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TAG: Frigi, Peloponneso, Tracia, Macedonia, Anatolia, Frigia, Lidia, Mida, Agamennone, Menelao, fava scura, cece, Omero, Pelopidi, Pelope, Demetra, Dioniso, Licurgo, Teti, banchetto funebre, Pianopsie, Tantalo, orgia alimentare, morte e resurrezione nel rito iniziatico, orgia alimentare e mondo alla rovescia, Eracle, Anat, valenza simbolica delle mani, ritorno dei morti, caos, giara di Esiodo, Kotys, Bendis, Ma, travestitismo misterico
I Troiani, chiamati anche Teucri, furono sconfitti, ma scrittori soprattutto
latini intrecciarono il destino di alcuni Troiani in fuga con la storia di
Roma. Probabilmente anche alcuni Frigi, dopo la mitica caduta di Troia o dopo
altri avvenimenti catastrofici, per esempio invasioni di popoli dai costumi
fortemente diversi provenienti dall'Asia( probabile causa della caduta
dell'impero degli Ittiti), si diressero verso altri lidi. Pausania(5,25,6)
dice che in Sicilia abitano: i Sicani, i Siculi
e i Frigi; quelli arrivati là dall’Italia, I Frigi dal fiume
Scamandro e dalla Troade.Tucidide(6,2,3) dice: "E, avvenuta la presa di
Ilio, alcuni Troiani fuggendo gli Achei giunsero sulle navi alle coste della
Sicilia, ed
essendosi stabiliti a confine con i Sicani, tutti insieme vennero chiamati
Elimi, e le loro città (sono) Erice e Segesta. Si stabilirono
poi accanto a questi anche alcuni dei Focesi, trascinati dapprima dalla tempesta
da Troia in Libia, e poi di qui in Sicilia.
Ma non dei Frigi, che si spostarono
in altri territori come la Sicilia, che si vuole parlare, ma di quelli che
secondo le leggende prima della mitica guerra di Troia erano in Anatolia.
La questione è peraltro controversa e difficilmente dipanabile. Dagli
storici antichi sembra sia stato tracciato un triangolo i cui vertici sono
il Peloponneso,
la Macedonia o la Tracia e la Frigia e la Lidia in Anatolia. Un capostipite
sarebbe stato un Mida proveniente dalla Macedonia, quando ancora i Frigi si
chiamavano Brigi(Erodoto, VII, 73). Probabilmente il mito gli da appositamente
un padre contadino e allevatore di buoi per significare la sua origine non
proprio guerriera. Mida era, secondo la leggenda, un esperto giardiniere. Ci
sono due re Mida che non sembrano avere un rapporto diretto.
C'è un Midas che potrebbe essere identificato con il personaggio
storico di Mita, re di Moschi nell'Anatolia occidentale alla fine dell'VIII
secolo a.C. Di lui si dice che piuttosto che farsi prendere dai nemici si
sia suicidato bevendo sangue di toro. Invece il Mida leggendario sarebbe vissuto
prima della guerra di Troia e probabilmente passando dalla Macedonia, attraverso
la Tracia, si sarebbe scontrato con qualche città della Troade, allontanandosi
dopo verso i territori del fiume Sangario, dove i Brigi si cambiarono il nome
in Frigi. Omero non riferisce frigi di nome Mida o Gordio.
Quando
Omero si riferisce
ai Frigi non riporta nemmeno Tantalo e parlando della stirpe del duce Agamennone
non menziona Tantalo come trasmettitore del potere(ànax che
da lo scettro)a Pelope, ma Hermes.
E' possibile che il mito dell'efferrato Tantalo e di Pelope al tempo dell'ideazione
e della diffusione dell'Iliade
non si conoscesse, o che, meglio, non si conoscesse nella forma completamente
negativa che conosciamo? E' una domanda cui si potrebbero dare due risposte
alternative.
