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#motociclismo #news #insella.it
“Chi assume farmaci regolarmente prescritti non ha niente da temereâ€. Così il Vicepresidente del Consiglio e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini a proposito della guida dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti
Assai discussa, la riforma del Codice della Strada ha sollevato non poche polemiche, specialmente per ciò che riguarda la guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacentu. In molti, hanno evidenziato infatti il rischio di vedersi multati solo per aver assunto sostanze - magari diverse ore o giorni prima - regolarmente prescritte dal medico, quali ad esempio benzodiazepine, barbiturici, analgesici oppiacei, antistaminici e cannabis terapeutica. Sulla questione è nuovamente intervenuto Matteo Salvini che, pur ignorando il serio ed evidente problema relativo all’arco temporale assunzione - rilevamento, ha rassicurato i cittadini spiegando che: "chi assume farmaci regolarmente prescritti non ha niente da temereâ€. Il Vicepresidente del Consiglio e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, che di fatto non ha aggiunto nulla a ciò che già si sapeva, considerato che ci sono sempre state, ben prima della riforma del Codice, sostanze che richiedono specifiche prescrizioni prima di mettersi alla guida, ha detto che, qualora un guidatore con regolare prescrizione dovesse risultare positivo al test, gli basterà esibire la documentazione medica. Quindi, niente multa e niente ricorso? Questo non ci è dato saperlo. Di seguito la lettere inviata dal ministro e pubblicata sulla Gazzetta dello Sport.
“Gentile direttore, ho letto con attenzione l’articolo sui farmaci e i rischi con l’entrata in vigore delle riforme al Codice della strada. Per prima cosa, voglio ringraziare la Gazzetta dello Sport per l’attenzione che ha sempre dimostrato su temi così delicati, e mi preme segnalare che nei primi 30 giorni con le nuove norme abbiamo avuto 508 incidenti e 43 morti in meno secondo i dati di Polizia e Carabinieri. Per il resto, lo diciamo forte e chiaro: chi assume medicinali prescritti dal proprio dottore, seguendo le indicazioni e le dosi corrette, non ha nulla da temere. Benzodiazepine, barbiturici, analgesici oppiacei, antistaminici e cannabis terapeutica sono sostanze che da sempre prevedono precise prescrizioni e raccomandazioni prima di mettersi alla guida. Esattamente come in passato.
La riforma introduce strumenti più chiari e moderni per garantire la sicurezza di tutti, pescando chi assume sostanze pericolose e fortemente alteranti come le droghe. In caso di positività ai test precursori è previsto un esame di secondo livello (che si effettua con una metodica analitica di conferma), eseguito in laboratorio, ancora più preciso e che va ad individuare solo ed esclusivamente gli stupefacenti su cui abbiamo tolleranza zero. E che non c’entrano con i farmaci. Una misura di buonsenso, richiesta a gran voce da chi ogni giorno lavora sulle nostre strade e spesso perde la vita a causa dell’irresponsabilità altrui; prima il Codice della strada parlava di "evidente stato di alterazione" da collegare all’assunzione di droghe alla guida, una formula quasi impossibile da attuare concretamente e che rendeva i controlli delle forze dell’ordine difficili ed inefficaci.
I test non sono a caso: sono studiati per individuare molecole ben precise: il thc, gli oppiacei, la cocaina, le anfetamine. Non altro! Prevengo l’obiezione: alcuni soggetti potrebbero prendere alcune "sostanze vietate" a scopo terapeutico, come la cannabis. Ma in questi casi sarà sufficiente esibire la documentazione medica. I numeri parlano chiaro. Ad un mese dall’entrata in vigore delle nuove norme, come ho anticipato all’inizio, leggiamo un trend confortante: meno 8,6% di incidenti stradali e meno 34% di vittime nel periodo tra il 14 dicembre 2024 e il 13 gennaio 2025, raffrontato con lo stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta dei dati raccolti da Polizia di Stato e dall’Arma dei Carabinieri. Sulle 107.290 violazioni rilevate 138 riguardano la guida sotto effetto di stupefacenti, ben 2.499 sono le infrazioni rilevate per uso scorretto del cellulare alla guida. Com’è evidente, nessun accanimento. Idem per l’alcol, dove abbiamo confermato i limiti e le sanzioni già previste in passato perché ritenute sufficienti.
Per questo il mio invito è: lavoriamo insieme per strade più sicure e regole più giuste, senza allarmismi e con buonsensoâ€.
L'imponente cruiser a otto cilindri della cinese Great Wall Motor è stata presentata al CES di Las Vegas, segnale di un possibile sbarco della casa sui mercati internazionali.
La Souo S2000, imponente cruiser a otto cilindri prodotta dalla Great Wall Motor (GWM), ha fatto la sua comparsa al Consumer Electronics Show (CES) di Las Vegas, alimentando le voci di un possibile sbarco del brand cinese sui mercati internazionali. Dopo il debutto in Cina lo scorso anno, dove i primi 288 esemplari della "prima serie" sono andati esauriti in breve tempo (peraltro nonostante un prezzo paragonabile a quello di una Honda Gold Wing), la S2000 si presenta al mondo come una vera e propria dichiarazione di intenti da parte di GWM, che pare voglia sconfinare nel terreno di caccia dei grandi marchi.
