IL MITO DI PELOPE



L'epopea della guerra di Troia

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Mappa geografica della Troade

Probabilmente il poeta Omero scrisse l'Iliade prendendo spunto da storie leggendarie che narravano di cadute e distruzioni di città posizionate sulle coste anatoliche nul mare Mediterraneo. Distruzioni ad opera di popoli bellicosi che vivevano anche di saccheggio, di popoli che sicuramente avevano sviluppato la costruzione di navi particolarmente veloci per quei tempi. Le fonti antiche egiziane parlano di diversi popoli del mare che assalivano e saccheggiavano le loro città costiere. Sul crollo della città di Ugarit ci sono testimonianze di missive tra il re di Ugarit e il re di Cipro circa un'azione comune contro questi assalitori che venivano dal mare. La città di Troia era in una posizione strategica ed era in grado di controllare il flusso di navi e grandi barche che passavano per lo Stretto dei Dardanelli. Quindi era una città abbastanza ricca che fu anche capace di stringere salde alleanze. La città di Troia raggiunse il massimo splendore in coincidenza con l'affermazione dell'Impero Ittita in Asia Minore nel II millennio a.C. e probabilmente come si desume da studi archeologici più recenti la caduta di diverse città sulla costa mediterranea dell'Anatolia fu dovuta probabilmente al crollo degli Ittiti. Nel senso che il crollo dell'Impero degli Ittiti comportò la decadenza commerciale delle città che stavano sul Mediterraneo; decadenza che comportava un netto abbassamento del tenore di vita e anche una scarsa disponibilità di mezzi per difendersi o respingere gruppi bellicosi provenienti dai territori micenei o legati ai micenei, (vedi Fabrizio Venturi, I Popoli del Mare nel Levante e la documentazione archeologica: innovazioni culturali e dinamiche regionali), oppure da popolazioni provenineti dalla Macedonia e dai Balcani.
L'interesse degli Elleni per il territorio che controllava i commerci verso e dal mar Nero doveva essere di tipo commerciale. Ma il mito greco fa risalire l'ostilità verso i Troiani ad antecedenti in cui il re d'Ilio Laomedonte(figlio di Ilo) si rifiutò di pagare quanto convenuto nei confronti di Poseidone e Apollo(quest'ultimo pare che fosse andato a Troia anche per fare il rapsode) prima e nei confronti di Eracle dopo.
Furono gli dèi Poseidone e Apollo a fornire la città di grandi mura e fortificazioni. Eseguito quanto pattuito, al termine dei lavori Laomedonte si rifiutò però di pagare il salario concordato(Iliade, XXI, 435-455): Poseidone allora, per vendicarsi, inondò la campagna, distruggendone i raccolti, e scatenò un mostro marino che divorò gli abitanti. L'ira del dio, secondo l'oracolo che venne consultato, si sarebbe placata solo se Laomedonte avesse fornito come sacrificio umano al mostro la propria figlia Esione(Robert Graves, I miti greci, 137). La vergine doveva essere divorata dal mostro e venne quindi incatenata a una roccia prospiciente la costa(Ovidio, Le metamorfosi XI,205; Igino, Favole, 89; Diodoro Siculo, Biblioteca storica iv.42.1-6). Eracle, durante il viaggio di ritorno dal paese delle Amazzoni, o durante una sosta a Sigeio nella spedizione degli Argonauti, giunse proprio allora al palazzo reale e chiese al re cosa stesse succedendo. Questi gli spiegò la situazione e l'eroe si offrì di uccidere il mostro, ricevendo la promessa di ottenere in cambio i due velocissimi cavalli divini, che Troo( nonno di Laomedonte e padre di Ilo) aveva ricevuto a suo tempo in regalo dallo stesso Zeus a titolo di risarcimento per il rapimento del figlio Ganimede(Iliade, V, 265-266).
Eracle, giunto alla spiaggia, ruppe le catene che tenevano avvinta l'inerme fanciulla e la riconsegnò sana e salva tra le braccia del padre; poi si apprestò ad affrontare la terrifica creatura. Sostenuto dalla Dea Atena( Omero, Iliade XX,146.) riuscì dopo tre giorni di accesa battaglia ad aver la meglio sul mostro, uccidendolo. A questo punto, liberata la città e tutta la campagna circostante dall'essere sovrumano, si recò a reclamare la ricompensa: ma anche questa volta Laomedonte si rifiutò di saldare il debito contratto e cercò anzi d'ingannare l'eroe facendo sostituire i cavalli divini con degli animali ordinari.


