richiedenti asilo, in Centri per il Rimpatrio, destinati a ospitare persone già munite di ordine di espulsione. Esse sarebbero «conformi al diritto UE» poiché al loro interno si applicherebbe «la normativa nazionale». Malgrado l’ok della Commissione, spetta ancora ai giudici nazionali ed europei verificare l’effettiva validità del decreto e la sua eventuale compatibilità col diritto UE.

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Data articolo: Tue, 01 Apr 2025 10:34:17 +0000

tradizionalismo

Abbiamo letto tutto il piano di riforma della scuola di Valditara (forse siamo gli unici)

Il ministero dell’istruzione ha pubblicato le Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025, che presentano le linee guida per le scuole materne, elementari e medie. Sin da ben prima della sua pubblicazione il documento ha attirato fiumi di analisi, commenti, editoriali e dichiarazioni, provenienti da intellettuali e giornalisti che hanno dato risalto a dettagli di poco conto, dando l’idea che nessuno abbia letto il documento per intero. Come tanti hanno scritto, le Nuove indicazioni avanzano un’idea di cultura tendenzialmente tradizionalista, eurocentrica e nazionalista. Lo fanno, tuttavia, non reintroducendo il latino curricolare o proponendo l’apprendimento di poesie a memoria, bensì riformando la visione disciplinare delle materie e il concetto stesso di insegnamento e studente. Noi de L’Indipendente abbiamo deciso di prenderci il tempo necessario per leggere integralmente il documento, per poter presentare nella maniera più corretta e completa possibile le modalità in cui il governo intende declinare la propria idea di scuola e formazione.

Le modifiche introdotte 

Introdotte per la prima volta nel 1999, le indicazioni per la scuola servono a orientare la didattica e organizzare i curricula degli istituti. Il documento di Valditara introduce diverse novità, in primo luogo nell’insegnamento della disciplina storica. Le Nuove indicazioni elencano la lista delle conoscenze obbligatorie attese dagli studenti di elementari e medie, fornendo un lungo catalogo di contenuti da spiegare in classe, suddividendoli anno per anno. Vale la pena notare che questa modalità di presentazione delle conoscenze attese risulta assente in tutte le discipline diverse da quella storica. 

Le indicazioni per la scuola furono introdotte nel 1999, durante il mandato di Luigi Berlinguer come ministro della Pubblica Istruzione.

In generale, alle elementari la storia verrà insegnata sotto forma di narrazione e non più basandosi sulle fonti. Il primo anno deve servire a introdurre l’alunno alla disciplina attraverso lo studio di testi classici come la Bibbia, l’Iliade e l’Odissea; il secondo anno sarà interamente dedicato alla storia d’Italia e la sua costituzione come nazione nel periodo risorgimentale, con abbozzi di educazione civile; dal terzo al quinto anno, infine, lo spazio dedicato alla preistoria e alle società orientali viene ridotto all’osso e l’insegnamento si concentra prevalentemente sulle grandi vicende della storia greca e romana. Alle medie, invece, si partirà da Carlo Magno per arrivare a Mani Pulite, assumendo, come alle elementari, un punto di vista quasi esclusivamente occidentale.

Eurocentrismo e suprematismo 

«Solo l’Occidente conosce la Storia». Sono queste le parole con cui viene presentato l’indirizzo della disciplina storica, che mostrano chiaramente l’intento ideologico del documento. Valditara procede così a spiegare, con toni esplicitamente eurocentrici, le presunte ragioni per cui l’Occidente sia l’unica civiltà degna di fregiarsi di una cultura storica. Questo approccio viene consolidato dalla cancellazione dell’insegnamento della geostoria: essa, infatti, apre a un’interpretazione interdisciplinare della materia e fornisce le competenze basilari per avvicinarsi a quel campo della storiografia definito “Storia Globaleâ€. Questo metodo, sempre più utilizzato in ambito accademico, mira a studiare gli eventi da un punto di vista mondiale, inserendoli all’interno di una narrazione interconnessa su scala – appunto – globale. Preferirvi l’approccio classico della storiografia nazionale, oltre a essere poco al passo coi tempi, riafferma quella stessa logica eurocentrica – e a tratti suprematista – di cui è intrisa la presentazione della materia. 