La prima alternativa, che presuppone che esistesseo al tempo
di Omero quelle leggende, consiste nel ritenere che quei miti non fossero così
truci come ci sono stati tramandati. Omero non riferisce nulla di negativo
sui Pelopidi a parte il carattere di dominatore di Agamennone che avendo restituito
Criseide(bottino di guerra)al padre Crise, sacerdote di Apollo, secondo il
responso dell'oracolo, pretese da Achille la di lui amante Briseide(pure bottino
di guerra), figlia del sacerdote di Apollo, Brise. Questo atto del comandante
Agamennone doveva essere peraltro un'uso abbastanza seguito nella divisione
del bottino di guerra. Comunque è vero che l'atteggiamento di Agamennone
ferì
Achille che per diverso tempo si ritirò dalla guerra. Come è anche
vero che Agamennone non volle restituire al padre Crise la figlia pur se quello
gli
aveva offerto un alto prezzo: questo rifiuto di Agamennone costò la
pestilenza nel campo acheo, pestilenza mandata da Apollo per l'intercessione
del suo
sacerdote Crise. Siamo però sempre nei limiti di azioni che possono
essere compiuti in tempi di guerra quando i guerrieri non hanno a disposizione
le loro donne rimaste a casa. Omero non racconta nemmeno le vicende truci di
Tieste e Atreo. Certo conosceva il valore della giusta vendetta, ma riportava
per i Pelopidi solo il caso di Oreste che aveva ucciso Egisto, l'assassino
del padre Agamennone. Quindi è possibile
che non le conoscesse? Forse le conosceva, ma senza il cannibalismo, senza
l'uccisione
di un bambino
o fanciullo,
figlio del capo, offerto in un pasto comune con gli dei. Conosceva
le feste orgiastiche dedicate a un dio dei pastori e dei contadini, ovvero
Dioniso? Pare di no. Probabilmente quel Dioniso che Omero (Iliade VI, 128-140)
cita ha poco a che vedere col Dioniso greco e anche tracio che muore. Probabilmente è semplicemente
un figlio di dio, ovvero figlio di zeus(Dio-nysios): un tale Licurgo, figlio
di Driante insegue
nel
monte Nisa(Beozia)
le nutrici
di Dioniso, «e
tutte insieme gettarono a terra i tirsi»,
mentre il dio «assalito da spavento, balzò nei flutti del mare
e Teti lo ricevette nel suo seno tremante: un brivido terribile l'aveva colto
alle
urla del guerriero». Ma Licurgo «si attirò la collera degli
dèi»: Zeus «lo rese cieco», ed egli non visse più a
lungo «perché si era inimicato tutti gli dèi immortali».
Questa, nell'Iliade è una citazione che fa Diomede, tebano di Beozia,
a Glauco, troiano figlio d'Ippòloco, prima del combattimento con la
quale tiene a precisare che mai si batterebbe con un guerriero parente di un
dio, perché potrebbe fare la fine di Licurgo: quindi Diomede paragona
Glauco a un guerriero-fanciullo. Il Dioniso citato nell'Iliade sembra un dio
bambino
che indica la strada(quindi un dio
macanitide),
andare
verso il mare, quando sul finire dell'estate il dio dei lupi e dell'inverno
Licurgo(ma anche dio solare che scende e tramonta prima) appare e cominciano
i primi brividi notturni (pungoli). Ovviamente donne e bambini sono recalcitranti
perché il
periodo passato sui monti coincide con la bella stagione dell'estate. A meno
che Omero non abbia citato un racconto popolare si può intravedere
in questo racconto un ruolo molto importante di una
dea, quì denominata Teti, sicuramente benefica e potente non solo nella
sfera del mare, ma anche, considerate le prerogative agro-pastorali di Dioniso,
in quelle della terra e del cielo, come una
sorta di Ecate o Grande Madre.
Però nell'Odissea, Omero riferisce di Tantalo punito nell'Oltretomba.
Nell'Odissea (XI 582-92) Odisseo lo incontra negli Inferi: “Vidi
Tantalo, che pene gravose soffriva ritto dentro uno stagno: l'acqua lambiva
il suo mento.
Pareva
sempre
assetato
e non
poteva attingere e bere: ogni volta che, bramoso di bere, quel vecchio si curvava,
l'acqua risucchiata spariva, la nera terra appariva ai suoi piedi. Un dèmone
la prosciugava. Alberi dall'alto fogliame gli spargevano frutti sul capo, peri
e granati e meli con splendidi frutti, fichi dolcissimi e piante rigogliose
d'ulivo: ma appena il vecchio tendeva le mani a sfiorarli, il vento glieli
lanciava alle nuvole ombrose”.