Possibili scenari storici della spedizione di Troia


Queste leggende mitiche probabilmente presuppongono che il re di Troia abbia assoldato delle squadre di operai provenienti da altri paesi e che poi non abbia dato quanto pattuito. Anche Eracle è chiamato a volte a compiere delle opere che presuppongono un lavoro di gruppo, per esempio quando venne chiamato a levare il letame dalle stalle di Augia: pure in quest'ultimo caso colui che l'aveva chiamato, Augia, non volle ricompensarlo.
E se Laomedonte chiama stranieri significa che il paese è a corto di braccia. Quindi è in crisi demografica come lo erano le popolazioni cananee nel racconto biblico che vede contrapposti Abramo e il re di Sodoma. Dopo aver liberato Lot da alcuni malfattori e recuperato i suoi beni facendo anche molti prigionieri, Abramo incontra il re di Sòdoma che gli propone uno spartimento: all'ebreo i beni, al cananeo le persone. La risposta di Abramo fu perentoria: "Alzo la mano davanti al Signore, il Dio altissimo, creatore del cielo e della terra: né un filo, né un legaccio di sandalo, niente io prenderò di ciò che è tuo; non potrai dire: io ho arricchito Abram." Da notare la richiesta particolare del re di Sodoma, cioè le persone, da adibire probabilmente sia come lavoratori sia come soldati: segno che c'era penuria di braccia.
Pure notevole il fatto che le Amazzoni siano state alleate di Priamo nella guerra contro gli Achei e che lo stesso Priamo affermi nell'Iliade che esse insieme ai Frigi non siano numerosi come gli Achei( Iliade III, 188-190).
Al rapimento di Elena, innamorata e consenziente, da parte di Paride, il mito greco affida la miccia per far scoppiare la guerra dei greci, tutti riuniti, contro Troia. Tutti i greci si allearono per riprendere Elena per via del giuramento imposto da Tirinto ai pretendenti di Elena, sua figlia. Quando fu in età da marito, tutti i capi Greci pretesero la sua mano. Siccome la loro rivalità rischiava di generare un conflitto, su suggerimento di Ulisse, Tindaro sacrificò un cavallo sulla cui pelle fece salire i pretendenti per farli giurare che chiunque fosse stato il fortunato sposo, tutti avrebbero dovuto accorrere in suo aiuto nel caso qualcuno avesse tentato di rapirgli la sposa(secondo uno scolio all'Iliade, II, 339). E così avvenne che Paride, in missione diplomatica a Sparta, si innamorò, ricambiato, di Elena, moglie del re Menelao e la convinse a seguirla a Troia. La reazione dei greci fu rispondente alle promesse fatte dai pretendenti di Elena sulla pelle del cavallo sacrificato da Tindaro.
Il mito greco giustifica quindi un intervento che probabilmente non aveva a che fare con l'onorabilità, ma piuttosto era connesso alla supremazia mercantile di Troia, che approfittando della sua posizione geografica faceva pagare grosse somme di denaro alle navi che si fermavano nel suo porto sicuro. Infatti la particolarità dello Stretto dei Dardanelli, su cui s'abbatte un flusso costante di correnti che passano dal Mar di Marmara al Mar Egeo e su cui è solito soffiare un forte vento da nord-est durante tutta la stagione che va da maggio a ottobre, suggerisce che le navi, le quali durante le epoche più antiche abbiano cercato di attraversare lo stretto, spesso abbiano dovuto attendere condizioni più favorevoli attraccate per lunghi periodi nel porto di Troia(Joaquim Latacz. Troya y Homero, página 71). Fu probabilmente un interesse economico a convincere i greci a combattere Troia, in quanto numerose dovevano essere le navi greche che passavano