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Tutti gli articoli sulle versioni del Perrault e dei F.lli Grimm
Ci sono oggi dei modi di dire che risentono fortemente di culture antecedenti.
Per esempio dire "otto giorni oggi ci rivediamo" per indicare lo
stesso giorno della prossima settimana è come usare la settimana di
otto giorni degli antichi Romani, il nondinum, che significa (periodo)
di nove giorni perché sia i Greci
sia i Romani contavano sia il giorno di inizio sia il giorno finale. Oggi sarebbe
più giusto dire "ci vediamo fra sette giorni" per significare
che ci si rivedrà
lo stesso giorno della prossima settimana. Ma il modo di dire "fra otto
giorni"
o "otto giorni oggi" si usa ancora. Sia che il modo di dire dipenda
dalla settimana romana nondinum, sia che dipenda dal fatto che
si contino e il
giorno iniziale e quello finale, ci troviamo di fronte a una inesattezza. Altri
modi di dire sono poco aderenti alla realtà per altri motivi. Per esempio
dire oggi che una qualche cosa si farà alle "calende greche" per
significare che piuttosto non la si farà è oggi un azzardo, in
quanto si rischia moltissimo di non essere compresi. Il modo di dire era dei
Romani,
che per calende indicavano il primo
giorno
del mese, ma i Greci non indicavano a quel modo il primo giorno del mese. Fare
questo tipo di battuta presume che l'interlocutore conosca usi antichi greci
e romani. E' quindi diventato, questo modo di dire, un preziosismo, un barocchismo.
E poi ci sono i modi di dire latini di cui è cambiato quasi del tutto
il significato. Per esempio "Non plus ultra" presso i latini indicava
un limite dietro il quale c'era l'ignoto, per esempio le colonne d'Ercole;
invece oggi
questo modo di dire intende mettere in evidenza che una tal cosa sia il
meglio e che non è possibile fare di meglio, è il non plus
ultra .
Ho parlato dei modi di dire per fare intendere che cosa si intende per diacronia
quando si cerca di riportare alla storia un racconto popolare, una fiaba, un
mito, un rituale, un uso popolare, una superstizione, una sopravvivenza. E
per riportare alla storia intendo non la storia come avvenimenti, ma la storia
come mezzi di produzione, come sostentamenti economici di base, come livello
di agricoltura, come rapporto con la morte e i morti, tutti i sistemi culturali,
compreso il tipo di potere politico, che possano avere avuto influenza sull'opera
orale, sul linguaggio prima che si
usasse
la scrittura.
Struttura iniziatica su base agro-pastorale ciclica
Probabilmente alla base dei Lupercalia c'è il mitico
allevamento dei gemelli
Romolo e Remo da parte di una lupa. Quindi da un certo punto di vista i due
gemelli
hanno
caratteri
lupini. I lupi uccidono le capre e lottano con i cani. Quindi i luperci
imitano i caratteri lupini di Romolo e Remo quando uccidono e sacrificano capri
e cane.
Nel
mito
Romolo
uccide
Remo
perché
il capo branco lupino è uno solo. Nei Lupercalia questo potere, probabilmente,
è
alternativamente diviso tra i due gruppi. Gruppi che, probabilmente
ai primordi,
vedevano contrapposti pastori e agricoltori, mentre più tardi i due gruppi vennero
rimpiazzati dai Fabiani(ex-pastori) e dai Quinctii(ex-agricoltori).
La base agro-pastorale ciclica del rituale consisteva probabilmente
nel cambiamento d'uso di vasti terreni dopo un certo numero di anni: un territorio
che era
servito per l'agricoltura e/o cerealicoltura di tipo primitivo veniva abbandonato
e
probabilmente
concesso
ai
pastori
come terreno solo di passaggio per le greggi. Nella realtà il
campo cerealicolo non più fertile
lo ridiventa se abbandonato del tutto alla natura e quindi al lupo. Impiantare
un allevamento
caprino e/o ovino su un campo cerealicolo è un grosso azzardo se poi lo
si vuole
riseminare a cereale. Ma questo uso fu probabilmente usato in varie parti dell'antica
Europa. Lo ricorda anche Marc Bloch per quanto riguarda i terreni agricoli francesi
(I caratteri originali della storia rurale francese, Einaudi 1982, pag.33). Quindi
probabilmente sul
terreno
abbandonato
i pastori avevano diritto di passaggio, e il lupo, di suo, seguiva le greggi
furtivo.