Nell'Odissea è comunque taciuto il motivo della punizione; ma sicuramente
la sua colpa era un qualcosa che strideva contro la religione di Zeus. Ma a
questo punto si può porre l'altra questione omerica che si dibatte sulla diversa
mano o testa che ideò i poemi omerici. Infatti non sono pochi coloro che sostengono
che l'Odissea sembra opera di un autore posteriore rispetto all'autore o ideatore
dell'Iliade(Vedi
Questione omerica su Wuikipedia).
Ma è tempo di esaminare il banchettare comune, il mangiare e bere di tipo straordinario(non interessa il banchettare dei Proci, perché attività ordinaria di quasi tutti i giorni e quindi disdicevole e parassitaria) in Omero. Nell'Iliade il banchetto, il mangiare e bere in comune sembra associato alla fine e a un principio di qualche avvenimento. Così si banchetta per onorare Ettore morto, anzi è proprio Achille che consiglia Priamo di mangiare(Iliade, XXIV), ma si festeggia anche l'avvenimento che aveva posto fine alla pestilenza, ovvero all'indomani del riporto di Criseide al padre da parte di Odisseo(Il. I, 458 e ss). Anche nelle Pianopsie, feste popolari attiche, c'era un collegamento ad un avvenimento mitico che aveva cambiato le sorti di Atene. La festa delle pianopsie veniva celebrata nel settimo giorno del mese di pianepsione (tra metà ottobre e metà novembre), e vi venivano offerte al dio Apollo delle fave cotte in ricordo delle fave mangiate dai fanciulli sbarcati in Attica, dopo che erano stati salvati a Creta da Teseo. Plutarco riferisce questa tradizione(Vite parallele, Teseo, 22) aggiungendo dei particolari molto rilevanti. Si faceva questa festa popolare, riferisce Plutarco, rifacendo quello che avevano fatto Teseo, i suoi compagni e i marinai ritornando ad Atene. Tutte le vettovaglie che erano rimaste nel vascello, in primis le leguminose, che magari potevano ancora essere conservate(ndr), venivano messe in un calderone, bollite e consumate senza che ne rimanesse traccia: era un voto che Teseo aveva fatto ad Apollo e che lui e i suoi compagni compirono il settimo giorno del mese di pianepsione dopo i funerali del padre dell'eroe Egeo. Quindi ci troviamo di fronte a una sorta di rituale di orgia alimentare(legumi rimasti tutti da consumare) subito dopo un funerale e nel contempo commemorativo di un avvenimento molto importante per la città.
Per queste connessioni tra banchetti e funerali, tra banchetti e avvenimenti
che cambiano o dovrebbero cambiare la vita a venire si può ipotizzare
che
Omero
conoscesse
il
mito
di Tantalo e Pelope, ma probabilmente lo conoscesse privo del cannibalismo. Probabilmente
Omero conosceva l'importanza delle fave e dei ceci nell'avvicendamento dei campi
cerealicoli con l'orzo e/o il frumento o farro. Infatti è significativo
che li abbia collegati a Menelao e al troiano Eleno. Nel libro XIII dell'Iliade
Menelao
affronta
l'arciere
Eleno figlio di Priamo, quest'ultimo lo colpisce per prima con una freccia-dardo,
ma questo dardo, colpendolo sul petto coperto da corazza, si comporta come ceci
o
fave
scure
quando
sono sottoposti al vaglio:
"Addolorato
del morto amico il buon minore Atride,
contro il regale eroe che a morte il mise,
minaccioso avanzossi, alto squassando
l'acuta lancia; ed Eleno a rincontro
l'arco tese. Affrontârsi ambo i guerrieri,
bramosi di vibrar quegli la picca,
questi lo strale. Saettò primiero
di Priamo il figlio, e colpì l'altro al petto
nel cavo del torace. Il rio quadrello
via volò di risalto, e a quella guisa
che per l'aia agitato in largo vaglio
al soffiar dell'auretta ed alle scosse
del vagliator sussulta della bruna
fava o del cece l'arido legume;
dall'usbergo così di Menelao
resultò risospinto il dardo acerbo."(traduzione di Vincenzo Monti).
Quindi, con questo accenno alle fave(secondo gli archeobotanici si tratterebbe
del favino),
Menelao
sarebbe
un
re
risparmiato dalla
fava
o
leguminosa
ritenuta una sorta di pharmakon (medicina sia venefica, sia benefica),
un
personaggio
simil-infernale
che dal
tradimento della moglie Elena non trae nocumento; oppure
un
personaggio
dotato
di
sacralità,
di perfezione simil-apollinea
cui la leguminosa non fa male, anzi può fare del bene: una figura solare
che
va anche agli inferi è abbastanza comune nelle religioni arcaiche.