La Souo S2000, del resto, nasce con l'ambizione di sfidare apertamente la Honda Gold Wing, punto di riferimento nel segmento delle cruiser di lusso. Per raggiungere questo obiettivo, Souo ha puntato su una ricetta fatta di eccesso e tecnologia: un motore boxer otto cilindri da 2 litri, un cambio DCT a otto rapporti con retromarcia, una potenza di 152 CV e una dotazione elettronica di prim'ordine. Tra le caratteristiche più impressionanti della S2000 troviamo un display touchscreen da 12,3 pollici, il più grande mai visto su una moto, gestito da un chip Snapdragon 8155 (quello montato su alcuni dei più moderni smartphone). Non mancano un impianto stereo a otto altoparlanti, comandi vocali, manopole e selle riscaldate e un radar posteriore per il monitoraggio dell'angolo cieco. Il telaio in alluminio, vagamente ispirato a quello della Gold Wing, adotta una sospensione anteriore di tipo Hossack, simile a quella della BMW K 1600.
Il motore 8 cilindri è decisamente un bel gioiellino di meccanica
Sebbene Souo non abbia ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito alla commercializzazione della S2000 al di fuori della Cina, la presenza della moto al CES suggerisce che l'azienda stia seriamente considerando l'espansione sui mercati internazionali. La S2000, infatti, è solo la prima di una serie di moto che andranno a comporre la gamma Souo, tra cui una cruiser con lo stesso motore otto cilindri e uno stile che ricorda la Honda Rune. Insomma: se son rose, fioriranno a EICMA.
La famiglia delle crossover sportive di Hinckley raddoppia alla Tiger Sport 660 si affianca la Tiger Sport 800 dedicata ai motociclisti più esperti: esteticamente è simile alla sorellina minore, ma ha contenuti tecnici più ricchi e prestazione più elevate. L'abbiamo provata in anteprima nel sud del Portogallo, dove purtroppo le condizioni meteo non sono state dalla nostra: l'asfalto bagnato, però, ha permesso di saggiare meglio il grande potenziale di questa crossover.
Quando arrivano le curve ci si diverte parecchio
L'aspetto è simile a quello della 660 presentata tre fa. Le linee sono affilate e fanno subito capire di che pasta è fatta, ma la 800 offre anche una migliore protezione dall'aria, grazie ai deflettori sul cupolino e al parabrezza regolabile in altezza con una sola mano. Inedito il motore da 798 cm3, rigorosamente tre cilindri in linea come da tradizione della casa inglese: è in grado di erogare 115 CV a 10.750 giri/min, ma convince in particolare per la curva di erogazione della coppia, ricca e costante dai bassi fino agli alti regimi. Il telaio in tubi di acciaio e il forcellone in alluminio sono supportati da sospensioni firmate Showa: davanti la forcella a steli rovesciati da 41 mm ed è completamente regolabile, mentre al posteriore il mono si regola in estensione e precarico (quest'ultimo con pomello sul fianco sinistro).
Il tris di valigie (optional) ha una capienza complessiva di 57 litri
I freni fanno affidamento su una coppia di dischi da 310 mm e pinze radiali a quattro pistoncini per l'anteriore e un disco da 255 mm al posteriore. Sotto al naso del guidatore è presente un cruscotto digitale con schermo LCD e TFT, soluzione che siamo abituati a vedere sugli ultimi modelli Triumph. Il design è un po' semplice, ma ci sono tutte le informazioni di bordo necessarie ed è facile gestire le varie funzionalità tra cui la connettività con lo smartphone. Il pilota ha a disposizione tre mappe motore (Road, Rain e Sport) personalizzabili e di serie ci sono anche il controllo di trazione e l'ABS cornering, il cruise control e il cambio elettronico bidirezionale.
Il cruscotto ha due schermi uno TFT e l'altro lcd, nel complesso s0no ben leggibili, anche s ela grafica è un po' semplice
La posizione di guida è accogliente anche per chi supera il metro e ottanta di statura e il profilo snello della sella (altezza 83,5 cm) permette di mettere con sicurezza i piedi a terra. La carena e il cupolino proteggono bene busto e gambe, lasciando scoperti avambracci, spalle e testa. Alzando il plexiglass si ha ancora più riparo dall’aria, ma si creano un po’ di turbolenze che a velocità autostradali colpiscono fastidiosamente il casco. Fin dai primi metri si viene conquistati dal motore docile e ben gestibile anche a velocità urbane. Ai bassi regimi riprende senza un sussulto, invogliando ad usare anche le marce alte. La coppia è ricchissima e l’erogazione fluida a tutti i regimi, mentre agli alti si viene conquistati dalla voce vigorosa e dall'ottimo allungo, in grado di soddisfare anche gli amanti della guida sportiva.
La Tiger Sport 800 tra le curve è molto efficace: l’anteriore è stabile e svelto, la ciclista bilanciata e le sospensioni ben tarate permettono di avere sempre tutto sotto controllo per divertirsi in sicurezza anche in condizioni di bagnato. Merito anche delle gomme di primo equipaggiamento Michelin Road 5, ma soprattutto dell’elettronica, facile da usare e pronta ad intervenire solo quando strettamente necessario. Il cambio elettronico funziona molto bene anche a bassi regimi, mentre la frenata convince, è potente ma modulabile: l’ABS si fa sentire solo al posteriore ma senza essere troppo invasivo.