dallo Stretto dei Dardanelli per rifornirsi di merce provenienti dalle coste del mar Nero. Ma dietro Troia c'era anche l'Impero Ittita. Per gli Ittiti Troia si chiamava Wilusa e nel cosiddetto Trattato di Alaksandu, un patto stipulato tra il re ittita Muwatalli II e Alaksandu re di Wilusa, risalente al 1280 a.C. si evince che Wilusa aveva un rapporto di subordinazione, ma anche di alleanza, nei confronti dell'Impero ittita(J.Latacz: Troy and Homer, pp.105-119). Quindi è possibile che la presa di Troia, almeno quella intorno al 1200 a.C. sia stata determinata principalmente dalla debolezza o quasi scomparsa dell'Impero Ittita: fatto che depauperò innanzitutto la città di Troia.
Il poema dell'Iliade sembra abbia preparato l'ossatura morale, la struttura mentale dei Greci per contrapporli ai nemici potenti che si trovarono, qualche secolo dopo Omero, in Asia Minore e cioè i Persiani. Lo spirito epico dell'Iliade sembra essere stato incarnato dallo stesso spirito che animò e condusse alla formazione dell' Anfizionia all'inizio dell'IX secolo a.C.(vedi cronologia Wikipedia), grosso modo più di un secolo prima della celebrazione dei primi Giochi di Olimpia. L' Anfizionia era originariamente un gruppo di popolazioni limitrofe, le quali avevano comune il culto di qualche divinità locale. Nella ricorrenza delle feste a queste divinità, si riunivano e la celebravano insieme. Queste pratiche religiose sono antichissime, e risalgono certo a un periodo in cui forse non si era ancora formata la vita cittadina, poiché dell'Anfizionia che noi conosciamo con maggior precisione, la delfica pilaica, sono menzionati i popoli, non le città(ripreso da Enciclopedia Treccani).
Quindi è possibile congetturare che, quando il mito riferisce che Poseidone e Apollo costruirono le mura di Troia, si faccia riferimento a operai provenienti da una stessa Anfizionia? Probabilmente si, non in senso strettamente storico, ma come fatto coevo all'ideatore dell'Iliade cui non doveva sfuggire come operai, militi e rapsodi andassero nella Troade a fornire servizi, lavoro e spettacoli. Può essere successo che colui che narrò l'Iliade era al corrente del fatto che operai greci di una certa Anfizionia erano andati a lavorare presso la città di Troia. E Omero, il presunto scrittore dell'Iliade, secondo Erodoto( Storie II 53), sarebbe vissuto quattrocento anni prima della sua epoca, quindi verso la metà del IX secolo a.C. oppure molto più probabilmente secondo altri nell'VIII secolo a.C. e cioè nel periodo in cui con i Giochi di Olimpia prendeva corpo la coscienza nazionale greca.
Per quanto riguarda l'onorabilità e la difesa del pudore femminile è sicuramente vero che i Greci l'avessero a cuore, nel mentre ritenevano che alcuni alleati dei Troiani non l'avessero molto vivo. Mi riferisco agli abitanti della Lidia da cui sembra provenire Pelope. Pelope stesso nel mito promette la prima notte di nozze a Mirtilo(in alcune versioni tale promessa la fa direttamente Ippodamia a Mirtilo), ma poi l'uccide. In un racconto di Erodoto(Storie, I, 8-13) un re di Lidia dal nome Mirsilo(molto simile a quello di Mirtilo e sicuramente riconducibile al mirto) smania affinché una sua guardia del corpo, Gige, veda sua moglie nuda. In quel racconto la guardia, su pressione della moglie offesa di Mirsilo, uccide il re e gli succede nel trono.

Elena e Paride. Particolare di un cratere a campana apulo a figure rosse (IV secolo a.C.), museo del Louvres, Parigi.


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