Sempre in termini disciplinari, anche la riduzione all’essenziale dello studio della preistoria mostra la tendenza ideologica del documento. Negli ultimi anni, infatti, lo studio della preistoria sta venendo messo fortemente in risalto, in virtù dell’evolversi delle discipline scientifiche, dell’antropologia e dell’archeologia. All’interno del dibattito accademico c’è chi sta iniziando a riconsiderare la stessa definizione di “storiaâ€, ripensando quella che per decenni è stata fissata come sua simbolica data di inizio, che viene fatta coincidere con l’avvento della scrittura. La riproposizione dell’insegnamento della storiografia nazionale, focalizzata sul solo «Occidente» a scapito della preistoria, costituisce un enorme passo indietro dal punto di vista disciplinare, sottolineando ancora una volta la tendenza eurocentrica e tradizionalista delle Nuove indicazioni.

Nazionalismo

Giuseppe Valditara, dal 2022 ministro dell’Istruzione e del Merito con il governo Meloni

La volontà di promuovere una lettura della storia tradizionalista ed eurocentrica si traduce in ultima istanza come una proposizione dell’insegnamento della disciplina in chiave nazionalista. Gli intenti nazionalisti sono ben visibili tenendo a mente la chiave di lettura disciplinare che viene proposta dal documento e guardando le conoscenze attese alla fine del secondo anno di elementari. Spiegare a bambini di sette e otto anni la costituzione dell’Italia in senso nazionale, senza prima avere fornito loro un’adeguata introduzione ai metodi della stessa disciplina storica, sembrerebbe costituire un tentativo di indottrinamento in giovane età. Inoltre, dal punto di vista contenutistico e disciplinare, scegliere di isolare il periodo risorgimentale senza avere prima spiegato il processo che ha portato all’emergere dell’idea di Nazione non può che risultare in una lettura della storia faziosa e parziale, intrinsecamente connotata politicamente. 

Nei vari moti nazionalisti che hanno investito l’Europa, i teorici della Nazione risignificano in termini politici quel concetto che fino alla rivoluzione francese non era mai stato connotato politicamente. La Nazione diventa l’espressione di una comunità che detiene la sovranità all’interno di un territorio e, precisamente, quella di un popolo che condivide, a discrezione dei pensatori, lingua, religione, sangue, lignaggio, cultura, luogo di provenienza… i concetti di popolo, patria e Nazione, colorati da una nuova sfumatura politica, finiscono così per fondarsi su elementi precostituiti a cui viene attribuito un valore eterno: non sono solo gli uomini dall’Ottocento in poi a essere italiani, ma lo erano anche Dante, Petrarca e Boccaccio, Galileo e Bruno, l’Ariosto e Tasso, in quanto rappresentanti della “cultura italiana†e dotati di quelle stesse caratteristiche che servono a essere definiti italiani. Spiegare il Risorgimento senza avere prima spiegato come si sia arrivati a dare un nuovo significato al concetto di Nazione, presenta tale concetto non più come frutto di un processo storico, ma come quella stessa verità granitica e assoluta che i risorgimentali gli attribuivano, ritraducendolo ideologicamente.

