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Recensione: Fromm parla di linguaggio dimenticato perché per le grandi civiltà antiche i miti e i sogni avevano
una grande rilevanza dal punto di vista culturale; il linguaggio in cui venivano espresse queste
rappresentazioni simboliche era quindi parte integrante del bagaglio culturale di tali civiltĂ .
Questo bagaglio di sapere, secondo Fromm, è stato perso negli ultimi secoli dalla cultura
occidentale e i miti vengono considerati come storie a sé stanti e «ingenue creazioni di una mente
primitiva». Di conseguenza l’uomo ha perso gli strumenti per comprendere i propri sogni; se così
non fosse il materiale onirico sarebbe comprensibile a tutti".
Molte considerazioni di Fromm ben si adattano a quelle postulate da Carl Gustav Jung secondo il
quale esiste un inconscio personale che deriva direttamente dall’esperienza personale
dell’individuo, e un inconscio collettivo costituito da una matrice comune a tutti gli uomini, senza
distinzione di tempo e di luogo, che comprende le esperienze di tutte le generazioni passate.
Espressione dell’inconscio collettivo sarebbero gli archetipi, immagini arcaiche e primordiali
presenti sin dai tempi più remoti e comuni all’intera umanità ; la loro esistenza non è dovuta ad
acquisizioni individuali, ma è legata all’ereditarietà , «la loro origine è ignota e si riproducono in
ogni tempo e in qualunque parte del mondo». Gli archetipi possono essere definiti “forme pure a priori” destinate a ricevere un contenuto solo
all’interno dell’esperienza concreta dell’individuo e a diventare così dei simboli. Per fare un
esempio, tra le immagini archetipiche vi è quella della Madre: ciò significa che ogni uomo porta in
sé dalla nascita un’immagine preformata di una madre generica come potenzialità ereditaria. In
questa, ogni uomo riconosce l’espressione, incarnata nella propria esperienza personale, dell’archetipo materno che porta innato in sé stesso.
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