La nuova Triumph Tiger Sport 800 arriverà nelle concessionarie a marzo 2025. La gamma colori è composta da quattro tinte: Graphite, Sapphire Black, Cosmic Yellow e Caspian Blue. Il prezzo di listino parte da 11.995 euro f.c., ma per le tre ultime tinte (più esclusive) bisogna aggiungere 100 euro. In ogni caso le cifre sono interessanti considerando che la diretta concorrente, la best seller del segmento Yamaha Tracer 9, è in vendita a 12.199 euro. Già pronta una ricca gamma di accessori originali tra cui una set di valigie da 57 litri in totale, paramani e manopole riscaldate, tris che potrebbe essere proposto come pacchetto anche in Italia.
La nuova crossover inglese ha tanto carattere. Il tre cilindri spinge forte e la ciclistica permette di divertirsi su ogni percorso, compreso quello casa-ufficio...
Motore | tre cilindri in linea |
Cilindrata (cm3) | 798 |
Raffreddamento | a liquido |
Alimentazione | a iniezione |
Cambio | a 6 rapporti |
Potenza CV (kW)/giri | 115 (84,6)/10.750 |
Freno anteriore | a doppio disco |
Freno posteriore | a disco |
Velocità massima (km/h) | nd |
Altezza sella (cm) | 83,5 |
Interasse (cm) | 142,2 |
Lunghezza (cm) | 207,3 |
Peso (kg) | 214 |
Pneumatico anteriore | 120/70 R17 |
Pneumatico posteriore | 180/55 R17 |
Capacità serbatoio (litri) | 18,5 |
Riserva litri | nd |
Grazie alle intuizioni dell'ingegner Corradino D’Ascanio lo scooter di Pontedera ha conquistato il mondo
Quella che portò alla nascita della Vespa è una storia lunga e complicata, cominciata a Pontedera sul finire della guerra. Protagonista il genio dell'ingegner Corradino D’Ascanio che riuscì a coniugare la necessità di convertire la produzione Piaggio da bellica a civile ed il bisogno di nuovi mezzi di trasporto che fossero semplici ed economici.
Nell’ultimo e tormentato periodo di guerra, alla Piaggio si presentò il problema, alquanto complesso, della trasformazione degli stabilimenti che producevano motori, eliche e aeroplani per l’aeronautica militare, per adattarli ad un‘economia di pace. La “soluzione†pareva scontata: l’enorme carenza dei mezzi di trasporto, la totale disorganizzazione delle linee ferroviarie e di tutti gli altri mezzi collettivi di locomozione, nonché il bisogno sempre crescente di riallacciare le comunicazioni e di riprendere più rapidi contatti al fine di favorire la ripresa del lavoro, palesarono infatti la necessità , da parte di un gran numero di persone, di poter disporre di un veicolo veramente “utilitarioâ€, d’impiego pratico, di minimo consumo e, non meno importante, di costo limitato.
Avvenuta la liberazione del Nord, Corradino D’Ascanio si recò dalla Toscana, dove era rimasto durante l’avanzata alleata, a Biella, e fu subito incaricato dal Dottor Enrico Piaggio di iniziare lo studio e il progetto di una moto “veramente utilitariaâ€.
D’Ascanio era un progettista aeronautica, non aveva mai approfondito la meccanica motociclistica, per lo meno mai da un punto di vista puramente costruttivo. Probabilmente proprio il fatto di non essere un vero motociclista gli permise di inventare soluzioni mai viste prima sulle due ruote. Infatti aveva osservato nelle moto quei difetti di praticità e d’impiego che l’avevano per forza di cose sempre tenuta un poco lontana dalla massa che pure desiderava un veicolo del genere.
Staccato dalla tradizione tecnica motociclistica dell’epoca, D’Ascanio poté considerare il problema con mentalità del tutto nuova e concepire un mezzo di locomozione seguendo nuovi e più intuitivi criteri. Uno su tutti dare una moto a chi non era mai stato un motociclista. Cosa che da sola evidenzia il carattere distintivo della Vespa, non va dimenticato che, nell’idearla, D’Ascanio aveva preso a mo di esempio, o come base di partenza, non tanto le moto quanto le automobili, a ragione considerate più comode, più confortevoli e più “razionaliâ€.
Ricordando ad esempio le numerose occasioni in cui, ai margini della strada, aveva visto motociclisti alle prese con la riparazione della camera d’aria smontata dal cerchione, D’Ascanio pensò, come prima cosa, che una foratura non dovesse in alcun modo costituire, per il motociclista, un problema da meccanico, come non lo era già a quei tempi per un automobilista. Ecco quindi che la Vespa nacque con sospensioni monobraccio (quella anteriore ispirata ai carrelli degli aerei) che rendevano facile smontare la ruota per sostituirla con quella di scorta montata nel retroscudo.