Individualismo, tradizionalismo e conservatorismo 

Ultima, ma non meno importante, la visione individualista e conservatrice, ben visibile sin dalle prime pagine delle Nuove indicazioni. Il documento muove infatti i primi passi da un’interpretazione del concetto di “persona†come quello di «una realtà che si costituisce attraverso la possibilità di dire “ioâ€Â». Valditara passa poi a parlare dell’importanza di valorizzare le relazioni tra bambini in termini estremamente generici, sfruttando il linguaggio intrinsecamente generale del documento per trasformarlo in vaghezza. In molti hanno lamentato come nelle Nuove indicazioni siano assenti riferimenti diretti ai temi dell’inclusività, dell’uguaglianza di genere, dell’educazione sessuo-affettiva, che vengono in ultima istanza risolti con un rimando al concetto di «bona fides»: insomma, per Valditara la soluzione ultima alle discriminazioni razziali e di genere è che ci si comporti bene l’uno con l’altro. L’educazione al rispetto viene piuttosto profilata in maniera definita solo nell’ottica di osservazione delle regole — come nel caso della grammatica, che serve a «introiettare la cultura della regola» — e della gerarchia verticale, come nei confronti dell’insegnante come «magis» e del «principio di autorità», definito «conquista interiore dell’uomo libero».

Secondo specialisti e associazioni sociali, la completa assenza di riferimenti concreti a programmi integrativi che educhino al rispetto, la mancanza strutturale del principio di uguaglianza di fronte a un’esaltazione della «libertà» presentata come trionfo dell’Occidente e l’insistenza con cui si parla delle capacità individuali e dei «talenti» dei singoli senza metterli in relazione al lavoro condiviso promuovono quella classica visione ultra-individualista e competitiva della scuola. Essa si poggia su una contrapposizione tra il sé e l’altro perfettamente delineata dal concetto di persona come quella cosa che può acquisire «consapevolezza di sé» solo attraverso «la differenza con gli altri io e con il mondo».

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Data articolo: Tue, 01 Apr 2025 10:30:25 +0000

Una piazza per l'Europa

In tutta Italia sono riprese le manifestazioni contro il riarmo, la guerra e la NATO

La piazza voluta da Michele Serra e dal giornale Repubblica lo scorso 15 marzo, ufficialmente «a favore dell’Europa» ma nei fatti a favore del riarmo europeo in vista di una potetica guerra UE contro la Russia, è stata un boomerang. Anziché anestetizzare il mondo pacifista, l’ha risvegliato. In tempi rapidissimi, gli attivisti hanno organizzato due contromanifestazioni a Roma per quel giorno (una indetta dalla sinistra extraparlamentare a piazza Barberini e una, senza bandiere, a Bocca della Verità), oltre a raccogliere centinaia di firme prestigiose contro l’iniziativa di Serra e di Repubblica. Anche a Milano si è riusciti a organizzare una contromanifestazione il 15 marzo in via Mercanti, promossa dal Coordinamento per la pace. Ma non finisce qui: nei giorni successivi, il mondo pacifista ha messo in cantiere, in tutta Italia, una serie di eventi contro il riarmo e per la pace, la maggior parte calendarizzata per i prossimi 4, 5 e 6 aprile.

«L’Europa deve riarmarsi, è finito il tempo della melassa», aveva detto Carlo Calenda alla folla in piazza del Popolo, dando il là al maxi raduno del 15 marzo. Il suo appello è rimasto senza contraddittorio: i rappresentanti della Marcia Perugia Assisi, venuti in piazza con un contro appello a favore del disarmo, si sono visti rifiutare il palco e gli organizzatori hanno «tentato in tutti i modi» di fargli chiudere la loro bandiera arcobaleno. Ampio spazio sul palco, invece, è stato lasciato a chi faceva discorsi sulla superiorità europea (definiti da Guendalina Middei neocoloniali e guerrafondai). 