Menelao
si
dimostrò molto
valoroso, uccise parecchi troiani e riprese con se la moglie Elena. Ritornò a
Sparta con la moglie e visse una vita tranquilla con lei. Nell'Odissea
(IV,
561 ss.) il dio marino Proteo profetizzò che Menelao ed Elena fossero
destinati a non conoscere la morte(e Menelao scansò il dardo-fava di Eleno),
ma
a
venir
condotti
dagli
dei
nei
Campi
Elisi
in quanto
Elena era figlia di Zeus e
l'atride ne era il genero.
Se l'analisi di cui sopra è verosimile,
e se si ritiene
che
Omero conoscesse i miti di Tantalo e nel contempo
il mistero della fava,
è possibile che il banchetto del re di Frigia, che metteva su un piano
comune
uomini
e
divinità, fosse
simile
a un'orgia alimentare con consumo di leguminose alla fine o a metà inverno(probabile
fine e principio d'anno),
banchetto in cui probabilmente avveniva uno scambio amicale, inversione, di alimenti:
leguminose
agli
dei o loro rappresentanti e ambrosia e nettare(o alimenti equivalenti che è difficile
immaginare) agli
uomini.
Se invece si ipotizza che Omero non conoscesse i miti di
Tantalo, si può ipotizzare
una seconda alternativa.
Che cioè i miti di Tantalo e Pelope siano propri dei Frigi e che solo
in un secondo momento, dopo Omero epico(Iliade), questi
miti
siano
stati
completamente
modificati
in maniera che risultasse che i Pelopidi, cagione principale della guerra
con Troia e anche delle guerre interne tra Sparta e Atene(in epoca classica la
cultura greca parteggiò quasi esclusivamente per Atene, a parte qualche
poeta come Pindaro),
per
via
delle
loro
origini,
risalenti a Brigi e Frigi, fossero un germe malefico. Per questo si riversarono
su di loro leggende
che
probabilmente
risalivano
o si riferivano a popoli ai confini delle terre conosciute.
Se non conosciamo tanti racconti mitici sui Frigi e sui Lidii è probabile
che
quei racconti dei greci su di loro siano gli stessi miti loro originari profondamente
cambiati. E probabilmente i miti in questione sono quelli di Tantalo, del re
Mida e
della
regina di Lidia Onfale. Quello di Attys è invece un mito vero dei Frigi-Lidii
e presenta, prospetta una alternativa di vita in questa terra e nell'oltretomba
a
tutti
coloro che non si sentivano portati alla guerra(vedi articolo sul mito di Attys),
oppure con piccoli difetti di nascita o altri problemi tipo difetti della vista(miopia
per esempio o udito molto scarso).
Invece quello di Pelope potrebbe essere un mito espansivo di una popolazione
come quella dei Brigi che invasero la Troade e si stabilirono più in
là sulle
sponde del fiume Sangario. Il destino di Pelope è quello di diventare
un guerriero,
la sua natura è come quella della leguminosa, anzi della fava. Non è un
caso,
probabilmente, che
il
dardo di Eleno sia paragonato alla fava nera. Di Pelope si innamora Poseidone,
il consorte di Demetra e grande dio guerriero cui era sacro il cavallo; di Attys
invece
si
innamora
Agdistis,
mezzo uomo mezza donna, oppure la stessa Cibele che non è vista mai come
una
dea della guerra come lo era la cananea Anat.
Pelope
col
suo
trasferimento
in
Elide rappresenta probabilmente l'estrema punta di penetrazione espansiva ad
occidente
dei
Frigi.
La vicenda di Pelope bambino probabilmente era un racconto che accompagnava un
rituale di iniziazione per i figli dei nobili, guerrieri e cavalieri(pungolatori
di cavalli): se si immagina che la dea della guerra avesse una epifania
equina viene spontaneo
associarla alle leguminose e guarda caso sia la Gorgone Medusa, sia la
Demetra
di Phigalia hanno a volte aspetto o qualcosa del cavallo/a.