E
probabilmente
il
dio
Fauno, che si presupponeva fosse presente nel rituale, si confonde
col dio Silvano e, considerato che
ha
aspetto
teriomorfico, va inteso come dio dei boschi e degli animali selvatici. Questo
dio è anche protettore delle greggi perché nella mentalità degli
antichi e specialmente
dei Romani solo un dio dai caratteri selvaggi può avere presa sui lupi;
così come per sconfiggere i nemici umani bisogna adottare i loro dei,
nello stesso modo per sconfiggere i lupi bisogna venerare il loro protettore
o nume rappresentativo:
per i nemici i sacerdoti romani formulavano una "evocatio deorum" che
chiedeva agli dei dei nemici di passare dalla loro parte abbandonando i loro
adoratori abituali. In effetti i commentatori antichi non furono d'accordo
su
chi
fosse
il
patrono della festa: Fauno
Luperco
(Ovidio., Fast., II, 361); Inuo (Livio., I, 15, ); Libero (Servio, Commentarii
in Vergilii Aeneidos libros, VIII,
343, nel IV secolo d.C.),
probabilmente perché il rito ha un certo spessore diacronico e probabilmente
nel corso del tempo il significato dell'amiculum iunonis, l'oggetto
magico, ebbe una variazione. Questa
ode di Orazio(Odi, III,18), poeta del I sec. a.C., vissuto qualche decina
di anni prima Ovidio, è abbastanza
eloquente
sul
ruolo di Fauno:
Fauno, che corteggi le ninfe fuggenti,
cammina leggero sui campi
assolati della mia terra e vattene
senza fare del male ai piccoli del mio gregge, se a fine anno
ti viene offerto un capretto tenero
e non manca vino abbondante
alla coppa, compagna di Venere, e il vecchio altare
fuma di molto aroma.
Alla tua festa di dicembre il bestiame
gioca tutto sull’erba,
e assieme ai buoi oziosi il villaggio
fa festa sui prati; passeggia
il lupo in mezzo agli agnelli
audaci, ed il bosco riversa in tuo onore
le foglie sparse; il colono gode di battere
col piede tre volte la terra odiosa.
Quindi Fauno potrebbe fare del male alle greggi. Perché ha
cuore lupino,
perché è un dio oscuro, legato al bosco e alla natura, un
dio
delle
bestie
selvatiche? Ma
i
sacrifici lo dovrebbero distogliere da questa eventualità, eventualità
che, probabilmente, nasconde tutte le insidie che possono arrecare danno alle
greggi,
fra cui il
lupo; ma non solo, perché probabilmente c'erano pure alcune piante che,
se mangiate da capre e pecore, potevano loro arrecare danni alla salute e anche
la morte: e fra queste piante c'è il lupino, una leguminosa che porta
un frutto simile a quello della fava(i greci invece chiamavano questa pianta
col termine
thermos, come se desse calore alla terra perché veniva seminato
in alternativa ad altra leguminosa,
nel
maggese
cerealicolo).
Durante
la
sua
festa,
che
cadeva
a
dicembre(quindi
non si tratta dei Lupercalia di metà febbraio),
gli
agnelli passeggiano in mezzo ai lupi e il contadino col piede batte tre volte
la terra odiosa e/o probabilmente poco fertile: che non premia la fatica
profusa. Questo battere del piede del contadino è simile alle frustate
che
i due Luperci consacrati davano anche al suolo, oltre che alle donne sterili.
Da notare che quel passeggiare del lupo in mezzo agli agnelli presuppone che
la
festa di Fauno evocasse una sorta di mondo alla rovescia, di ritorno all'età
dell'oro: fra l'altro a volte Fauno è ritenuto nipote di Saturno. Della
natura
composita
di
Fauno
testimoniano
le
tradizioni
incerte
circa le sue origini. Pare che
fosse lo sposo di Fauna, dea della natura, dotata di capacità partenogenetiche,
cui erano dedicate le Faunalia il 1° maggio quando era chiamata anche Bona
Dea: nel tempio di questa dea sull'Aventino venivano nutriti rettili domestici,
i
saettoni (anche la Iuno Sospita di Lanuvio la cui statua era ricoperta da pelle
di capra, ospitava
dei
serpenti
nel
suo
tempio). Si
diceva che Fauno fosse nipote di Saturno, cui erano dedicati i Saturnalia, festa
del
rovesciamento dell'ordine e della fine e del principo dell'anno, o di Marte,
dio
che
presso
i
Romani
era sia dio della guerra sia dio protettore dei campi e degli armenti; si voleva
figlio di Pico(da picchio, si credeva che un picchio avesse cooperato con la
lupa
ad allevare Romolo e Remo)e
Canente
o
di
Pico
e Pomona( dea della frutta, amata secondo Ovidio dal dio Vertumno, colui
che
volge,
si
trasforma,
che
era
riuscito
a
sedurla
con parole e discorsi suadenti travestendosi da vecchia). Secondo un altro mito
Fauno era figlio di Giove e della maga Circe(la cui etimologia è vicina
al picchio).