Il fatto che la nuova moto dovesse servire per un impiego utilitario e di vasta accessibilità gli impose di risolvere il problema di come inforcare comodamente il mezzo: perché starsene scomodi a cavalcioni su di un telaio che costringe ad alzare la gamba per montare in sella? La soluzione era un telaio aperto come quello delle biciclette delle donne che permettesse di muoversi agevolmente anche indossando un cappotto liungo.
Per ingegnere poi la posizione di guida doveva essere comoda e rilassata, come quella che si assumeva sui sedili di un'automobile, ecco quindi spiegato l'ampio spazio per le gambe e la posizione di guida eretta "da Vespa" con una morbida e larga sella per il pilota...
Un altro problema da risolvere era quello di facilitare al massimo la manovrabilità della moto, specie tenendo conto del suo impiego nel traffico cittadino. Molte delle moto che circolavano nel primo dopoguerra erano residuati bellici lasciati dagli alleati e riconvertite all'uso civile, questi modelli, in particolare americani, avevano il cambio a leva come sulle automobili... Per D'Ascanio era un grave impaccio, perché il pilota doveva sempre avere le mani sul manubrio. Ecco quindi nascere il classico comando del cambio a manopola della Vespa.
I motori dell’epoca trasudavano olio e benzina che andavano a sporcare i vestiti dei motociclisti,una vera scocciatura e per questo per D'ascanio non solo il motore doveva essere il più lontano possibile dal pilota, ma anche coperto da un guscio protettivo. Fu da quest’idea che nacque la trasmissione senza catena, con il cambio in linea e compreso nel gruppo ruota-motore posteriore.
Se l’automobile fu presa da Corradino come esempio di praticità ed utilità , le conoscenze maturate nel settore aeronautico (quello in foto è il prototipo del pd3 ideato da D'Ascanio) furono altrettanto indispensabili per lo sviluppo della nuova Vespa. Esempi ne sono il supporto monotubo per la ruota anteriore che, sostituendo la tradizionale forcella, permetteva di fatto una più rapida sostituzione della ruota, nonchè, in base alle legge dell’aviazione secondo cui la leggerezza non deve mai pregiudicare la robustezza l’utilizzo di una carrozzeria - o scocca portante - in lamiera al posto del telaio a tubi. E così, non senza difficoltà - considerato che si doveva iniziare a produrre con un’impostazione del tutto nuova e antitradizionalista - nell’aprile 1946, i primi esemplari della Vespa di serie uscivano dagli stabilimenti della sede di Pontedera che, già completamente distrutti, tornavano a nuova vita.
Corradino D’Ascanio nasce nel 1891 a Popoli, Pescara. Studia al Liceo F. Galliani di Chieti e si laurea in Ingegneria Meccanica al Politecnico di Torino nel 1914.
Si trasferisce negli Stati Uniti nel 1918, in qualità di segretario tecnico di Ernesto Pomilio, amministratore delegato della Pomilio Browers Corporation. Collabora, inoltre, con il progettista Ugo Veniero D’Annunzio, figlio di Gabriele, al Technical Buro of Costruction della Caproni Aerroplanes di Detroit. Rientra in Italia nel 1919 ed apre uno studio a Popoli. Del 1929 arriva il brevetto dell’elicottero a stabilità automatica e comandata. Nel 1930 il D’At3 conquista tre primati internazionali: durata con ritorno senza scalo; distanza in linea retta senza scalo; altezza sul punto di partenza.
Nel 1931 D’Ascanio assume la direzione dell’Ufficio Studi della sezione eliche presso la Piaggio di Pontedera. Dal 1937 al 1961 insegna Disegno e Progetto di Macchine all’Università di Ingegneria di Pisa. Nel 1945 Enrico Piaggio lo incarica del progetto MP6. Al prototipo, costruito nel 1946, verrà dato il nome di Vespa. Nel 1961 D’Ascanio conclude la sua attività con la Piaggio ed inizia a collaborare con l’Agusta. Muore a Pisa nel 1981.
Kawasaki annuncia a sorpresa il ritorno alla produzione di moto da cross a 2 tempi, scatenando l'entusiasmo degli appassionati. Ancora ignote le caratteristiche tecniche dei nuovi modelli.
Con un annuncio a sorpresa sui propri canali social, Kawasaki ha svelato l'intenzione di tornare a produrre moto da cross a 2 tempi. La notizia ha ovviamente fatto il giro del mondo dell'off-road generando un'ondata di entusiasmo e curiosità tra gli appassionati. Dopo vent'anni di assenza, le leggendarie KX a miscela sono pronte a tornare in scena, promettendo di rivoluzionare il mercato e di riaccendere la sfida con i competitor europei, da tempo dominatori del settore. Al momento, Kawasaki non ha rilasciato informazioni dettagliate sulle caratteristiche tecniche dei nuovi modelli. È lecito però aspettarsi l'arrivo di una KX 125 e di una KX 250 oppure chissà , magari anche una cilindrata maggiore. Resta da capire se le nuove KX adotteranno un telaio in alluminio o in acciaio, e se il motore sarà alimentato a carburatore o a iniezione. Quasi certamente, entro il prossimo EICMA ne sapremo di più.