E probabilmente nel mito originario frigio la dea non toglieva, o meglio non
restituiva
all'iniziato, dopo la morte rituale,
la
spalla,
ma
un dito o qualche parte della mano. E la mano aveva già da molto tempo
sia una valenza fecondante e apotropaica(la mano fallica ritrovata nei templi
assiro-babilonesi
ne è un esempio, stesso significato poteva assumere pure l'amuleto del
dio frigio Sabazio, anch'esso costituito da una mano col dito medio teso), sia
una
valenza
legata al potere e alla tenuta di uno scettro o bastone. Nei miti di Ugarit(risalenti
al XIII sec. a.C.) è descritta
la dea Anat, furiosa e tremenda nella battaglia, che predilige come trofei le
mani dei guerrieri che uccide; la dea porta una bisaccia e vi attacca
o appende
queste mani.
Mentre
i
miti
su
Gordio-Mida
potrebbero
essere
i
miti
dei
Frigi
che
dal
IX
secolo
a.C.
espansero i propri confini in Anatolia. La regina Onfale, invece, presso cui
Eracle
per
uno o tre anni
, fece servizio di schiavo, potrebbe rappresentare una divinità femminile
lidia o frigia di provenienza tracia. Lo sfondo storico, su cui sorse la leggenda
di Eracle schiavo di una regina e vestito con abiti femminili, è quello
di una Lidia-Frigia in forte espansione, che richiedeva manodopera di tutti i
generi.
I greci, soprattutto,
i figli minori o meglio i figli delle concubine o delle serve dei nobili(ed Eracle,
considerata l'avversione nei suoi confronti di Era, sposa legittima di Zeus,
doveva essere il rappresentante mitico dei figli di una concubina, e infatti
come
aiutante,
alla
sua
nascita,
ebbe
la serva Galantide),
ma
anche
operai,
artigiani
accorsero
in
Anatolia
per
fornire
i
loro
servizi. A sostegno di tale tesi ci sono due imprese di Eracle in territorio
frigio o lidio. Eracle eliminò, probabilmente,
degli sfruttatori di migranti lavoratori che nonostante l'impegno profuso nel
lavoro non venivano pagati o peggio malmenati e cacciati: figure di sfruttatori
possono essere sia il mietitore Litierse di Celene, sia il lidio Sileo, proprietario
di vigne. Anche se c'è da aggiungere che probabilmente la figura di Litierse,
che gareggia come mietitore, sia stata fortemente negativizzata alla luce della
tradizione folklorica europea in cui le gare dei mietitori sono molto diffuse.
Probabilmente
in
Frigia
c'era
una
divinità femminile
chiamata Ma, che si era identificata con la dea Bendis. La sua venerazione
apparve in
età
classica anche a Corinto e ad Atene(fonti Esichio, Eschine, fr.56
Nauck),
ma
la
sua
provenienza
era la Tracia dove veniva chiamata Koty( Kotyto, Kotytto, Kotytia) il cui nome
è connesso dagli antichi etimologi al greco kotos ovvero ira,
tanto che fu identificata con Artemide. Questa dea aveva un culto propriamente
orgiastico, nel corso del quale uomini travestiti da donne, fra musiche orgiastiche,
si mostravano la notte facendo segrete riunioni sotto fiochi lumi , onde venivano
detti
mezze-donne(Sinesio,
ep.44). Probabilmente i greci che andarono in Lidia-Frigia per lavorare o per
fare i soldati mercenari fecero pure queste esperienze misteriche.
Poi c'è un
parallelo tracciabile tra Eracle e Pelope. Alcuni storici mitografi, contro
la tradizione comune che li considerava istituiti in onore di Zeus, scrissero
che
i Giochi
di Olimpia erano stati istituiti da Eracle in onore di Pelope(Igino,
Fabulae,
273,
5
-
Stazio,
Tebaide, 6, 5 ss. - Solino, 1,27). Inoltre, presumendo che Pelope sia legato
alla
coltivazione
della fava e delle leguminose, Eracle probabilmente lo apprezzava anche per
questo.
Infatti Aristofane nella commedia Le rane fa dire ad Eracle che
il
purè di fave o legumi è di suo gradimento e lo ha mangiato più di
mille volte.
