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Tutti gli articoli sulle versioni del Perrault e dei F.lli Grimm
Proprio presso le popolazioni dei Lapponi o meglio nelle loro antiche tradizioni,
considerato che da qualche tempo i Lapponi sono cristiani, è stata segnalata
l'importanza delle pietre e delle montagne sacre nel loro culto e nella loro
mitologia. Si chiama Seida oppure Seite o Sieide qualsiasi oggetto carico di
numinosità
o di potenza, perché sede di manifestazione degli spiriti. In particolare
i blocchi di roccia divengono vere e proprie teofanie o litofanie che i Lapponi
adoravano in vario modo. Sui sentieri delle renne, sacrificavano alle rocce
per assicurarsi la moltiplicazione delle mandrie. Sulle rive dei laghi stavano seida dei
pesci in forma di pietre particolari per il colore o per il loro aspetto lucido
(quarziti) e che assumevano molte delle funzioni proprie del Signore degli
animali: ovvero del regolatore delle specie commestibili e del responsabile
della loro prolificità. Le pietre erano oggetto costante di culto, venerate
con offerte e con sacrifici, in cui la carne veniva consumata dai partecipanti
e le ossa o i resti cornei o le lische e a volte le interiora dei pesci posti
su di esse o accanto(da Enciclopedia delle religioni Vallecchi, voce: Lapponi,
di A. Di Nola). Per una maggiore comprensione di questo culto delle pietre
riporto un racconto lappone, L'uomo
che fu infedele al suo dio,
(Fiabe danesi e lapponi, a cura di B. Berni, Milano 1992).
Nei tempi antichi c'era ad Enare un uomo che venerava una pietra sulla spiaggia,
quando usciva a pesca prometteva di spalmare le interiora del pesce sulla pietra...Una
volta uscì per pescare a strascico, gettò la sua rete nel lago
davanti al suo idolo e gli disse: "Se prenderò dei grossi pesci,
allora ti spalmerò". Tirò
a terra la rete e c'erano solo grossi pesci; ma nonostante la promessa, evitò
di spalmare la pietra e andò a casa con la sua preda e si cucinò le
interiora e preparò un ricco piatto per quei tempi: un cibo fatto di
corteccia di pino spezzettata e mescolata con farina in brodo e interiora di
pesce. Poco dopo
tempo tornò a pesca. Gettò la rete molte volte, ma quando la
tirava a terra, non conteneva alcun pesce. Allora si spostò proprio
di fronte all'idolo e promise che, se avesse preso del pesce in quel luogo,
sicuramente avrebbe spalmato
la pietra. Così gettò la rete. Ma quando fece per tirarla a terra,
quella rimase talmente impigliata al fondo che non riuscì in alcun modo
a recuperarla, sebbene il fondo fosse liscio e pulito. Alla fine dovette tagliarla
in due e tornarsene
a casa senza avere preso nemmeno un pesce. Tornò di nuovo a pesca e
lavorò
tutta la notte, ma prese un solo pesce. Allora si irritò e disse alla
pietra:
"In futuro non ti sacrificherò niente, visto che non prendo niente." E
cercò
di rovesciare la pietra, ma vi rimase attaccato. Sua moglie allora andò da
una vecchia dei dintorni, e la pregò di venire dal marito. La vecchia,
dopo che il resoconto del pescatore, gli disse che doveva promettere di spalmare
la pietra per due giorni, e due volte al giorno, la parte di giorno al mattino
con il burro e la parte di notte al pomeriggio con la panna. Il pescatore promise
che l'avrebbe fatto e fu libero. Così andò per spalmare la pietra,
ma non voleva sprecare del burro e spalmò la pietra con del grasso di
carne, ma rimase attaccato di nuovo all'idolo. La vecchia fu richiamata e,
quando sentì il resoconto del pescatore che aveva ritenuto che la pietra
non potesse
distinguere il grasso dal burro, disse che sarebbe stato liberato se avesse
promesso di spalmare la pietra con burro e panna, per tre giorni e per tre
volte al giorno. Il pescatore promise di farlo e fu liberato. Ma non ne fece
nulla e se ne tornò a pescare. Allora ci fu una tempesta, tanto che
a malapena riuscì a tornare a terra. La vecchia gli disse ancora: "Se non spalmerai
la pietra prima di tornare sul lago, allora sono sicura che ci rimarrai".