Il ritorno del 2 tempi in casa Kawasaki potrebbe rappresentare una svolta epocale nel settore del motocross. Questa tipologia di motore, apprezzata per la sua semplicità , leggerezza e erogazione esplosiva, ha vissuto un periodo di declino a causa delle normative antinquinamento sempre più stringenti. Tuttavia, negli ultimi anni si è assistito a una rinnovata popolarità del 2 tempi, grazie anche all'impegno di alcuni costruttori europei che hanno continuato a investire in questa tecnologia. La scelta di Kawasaki potrebbe spingere anche altri colossi giapponesi a riconsiderare la produzione di moto a 2 tempi, riaprendo un capitolo importante nella storia del motociclismo off-road. Insomma, quella che andrà a interrompersi a breve sarà una pausa lunga vent'anni, Kawasaki ha infatti interrotto la produzione di moto da cross a 2 tempi nel 2005, concentrando i propri sforzi sui modelli a 4 tempi. L'ultima KX 250 2T fu portata in gara da James Stewart, uno dei piloti più talentuosi e spettacolari di sempre. Da allora, le KX a miscela sono diventate oggetti di culto per gli appassionati, e il loro ritorno è stato a lungo atteso e richiesto a gran voce. Ora sembra che il momento sia davvero arrivato.
Sono moto da fuoristrada ma non estreme, quindi in grado di cavarsela bene sia su strada che sugi strerrati
Nonostante la grave crisi, KTM ha pronti parecchi nuovi modelli. Le nuove 125 Enduro R e 390 Enduro R presentate a EICMA 2024 ora sono praticamente pronte e segnano l’ingresso di KTM in un nuovo segmento di mercato, quello delle dual-sport di piccola cilindrata. Moto da fuoristrada ma non estremo, in grado di cavarsela bene sia su strada che sulla terra. Hanno moltissimi punti in comune con i modelli supermoto appena presentati, ma con una vocazione offroad che ha portato a sospensioni a lunga escursione, ruote a raggi da 21“ e 18†e un nuovo cruscotto TFT dalle dimensioni molto contenute.
Esteticamente filanti ma aggressive, hanno la carica di grinta che viene dai colori di battaglia della Casa austriaca, arancio, nero e bianco, e sfoggiano un compatto serbatoio in metallo da 9 litri, convogliatori avvolgenti ma non ingombranti che lasciano parzialmente in vista il telaio a traliccio, e il parafango posteriore sottile e sfuggente.
Il motore monocilindrico è raffinato e dotato sulla 390 di due mappature
Una silhouette decisamente azzeccata per vestire una ciclistica incentrata sul telaio a traliccio in tubi di acciaio realizzato in due parti e basato sulla piattaforma Gen 3, la stessa dei modelli Duke. La differente destinazione però ha portato a misure diverse: in particolare l’inclinazione del cannotto di sterzo che qui è più aperto, 26,9° contro i 24° della naked, e poi le piastre di forcella con riser da 25 mm e un nuovo telaietto posteriore imbullonato come sulle offroad specialistiche, che garantisce maggiore resistenza e stabilità . Sempre per via delle differente destinazione, il nuovo telaio offre maggiore spazio per il radiatore e per la ruota anteriore di maggior diametro, 21â€, così come è differente la posizione delle pedane, adatta alla guida in fuoristrada. Sia la 125 che la 390 montano forcelle WP APEX a steli rovesciati di 43 mm Ø a cartuccia aperta, ma quella della versione di maggior cilindrata è regolabile senza bisogno di attrezzi nel freno in compressione e in estensione, mentre quella della più piccola non ha possibilità di regolazione. Analogamente, entrambe hanno una sospensione posteriore con unico ammortizzatore WP APEX in posizione disassata e forcellone derivato da quello della Adventure, ma la 125 può venire regolata soltanto nel precarico mentre nella 390 si può intervenire anche sul freno in estensione. Sia all’anteriore che al posteriore l’escursione è di 230 mm.
I cerchi sono di 21†all’anteriore e 18†al posteriore, equipaggiati con pneumatici Metzeler Karoo rispettivamente 90/90-R21 e 140/80-R18.
I motori di entrambi i modelli sono i monocilindrici della nuova generazione LC4c che hanno debuttato sulla gamma Duke 2024. La seconda lettera “c†sta per “compattoâ€, perché sono stati riprogettati completamente, in particolare per quanto riguarda testa, cilindro e cambio. Il motore della 390 è stato portato a una cubatura di 399 cm³ effettivi aumentando la corsa fino a 64 mm e lasciando inalterato l’alesaggio di 89 mm. Ha la distribuzione doppio albero a camme in testa ed è alimentato da un sistema Bosch EFI con valvola a farfalla di 46 mm Ø. Il raffreddamento è a liquido e la frizione è multidisco in bagno d’olio PASC a comando meccanico, il cambio è a sei marce. La Casa dichiara una potenza di 33 kW. Il 125 cm³ ha la stessa architettura ma la distribuzione è monoalbero a camme in testa. Qui le misure di alesaggio di corsa sono 58 x 47,3 mm e la potenza dichiarata è di 11 kW con una coppia di 11,5 Nm. In entrambi i casi lo scarico in acciaio inossidabile non necessita di silenziatore finale e consente un risparmio di peso di 2 kg.