I due luperci consacrati sono segnati dal sangue delle
vittime dallo stesso coltello
sacrificatore,
segni
poi
tolti da lana inzuppata nel latte. Probabilmente queste due azioni in successione
indicavano la morte e la rinascita
e
il
riso
ne
era
un segno:
era
probabilmente
una
particolare iniziazione che dava loro dei poteri connessi ai fondatori mitici
delle
confraternite. Da esseri lupini, che uccidono capri e cani, si trasformano
in
esseri benevoli, anche se ancora con caratteri selvatici(nudità e pelli
di capra
che
cingono i
reni),
dai
poteri
fecondanti. La corsa finale probabilmente in origine serviva
a contornare i confini del territorio che, dopo un abbandono alle forze natuarali
e al lupo, doveva
rientrare dopo alcuni anni fra i terreni dediti all'agricoltura. Quindi
doveva
essere purificato dalla presenze nocive di tipo selvaggio ed appunto la
corsa
dei
luperci
era
una
lustratio simile a quella che facevano i fratres arvales a
maggio, poco
prima dello spuntare delle messi. Questa cerimonia
pubblica, detta Ambarvalia, consisteva nel percorrere a passo di danza
il perimetro
degli arva, le terre
coltivate della città. Anche i fratres arvales costituivano
una
congregazione
sacerdotale
formata
da 12 membri scelti a vita tra famiglie patrizie. I fratres arvales,
collegati direttamente dai romani a Romolo(si diceva che Romolo avesse fatto
parte
della congregazione) danzavano
e
non
correvano
come
i
luperci
perché
i
sacerdoti
si
dedicavano
al
culto della
Dea Dia, una divinità arcaica romana, più tardi identificata
con
Cerere.
Col passare del tempo, anche se il significante della frusta rimase, probabilmente
il significato della cerimonia cambiò notevolmente. Questo
cambiamento lo si desume dal nome trasmessoci delle due confraternite, ovvero
i Fabiani e
i Quintiali,
ovvero la leguminosa, in un certo senso quella che uccide(ex-lupo) e che fa bene
alla terra, e il cereale che serve per fare il pane, ovvero
il
farro o frumento. I nomi dei Fabiani e dei Quintiali ci informano che ora l'avvicendamento
nell'agricoltura
e nella terra cerealicola avveniva tra la leguminosa e il cereale: un anno l'una
e un anno l'altro, ovvero il maggese verde. E la leguminosa sembra che avesse
presso gli antichi qualcosa di demoniaco, tanto è vero che non poteva
essere
collegata, pur essendo una pianta, a Demetra e a Cerere.
Invece pare che sia stata collegata presso i Romani-Albani alla dea Iuno Sospita
(Iuno
Sospe ovvero propizia, salvatrice)dell'antica città di Lanuvio(sorta intorno
al 1000 a.C. nel Lazio). Giunone Sospita Lanuvina era così chiamata per
la pelle di capra con la quale era rivestita la sua statua; il suo culto risaliva
a tempi molto antichi e il suo tempio era stato edificato sull’acropoli
di questa antica città di origine latino-etrusca. Il
tempio
aveva delle particolarità monumentali: molto probabilmente il portico
del tempio era a due piani con volte rivestite di mosaici preziosi. In fondo
al portico c’era una porta che conduceva ad una serie di cunicoli sotterranei,
che alcuni ritengono fossero la grotta dov’era custodito il serpente sacro
a Giunone Sospita. Sesto Aurelio Properzio (Assisi, 47 a.C. circa – Roma,
14 a.C.) riprendendo rituali e leggende locali narra(Elegie, 4, 8, 3-14) che
annualmente delle fanciulle vergini erano incaricate di recare al serpente un’offerta
di cibo. Le fanciulle dovevano compiere il tragitto in
discesa verso la grotta in solitudine, recando le offerte alimentari su dei canestri.
Una volta consegnata
l’offerta le fanciulle potevano tornare dai parenti che le attendevano
e il loro ritorno era accolto con giubilo dai contadini, poiché era di
buon auspicio per la fecondità dei campi nel prossimo anno agricolo. Nel
caso però che la fanciulla non fosse stata vergine, allora, lascia capire
la nostra fonte, la fanciulla non sarebbe mai tornata dai parenti e l’annata
agricola sarebbe stata nefasta. Per questo motivo il rito era definito pericoloso
e tale da far tremare le fanciulle annualmente destinate. Studiosi di questo
culto, considerati i ritrovamenti archeologici all'interno del tempio(resti di
fave
e
ceci
cotti
e
ossa di capre ed ovini), hanno supposto che la dea vestita di capra riceveva
offerte
di prodotti di allevamento mentre il serpente riceveva offerte di prodotti agricoli
(Pino Chiarucci, Lanuvium, Paleani Editrice, Urbania, 1983; p. 78). E' quindi
probabile
che i serpenti del tempio di Iuno Sospita come quelli del tempio di Bona Dea
fossero i demoni terricoli delle dee, a suffragare questa ipotesi ci sono le
numerose rappresentazioni iconografiche delle dee cerealicole mediterranee,
Demetra
e
Persefone, vicine
ai serpenti o
addirittura
con i serpentelli al posto dei capelli (vedi nostre considerazioni sul
rapporto di Demetra
e l'eroe greco-frigio Pelope).