Ma l'uomo non spalmò e tornò a pesca. Allora venne una tempesta tanto forte
che la barca si rovesciò e lui affogò.
Tale racconto certo non può essere accostato alla fiaba di Cappuccetto
rosso, anche se c'è il burro(come nella versione del Perrault) e la
panna da spalmare su una pietra. Ma il lupo, nella versione
dei F.lli Grimm, muore
per le pietre immesse nel suo stomaco, quindi alla fine diventa simile alla
pietra inanimata, e questa morte assomiglia alla morte iniziatica
dell'iniziando sciamano e lo sciamano mette abiti femminili. I Lapponi hanno
un grosso patrimonio culturale di fiabe e racconti: le ricerche di colui che
scrive si sono limitate a quelle tradotte in italiano. Ho raccontato,
comunque, la fiaba del pescatore, menefreghista del culto, per
mettere in
evidenza
che
le
pietre
non
sono assolutamente
un simbolo di sterilità univoco e universale. Il loro simbolismo deve
correlarsi al contesto culturale: è il contesto che imprime loro un
significato e non il contrario. Il racconto lappone è stato raccolto
nei primi anni del
XX secolo e chiaramente è inserito in un contesto ad economia di caccia,
pesca e raccolta: manca assolutamente il rimando all'agricoltura, anche a quella
primordiale.
Sopra una foto del 1900 che mostra un accampamento lappone.
Secondo le testimonianze degli studiosi i lapponi non inumavano i morti,
bensì facevano scivolare le salme in delle fosse ghiacciate che nella
buona stagione venivano invase dalle
acque
del mare o dei laghi che li portava al largo. I corpi di coloro che morivano
si credeva fossero portati nella Patria dei Morti, un luogo chiamato Jabmeaimo,
cui presiedeva la dea Jabmeakku, Vecchia dei Morti, dove abitavano
generalmente gli spiriti. Coloro che si erano comportati bene in vita accedevano
invece a una sorta di paradiso, Saivaismo, nel quale dimorano i Saivoolmak,
Uomini del Savio, ovvero lago, ma per estensione, luogo sacro, montagna sacra,
pietra sacra. Avveniva pure che le tende in cui moriva un congiunto venissero
abbandonate e se ne
costruissero
altre(da
voce
Lapponi
della Encicliopedia delle religioni Vallecchi). Quanto riportato sopra, circa
le credenze sui morti dei Lapponi, mette in evidenza la figura della Vecchia,
molto vicina alla Baba Jaga, dei racconti popolari russi, che sta
nel regno degli spiriti; inoltre segnala l'abbandono delle tende testimoni
della morte
di un congiunto: sono particolari che potrebbero suggerire che la vecchia-nonna
di Cappuccetto rosso sia un essere vicino alla morte, e che appunto per questo
vive sola nel bosco o oltre il bosco.
Continua
Tutti gli articoli sulle versioni del Perrault e dei F.lli Grimm
2 - Il lupo nella cultura dei greci
3 - Alla ricerca della pietra simbolo della sterilità
4 - Le pietre nel ventre dell'iniziando sciamano
5 - Divoramento e travestitismo nelle iniziazioni tribali
6 - Culto delle pietre presso i Lapponi
7 - Il lupo nelle culture che praticavano un'agricoltura primordiale
9 - La struttura dei Lupercalia
10 - Il lupo e i sette capretti
11 - Lo spirito del grano nell'ultimo covone denominato il Vecchio, la Vecchia e anche il Lupo
12 - I popoli che praticavano la patrofagia, i racconti popolari con la prova cannibalica
17 - Il comportamento del lupo come indice di civiltà
19 - Interpretazione storica della versione del Perrault, le ruelles e le preziose
20 - Le versioni più studiate della fiaba di Cappuccetto rosso
Tutti gli articoli sulle versioni popolari di Cappuccetto rosso
3
- Le due versioni de la Nièvre. In una di esse la fanciulla si salva 5 - La versione del Forez in cui la fanciulla cede il paniere al lupo e poi viene divorata 7 - La versione provenzale, molto simile a quelle del Forez, ma più eleborata 9 - Le correlazioni tra i miti e il culto di Fauna-Bona Dea e i racconti orali di Cappuccetto rosso 10 - L'alternativa del percorso come traccia per risolvere l'indovinello del racconto enigmatico 13 - Le madonne nere francesi rimpiazzarono le figure divine pagane, e principalmente Bona Dea