A fronte di quanto accaduto in piazza, i pacifisti di tutta la penisola si sono dati una serie di appuntamenti per contestare l’attuale Europa guerrafondaia. I giovani romani di Esc Atelier hanno indetto un incontro nazionale di tre giorni (28, 29 e 30 marzo) nella Capitale intitolato Riarm? No! Reset against the war, con campeggio nel prato dello spazio sociale Acrobax. A Firenze, venerdì 28 marzo (ma anche il venerdì precedente), il Coordinamento Fiorentino contro il Riarmo ha organizzato presidi in piazza Sant’Ambrogio per raccogliere firme «contro l’attuale delirante progetto del riarmo europeo». A Bari, sabato 29 marzo gli attivisti della Rete dei Comitati per la Pace di Puglia hanno riempito piazza Umberto con lo slogan «No alla corsa al riarmo, fermare la guerra, tornare all’ONU».  

La maggior parte delle iniziative è stata programmata per venerdì 4, sabato 5 e domenica 6 aprile prossimi e inserita in un calendario online creato dal neo Coordinamento Nazionale No NATO, fondato solo quattro mesi fa (qui la tabella per consultare le iniziative, città per città). Il 4 aprile, per esempio a Napoli verrà organizzato un flash mob per contestare l’anniversario della fondazione della NATO, davanti alla ex base NATO di Bagnoli che andrebbe riconvertita, dicono gli attivisti, in una struttura ad uso civile e sociale; il 5 aprile, sempre a Napoli, ci sarà una iniziativa a Casoria contro la militarizzazione delle scuole, mentre il 6 aprile è previsto un incontro, nella Galleria Principe di Napoli, con la delegazione sudcoreana della PAM (Piattaforma Antimperialista Mondiale) contro le provocazioni belliche statunitensi nel Pacifico. 

Tra tutte le iniziative elencate dal Coordinamento Nazionale No NATO, spicca soprattutto un evento pacifista di inedito carattere collegiale, programmato per sabato 5 aprile a partire dalle ore 13 a Roma, in piazza Vittorio Emanuele. Si tratta della manifestazione Basta soldi per le armi – fermiamoli, promossa dal Movimento Cinque Stelle. Gli attivisti del Coordinamento, mettendo da parte le loro differenze ideologiche, confluiranno nell’evento M5S, con i propri striscioni e le proprie parole d’ordine. Si tratta di un insolito “gesto di unità†da parte del Coordinamento, accolto con favore persino da gruppi storici anti-establishment come Rete NoWar e Donne in Nero, che aderiranno all’evento M5S anch’essi.

L’idea di confluire nell’iniziativa cinque stelle è stata fatta propria anche da un folto gruppo di intellettuali ed attivisti italiani, progressisti ma non seguaci del M5S, come ad esempio lo storico Angelo D’Orsi, l’ex-ambasciatrice Elena Basile, l’autrice satirica Francesca Fornario, il docente Alexander Hobel e l’editor Giulia Abbate – in tutto, più di 400 firmatari di un appello di trasformare, il 5 aprile, «una manifestazione indetta da un singolo partito in una mobilitazione di massa […] contro la guerra e contro le politiche dell’Europa». Anche Luciana Castellina, Luigi Ferrajoli e Gian Giacomo Migone hanno scritto un loro appello a essere presenti all’evento del 5 aprile. 

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Data articolo: Tue, 01 Apr 2025 09:00:12 +0000

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Malesia, incendio in un gasdotto: 63 ricoverati

Nella mattina di oggi, nei pressi di Kuala Lumpur, capitale della Malesia, è scoppiato un incendio in un gasdotto, in seguito al quale sono state ricoverate 63 persone e ne sono rimaste ferite oltre un centinaio. Da quanto comunicano le autorità, le persone ricoverate hanno riportato ustioni, problemi respiratori e altre lesioni di diversa gravità. Il gasdotto appartiene alla società energetica statale Petronas e, dalle prime ricostruzioni, ci sarebbe stata una fuga di gas. L’incendio ha colpito almeno 49 abitazioni, intrappolando gli abitanti all’interno degli edifici. Le operazioni di soccorso sono ancora in corso.

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Data articolo: Tue, 01 Apr 2025 07:42:35 +0000

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