Fra
l'altro,
sempre
ne Le
rane di Aristofane nell'Oltretomba la fantesca su ordine della padrona Persefone
prepara
per
Eracle - in effetti Dioniso scende nell'Oltretomba e al portinaio dice di essere
Eracle -
due o tre piatti di purè di legumi. Aristofane, probabilmente, scherza
coi Misteri,
dove
si svolgevano le pure orgie, dove erano banditi legumi e granati, anche
se questi alimenti erano impliciti e corrispondenti in maniera misterica(mangiare
questi alimenti costringeva alla generazione animale e vegetale)
nel
rituale: cosa che non era potuta sfiggire ad Aristofane; il commediografo
collegando
Eracle
ai legumi probabilmente ricorda le orgie alimentari e forse anche quelle sessuali
dell'eroe,
come
se
i
legumi
fossero pure degli afrodisiaci.
E
i
banchetti
di
Tantalo,
altro personaggio mitico che amava i ragazzi(c'era il racconto che avesse rapito
Ganimede) come
Eracle,
probabilmente non
erano altro che delle orgie alimentari, in cui si ritornava al caos, al principio
di
ogni
cosa,
per cui i pasti dei commensali erano invertiti. Nel mito di Tantalo non si parla
di
ritorno dei morti come nelle antesterie, ma di una Demetra molto provata
per
la
perdita
della
figlia
Persefone; però nell'Inno omerico a Demetra(vv.101-102) la dea si presenta
come una vecchia lontana dai parti e dall'amore di Afrodite, ovvero in uno stato
di
non
fertilità che si avvicina alla morte.
La
religione
greca
cercò di
paludare il nesso della religione con le forze vegetali ricorrendo ai Misteri
delle Due
Dee e ai Misteri di Dioniso, mentre agli Inferi fu relegato un dio quasi ozioso,
ma che ghermisce ragazze, come un fidanzato-morto che rapisce la sposa(figura
che viene dal folklore), e dona dei chicchi di melograna alla rapita come fosse
un
apicultore che fornisce un medicamento alle api malate. Nella Teogonia di Esiodo
Zeus trionfa sui ciclici, e quindi molto vicini alla morte e alle vecchie credenze
magiche, Urano e Crono(cui erano dedicate le feste dette Kronie in cui c'era
un rovesciamento dell'ordine) e
instaura
per sempre un mondo fondato sulla giustizia e sull'ordine.
J. P. Vernant vede nella
descrizione
di Esiodo della giara (Le opere e i giorni, vv.90-105)lo schema di un’immensa
giara
che
termina
con
un
collo stretto, da dove spuntano le radici del mondo(Mito e pensiero presso i
Greci, Torino, 2001, p. 204-205). Nella giara si trovano
turbini
di vento
caotico; è il regno del disordine che con l’avvento di Zeus viene
definitivamente tappato in modo che non possa più avere nessun contatto
con il mondo reale(Esiodo, dice J.P. Vernant, usa la metafora della giara
perché
al suo tempo nelle giare conservate nella cantina ponevano sia i frutti della
terra da conservare, sia i cadaveri dei parenti). Tantalo è in forte contrasto
con le gerarchie e l'ordine perché l'orgia alimentare, specie quando è connessa
con il ritorno dei morti, ha una valenza caotica. Ma se l'ipotesi proposta è verosimile,
cioè se il figlio Pelope era grosso modo una assimilazione a una
pianta molto vitale come le leguminose, che muore e risorge come in un rito
iniziatico(nel mito greco la resurrezione è dovuta a Zeus, oppure a
Hermes, che ricompongono il corpo del fanciullo, mentre Rea gli da il soffio
di vita, o lo pone in un calderone magico; e nell'intervento di Rea
un beffardo Aristofane potrebbe vedere il parallelo divino delle leguminose
che
danno ventosità alle
donne mortali cui serve per dare uno pneuma ai figli, come
è descritto ne Gli Acarnesi) e
nel contempo viene offerto agli dei o meglio a una dea che, probabilmente,
era
quella della
guerra(dea
che
gli
lascia
un
segno),
allora
il cannibalismo
di Tantalo è una calunnia che frequentemente un popolo,
un gruppo ha diffuso su un altro popolo, su un altro gruppo per sminuirlo,
per
giustificare anche il suo sterminio.
NOTA : Ma da quanto tempo le leguminose risultano largamente
coltivate nei territori inerenti il tema di Pelope e dei Frigi? La domesticazione
delle leguminose addirittura risale
al V millennio a.C.
Studi o elementi di archeobotanica si possono reperire su internet. Vedi questi
link: in generale 1,
sull'Egeo 2,
sull'Anatolia e sull'Italia 3.