Le due Enduro R sono dotate di ABS Bosch 10.3 MB a due canali. Per la 390 sono disponibili due modalità di guida: Street e Offroad. La prima è calibrata per un utilizzo stradale, la seconda consente lo scivolamento della ruota posteriore e un maggior sollevamento di quella anteriore per affrontare gli ostacoli. Il controllo di trazione cornering può essere completamente disattivato ed è possibile scegliere tra ABS Road Cornering, ABS Offroad e ABS disattivato. Il cruscotto TFT da 4,2†può venire connesso allo smartphone, le luci sono a LED.
L’arrivo ai concessionari delle nuove KTM 125 Enduro R e KTM 390 Enduro R 2025 è previsto per il mese di marzo. Costeranno rispettivamente 5730 € e 6780 €.
Il direttore esecutivo di Mercedes F1 si lascia andare ai ricordi, parlando di un test segreto. "Era andato a Jerez a nostra insaputa". Il campione inglese aveva girato con una Yamaha R1, ma sulla prestazione c'è qualche dubbio
Ora che Lewis Hamilton è un pilota Ferrari, il suo ex “datore di lavoro†Toto Wolff, gran capo delle operazioni in Mercedes, è un po' più incline a parlare del passato, rivelando anche gustosi retroscena della convivenza nei 12 anni trascorsi con la scuderia tedesca. Parlando al podcast Armchair Expert, il direttore esecutivo di Mercedes F1 ha rivelato che Hamilton avrebbe girato "a 4 secondi dai tempi della MotoGP, con una superbike a Jerez de la Frontera". Verità vera o racconti leggendari? Difficile dirlo.
Lewis Hamilton è un grande appassionato di moto, tanto che qualche anno fa riuscì addirittura a provare la Yamaha MotoGP di Valentino Rossi a Valencia e il suo nome è stato indicato come legato all'acquisto di vari team del motomondiale – operazioni tutte smentite-. Prima si è accostato il nome del sette volte campione del mondo F1 a Gresini Racing, poi alla agonizzante KTM.
Il pilota inglese aveva in Mercedes – non si sa se è lo stesso in Ferrari- delle clausole esplicite che gli vietavano di allenarsi con moto sportive in pista, proprio perché la sua passione non andasse a mettere a rischio l'impegno con le quattro ruote. A quanto pare però, qualche scappatella c'è stata.
L'amore di Lewis per le moto lo spinse a svolgere anche una sessione di test privati a Jerez de la Frontera nel 2018, in quel caso in sella alla Yamaha YZF-R1 con specifiche superbike. Operazione svolta in gran segreto, tenendo all'oscuro anche Mercedes. Nel corso della giornata, Hamilton rischiò seriamente di infortunarsi per una caduta, dalla quale l’attuale pilota della Ferrari uscì illeso. Dell'episodio venne a conoscenza il Team Principal Toto Wolff solo dopo una conversazione telefonica avvenuta con uno dei suoi ingegneri. “Lewis non mi aveva detto nulla, ma era andato a fare un test a Jerez. Non riuscivo a contattare uno dei miei ingegneri, che è un appassionato di moto, e non riuscivo a contattare Lewis. Quando finalmente sono riuscito a parlare con il suo ingegnere, mi ha detto: va tutto bene, abbiamo finito e qualsiasi cosa dovessi venire a sapere, Lewis sta bene. Allora gli chiesi cosa fosse successo e lui mi rispose che era caduto. Mi hanno detto che era a soli quattro secondi dai professionisti della MotoGP. Incredibile. Questa sensibilità è ciò che lo rende un campioneâ€.
A confermare il test è lo stesso Michael van der Mark, oggi pilota BMW, al tempo in Yamaha. “Non aveva affatto paura, anche se gli avevamo detto di rallentare. Non aveva paura e cercava di affrontare le curve il più velocemente possibile. Era circa sette secondi più lento di noi piloti Yamaha WSBK. Ma è stato più veloce della maggior parte dei dilettanti in pistaâ€. Insomma, 7 secondi dai tempi del mondiale sbk non sono certo 4 secondi dai crono della MotoGP e la sensazione è che la cronaca si sia mescolata un po' alla leggenda. Questo non toglie che i tempi fossero comunque buoni, anche in una dimensione più “umanaâ€.
La nuova Speed Triple 1200 RS ha una ciclistica affilata e un pacchetto di elettronica di prima categoria. Sarà disponibile da aprile
Triumph ha svelato la nuova generazione della Speed Triple 1200 RS, la naked di Hinckley si evolve con un motore a tre cilindri da 1160 cm3 ancora più performante. La potenza massima raggiunge ora i 183 CV a 10.750 giri/min, con un incremento di 3 CV rispetto alla versione precedente, mentre la coppia massima tocca i 128 Nm a 8.750 giri/min (+3 Nm). Il risultato, secondo la casa, porta a una spinta vigorosa ai bassi regimi e un allungo bruciante agli alti, per prestazioni di assoluto rilievo sia su strada che in pista. Rivista anche l'erogazione, ottimizzata per garantire una risposta immediata all'acceleratore e una curva di potenza fluida e lineare.
Nuovo anche il sistema di scarico, più leggero e compatto, studiato per migliorare il flusso dei gas senza snaturare il classico sound del tre cilindri inglese. E se volete di più, tra gli accessori, è disponibile un silenziatore AkrapoviÄ in titanio e fibra di carbonio.