Quanto riferito su Iuno Sospita ci spiega perché la confraternita dei
Fabiani
avesse posto, non si sa da quale tempo, nella confraternita dei luperci. Per
concludere cito anche un'altra cerimonia che nell'antica Roma si svolgeva pure
a febbraio ed aveva come oggetto oscuro carico di magia le fave scure. La cerimonia
avveniva il 21 febbraio, giorno infausto, ed era chiamata Feralie, festa
di
commemorazione
dei morti. Tale cerimonia imitava quanto avveniva nelle feste dette Lemuria che
si celebravano a maggio.
C'è da
precisare
che
Ovidio(Fasti,
V,
423)
riteneva che i Feralia fossero di costituzione recente e non anteriore all'aggiunta
di
due
mesi
all'antico
anno di dieci mesi: quindi le feste Lemuria erano notevolmente anteriori alle
Feralie. Il 9, l'11 e il 13 di maggio ricorreva la festa dei Lemuria. Durante
la
celebrazione, di carattere gentilizio, il paterfamilias offriva agli spiriti
per nove volte
delle fave nere, affinchè i fantasmi dei morti non molestassero i vivi.
Il rito è descritto da Ovidio(Fasti,5,419-444). Le fave erano messe in
bocca dal paterfamilias ogni volta e ogni volta le gettava indietro senza mai
voltarsi indietro. Probabilmente a maggio, mese della raccolta delle fave,
parte
delle fave, specie quelle scure costituivano offerte per i morti e probabilmente
venivano donate ai poveri.
Febbraio
era
invece il mese delle purificazioni e con le Feralie, oltre a essere commemorati,
i
morti venivano blanditi,
calmati, invitati ad essere benevolenti e non malefici: la cerimonia oscura era
anche una sorta di purificazione dai morti
defunti, considerati da moltissime culture, anteriori al cristianesimo,
dotati
di ambivalenza, doppi. Inoltre a febbraio, nei campi cerealicoli,
nell'anno di maggese, secondo quanto scrisse Columella ed anche accennato parecchi
secoli prima dal greco Teofrasto,
si
operava
il
sovescio
delle fave
o dei lupini o di altra legumimosa seminati a novembre: questa operazione doveva
avere
di
certo
i
suoi
risvolti magici perché effettivamente il sovescio può essere collegato
al mondo
alla rovescia, alle forze infernali. Quindi è possibile che l'amiculum
iunonis abbia cambiato di significato e intendeva riferirsi al sovescio.
A
questo
proposito
c'è
da ricordare che l'imperatore Augusto proibì la partecipazione dei giovanetti
imberbi
ai
Lupercalia e prescrisse che fossero sostituiti da elementi scelti nell'ordine
equestre, ovvero da cavalieri(vedi rivista francese MAFRE).
Continua
Tutti gli articoli sulle versioni del Perrault e dei F.lli Grimm
2 - Il lupo nella cultura dei greci
3 - Alla ricerca della pietra simbolo della sterilità
4 - Le pietre nel ventre dell'iniziando sciamano
5 - Divoramento e travestitismo nelle iniziazioni tribali
6 - Culto delle pietre presso i Lapponi
7 - Il lupo nelle culture che praticavano un'agricoltura primordiale
9 - La struttura dei Lupercalia
10 - Il lupo e i sette capretti
11 - Lo spirito del grano nell'ultimo covone denominato il Vecchio, la Vecchia e anche il Lupo
12 - I popoli che praticavano la patrofagia, i racconti popolari con la prova cannibalica
17 - Il comportamento del lupo come indice di civiltà
19 - Interpretazione storica della versione del Perrault, le ruelles e le preziose
20 - Le versioni più studiate della fiaba di Cappuccetto rosso
Tutti gli articoli sulle versioni popolari di Cappuccetto rosso
3
- Le due versioni de la Nièvre. In una di esse la fanciulla si salva 5 - La versione del Forez in cui la fanciulla cede il paniere al lupo e poi viene divorata 7 - La versione provenzale, molto simile a quelle del Forez, ma più eleborata 9 - Le correlazioni tra i miti e il culto di Fauna-Bona Dea e i racconti orali di Cappuccetto rosso 10 - L'alternativa del percorso come traccia per risolvere l'indovinello del racconto enigmatico 13 - Le madonne nere francesi rimpiazzarono le figure divine pagane, e principalmente Bona Dea