La nuova Speed Triple 1200 RS adotta sospensioni semi-attive Öhlins Smart EC-3 di ultima generazione, caratterizzate dalla presenza di una "spool valve" che garantisce una regolazione più rapida e precisa. Il sistema offre un'ampia gamma di settaggi personalizzabili tramite l'interfaccia OBTi (Objective Based Tuning Interface), che consente al pilota di intervenire su sette parametri: rigidità anteriore e posteriore, supporto in frenata, accelerazione, accelerazione da fermo, curva e velocità di crociera. L'impianto frenante Brembo si affida a pinze Stylema e a una pompa radiale MCS per offrire una potenza frenante "da gara" e un controllo ottimale in ogni situazione. Di qualità assoluta anche le "scarpe" di primo equipaggiamento: Pirelli Diablo Supercorsa SP V3.
Il doppio faro, un segno più che distintivo
La Speed Triple 1200 RS è stata progettata per offrire al pilota una posizione di guida sportiva ma confortevole, con un manubrio più largo e alto rispetto al modello precedente. La sella, stretta e ben sagomata, favorisce il controllo della moto e una connessione ottimale tra pilota e mezzo. Il peso in ordine di marcia è di soli 199 kg, grazie anche all'adozione di una nuova batteria agli ioni di litio più leggera e compatta.
La nuova Speed Triple 1200 RS sfoggia un design aggressivo e moderno, caratterizzato da linee tese e superfici scolpite. Il serbatoio, muscoloso e filante, si integra con il codino corto e affilato, che ospita un gruppo ottico a LED compatto. Il frontale è dominato dal classico e intramontabile doppio faro, mentre il forcellone monobraccio contribuisce a rendere la linea ancora più dinamica e sportiva.
L'impianto frenante Brembo si affida a pinze Stylema e a una pompa radiale MCS per offrire una potenza frenante "da gara"
La dotazione tecnologica è completa: la strumentazione TFT a colori da 5 pollici offre un'interfaccia intuitiva e personalizzabile, con la possibilità di visualizzare tutte le informazioni necessarie durante la guida. Il sistema di connettività My Triumph, di serie, permette di gestire le telefonate, la musica e la navigazione turn-by-turn direttamente dal display della moto. Non mancano il cruise control, l'ABS e il traction control ottimizzati per l'utilizzo in curva, il Triumph Shift Assist per cambiate rapide senza frizione e il sistema keyless per l'avviamento, il bloccasterzo e l'apertura del tappo del serbatoio.
La nuova Speed Triple 1200 RS sarà disponibile nelle concessionarie Triumph a partire da aprile 2025, in tre colorazioni: MNera, grigio/rossa e grigio gialla. Il prezzo di listino parte da 20.295 euro.
Nonostante i ricchi finanziamenti, la neozelandese UBCO è entrata in amministrazione controllata. Purtroppo, non è la prima casa "elettrica" a finire a gambe all’aria
Le due ruote elettriche (i dati sulle vendite parlano chiaro) fanno fatica. Molti produttori di moto a batteria stanno finendo gambe all'aria, schiacciati da costi insostenibili e una competizione feroce. L’anno scorso, ad esempio, è toccato a Cake, che dopo il tracollo è stata rilevata da un concessionario. Ora sembra essere il turno di UBCO, una startup neozelandese che aveva fatto parlare di sé grazie alle sue e-bike 2x2 a trazione integrale. Un punto di forza era stato l’accordo con Australia Post per la fornitura di e-bike dedicate alla logistica postale, traguardo che aveva portato a significativi finanziamenti e grande fiducia nel progetto.
Eppure, dietro questa facciata promettente, UBCO si è trovata a fare i conti con problemi finanziari che l’hanno portata sull’orlo del fallimento: la società è entrata in amministrazione controllata, sospendendo le operazioni e licenziando il personale. Tra i principali creditori spicca Callaghan Innovation, a cui UBCO deve una somma considerevole. Una situazione che appare insostenibile.
Nonostante la gravissima crisi, l’amministrazione controllata non significa necessariamente fine certa. UBCO potrebbe ancora essere acquisita o rilanciata sotto una nuova proprietà , seguendo l’esempio di altre aziende simili che hanno trovato una seconda vita. Tuttavia, la situazione rimane altamente incerta e i debiti accumulati rappresentano un ostacolo difficile da superare.
È comoda come una crossover e veloce come una sportiva. Ha ottime sospensioni ma il comando dei freni è un po' spugnoso
La GX affianca la naked S e la sport-touring GT, quella in prova è la versione Sport che costa 19.000 euro e ha le borse laterali, la sella premium, le manopole riscaldabili, il parabrezza fumé e il terminale di scarico Akrapovic.
La GX si riconosce subito per i fari a LED e le forme “spigolose†che creano le canalizzazioni necessarie per gestire i flussi d’aria, migliorando aerodinamica e comfort. Il plexiglas basso e fumé è regolabile su tre posizioni, ma l’operazione richiede gli attrezzi (e un po’ di abilità meccanica). Lo schermo TFT da 6,5†della GX offre due modalità di retroilluminazione. Con l’app mySPIN si possono gestire contatti, telefono, mappe, musica e calendario. Accanto al blocchetto sinistro c’è il pulsante per attivare il riscaldamento delle manopole. I vari sistemi elettronici invece si gestiscono attraverso il joystick circolare e il tasto di conferma, entrambi sul blocchetto sinistro.
Il cruscotto a colori si connette al cellulare e si vede bene
Nella versione Sport della Suzuki la sella“premium†(realizzata con un doppio strato di poliuretano) è fornita di serie. Su quella del passeggero compare la sigla della moto. I dischi anteriori hanno un diametro di 310 mm: l’ABS è cornering (grazie alla piattaforma inerziale) e gestisce la frenata anche a moto piegata.
La dotazione di serie della Suzuki comprende le sospensioni semiattive con quattro livelli di smorzamento (Hard, Medium, Soft, Utente), tre mappe motore (Active, Basic, Comfort), l’ABS con funzione cornering, l’assistenza per le partenze in salita, il traction control su 7 livelli (+off) e l’anti-impennata. In allestimento Sport offre di serie le valigie rigide in tinta carrozzeria da 26 litri ciascuna. Gli attacchi sono integrati nel codone.
In generale, le finiture sono ottime: la qualità c’è ed emerge in ogni dettaglio, anche nella solidità del- le plastiche e nei materiali scelti.
Sulla Suzuki ci si sente “sopra la motoâ€, non inseriti nella sagoma, mentre il manubrio largo e arcuato fa assumere una posizione piuttosto “rilassataâ€, che invita a una guida rotonda. Inutile forzare la Suzuki in manovre troppo decise, meglio assecondare il suo carattere e l’assetto turistico, con una taratura delle sospensioni abbastanza morbida (ma mai troppo). Nei lunghi viaggi, soprattutto se l’asfalto non è perfetto, questo assetto garantisce il giusto compromesso tra stabilità e comfort, permettendo di viaggiare per centinaia di chilometri senza stress. La sella del passeggero è ben imbottita, ma piuttosto rialzata. Anche le pedane sono montate un po’ alte. I maniglioni sui lati del portapacchi garantiscono invece una presa sicura. Il parabrezza esteso della GX standard protegge di più, ma nel complesso svolge la sua funzione.
La GSX-S 1000 ha prestazioni valide, anche se non da primato della categoria. La cavalleria è più che sufficiente, l'erogazione è fluida; solo chi si aspetta prestazioni da capogiro rimarrà deluso. Valida la frenata, anche se la leva al manubrio risulta un po’ più spugnosa. L'impianto è supportato da un ABS perfettamente tarato. Ottimi anche il cambio elettronico, sempre preciso negli innesti.
La posizione di guida naturale permette trasferte lunghe e comode: le vibrazioni sono limitate e anche la protezione aerodinamica è accettabile. In autostrada, il motore gira regolare con un filo di gas, offrendo consumi piuttosto contenuti (17,5, occhio però a non esagerare con l'acceleratore o diventa più assetata). Le valigie rigide di serie dell’allestimento Sport fanno la differenza quando ci si vuole mettere in viaggio.
La GSX-S 1000 non sembra nata per la città ; gli ingombri si percepiscono, ma in realtà la moto (senza valigie) è piuttosto snella e i riding mode (che permettono di addolcire la taratura delle sospensioni e la risposta del gas), aiutano parecchio nel traffico. In particolare ci è piaciuto un bilanciamento nello stretto invidiabile e una manovrabilità esemplare alle bassissime andature. La Suzuki ha una frizione molto morbida ed è molto agile.
Velocità massima (km/h) | 213,3 |
Accelerazione | secondi |
0-400 metri | 10,6 |
0-1000 metri | 21,0 |
0-100 km/h | 3,2 |
Ripresa (da 50 km/h) | secondi |
400 metri | 11,7 |
1000 metri | 21,0 |
Potenza massima alla ruota | |
CV/kW | 142,9/106,5 |
Giri al minuto | 11.000 |
Frenata | metri |
Da 100 km/h | 41,8 |
Consumi | km/l |
Autostrada | 17,5 |
Extraurbano | 22,5 |
A 90 km/h | 19,3 |
A 120 km/h | 18,2 |
Al massimo | 9,8 |
Autonomia | km |
A 120 km/h | 336,1 |
Al massimo | 181,9 |
Motore | 4 tempi 4 cilindri in linea |
Cilindrata (cm3) | 999 |
Cambio | a 6 rapporti |
Potenza CV(kW)/giri | 152/112/11.000 |
Freno anteriore | a doppio disco da 310mm |
Freno posteriore | a disco da 245mm |
Pneumatico anteriore | 120/70-17†|
Pneumatico posteriore | 190/50-17†|
Altezza sella (cm) | 84,5 |
Peso (kg) | 232 |
Capacità serbatoio (litri) | 18,5+3,5 |
Autonomia (km) | 336,1 |
Velocità massima (km/h) | 213,3 |
Tempo di consegna | - |
La taratura sospensioni sullo sconnesso, l'erogazione del motore, la posizione di guida confortevole, l'elettronica ben tarata.
La precisione di guida sul veloce, la frenata spugnosa