IL MITO DI PELOPE



L'epopea dei vinti: i Frigi

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Frigi migranti in Sicilia e Brigi-Frigi migranti in Anatolia

I Troiani, chiamati anche Teucri, furono sconfitti, ma scrittori soprattutto latini intrecciarono il destino di alcuni Troiani in fuga con la storia di Roma. Probabilmente anche alcuni Frigi, dopo la mitica caduta di Troia o dopo altri avvenimenti catastrofici, per esempio invasioni di popoli dai costumi fortemente diversi provenienti dall'Asia( probabile causa della caduta dell'impero degli Ittiti), si diressero verso altri lidi. Pausania(5,25,6) dice che in Sicilia abitano: i Sicani, i Siculi e i Frigi; quelli arrivati là dall’Italia, I Frigi dal fiume Scamandro e dalla Troade.Tucidide(6,2,3) dice: "E, avvenuta la presa di Ilio, alcuni Troiani fuggendo gli Achei giunsero sulle navi alle coste della Sicilia, ed essendosi stabiliti a confine con i Sicani, tutti insieme vennero chiamati Elimi, e le loro città (sono) Erice e Segesta. Si stabilirono poi accanto a questi anche alcuni dei Focesi, trascinati dapprima dalla tempesta da Troia in Libia, e poi di qui in Sicilia.
Ma non dei Frigi, che si spostarono in altri territori come la Sicilia, che si vuole parlare, ma di quelli che secondo le leggende prima della mitica guerra di Troia erano in Anatolia.
La questione è peraltro controversa e difficilmente dipanabile. Dagli storici antichi sembra sia stato tracciato un triangolo i cui vertici sono il Peloponneso, la Macedonia o la Tracia e la Frigia e la Lidia in Anatolia. Un capostipite sarebbe stato un Mida proveniente dalla Macedonia, quando ancora i Frigi si chiamavano Brigi(Erodoto, VII, 73). Probabilmente il mito gli da appositamente un padre contadino e allevatore di buoi per significare la sua origine non proprio guerriera. Mida era, secondo la leggenda, un esperto giardiniere. Ci sono due re Mida che non sembrano avere un rapporto diretto. C'è un Midas che potrebbe essere identificato con il personaggio storico di Mita, re di Moschi nell'Anatolia occidentale alla fine dell'VIII secolo a.C. Di lui si dice che piuttosto che farsi prendere dai nemici si sia suicidato bevendo sangue di toro. Invece il Mida leggendario sarebbe vissuto prima della guerra di Troia e probabilmente passando dalla Macedonia, attraverso la Tracia, si sarebbe scontrato con qualche città della Troade, allontanandosi dopo verso i territori del fiume Sangario, dove i Brigi si cambiarono il nome in Frigi. Omero non riferisce frigi di nome Mida o Gordio.


I Frigi nell'Iliade di Omero

Quando Omero si riferisce ai Frigi non riporta nemmeno Tantalo e parlando della stirpe del duce Agamennone non menziona Tantalo come trasmettitore del potere(ànax che da lo scettro)a Pelope, ma Hermes.
E' possibile che il mito dell'efferrato Tantalo e di Pelope al tempo dell'ideazione e della diffusione dell'Iliade non si conoscesse, o che, meglio, non si conoscesse nella forma completamente negativa che conosciamo? E' una domanda cui si potrebbero dare due risposte alternative.
La prima alternativa, che presuppone che esistesseo al tempo di Omero quelle leggende, consiste nel ritenere che quei miti non fossero così truci come ci sono stati tramandati. Omero non riferisce nulla di negativo sui Pelopidi a parte il carattere di dominatore di Agamennone che avendo restituito Criseide(bottino di guerra)al padre Crise, sacerdote di Apollo, secondo il responso dell'oracolo, pretese da Achille la di lui amante Briseide(pure bottino di guerra), figlia del sacerdote di Apollo, Brise. Questo atto del comandante Agamennone doveva essere peraltro un'uso abbastanza seguito nella divisione del bottino di guerra. Comunque è vero che l'atteggiamento di Agamennone ferì Achille che per diverso tempo si ritirò dalla guerra. Come è anche vero che Agamennone non volle restituire al padre Crise la figlia pur se quello gli aveva offerto un alto prezzo: questo rifiuto di Agamennone costò la pestilenza nel campo acheo, pestilenza mandata da Apollo per l'intercessione del suo sacerdote Crise. Siamo però sempre nei limiti di azioni che possono essere compiuti in tempi di guerra quando i guerrieri non hanno a disposizione le loro donne rimaste a casa. Omero non racconta nemmeno le vicende truci di Tieste e Atreo. Certo conosceva il valore della giusta vendetta, ma riportava per i Pelopidi solo il caso di Oreste che aveva ucciso Egisto, l'assassino del padre Agamennone. Quindi è possibile che non le conoscesse? Forse le conosceva, ma senza il cannibalismo, senza l'uccisione di un bambino o fanciullo, figlio del capo, offerto in un pasto comune con gli dei. Conosceva le feste orgiastiche dedicate a un dio dei pastori e dei contadini, ovvero Dioniso? Pare di no. Probabilmente quel Dioniso che Omero (Iliade VI, 128-140) cita ha poco a che vedere col Dioniso greco e anche tracio che muore. Probabilmente è semplicemente un figlio di dio, ovvero figlio di zeus(Dio-nysios): un tale Licurgo, figlio di Driante insegue nel monte Nisa(Beozia) le nutrici di Dioniso, «e tutte insieme gettarono a terra i tirsi», mentre il dio «assalito da spavento, balzò nei flutti del mare e Teti lo ricevette nel suo seno tremante: un brivido terribile l'aveva colto alle urla del guerriero». Ma Licurgo «si attirò la collera degli dèi»: Zeus «lo rese cieco», ed egli non visse più a lungo «perché si era inimicato tutti gli dèi immortali». Questa, nell'Iliade è una citazione che fa Diomede, tebano di Beozia, a Glauco, troiano figlio d'Ippòloco, prima del combattimento con la quale tiene a precisare che mai si batterebbe con un guerriero parente di un dio, perché potrebbe fare la fine di Licurgo: quindi Diomede paragona Glauco a un guerriero-fanciullo. Il Dioniso citato nell'Iliade sembra un dio bambino che indica la strada(quindi un dio macanitide), andare verso il mare, quando sul finire dell'estate il dio dei lupi e dell'inverno Licurgo(ma anche dio solare che scende e tramonta prima) appare e cominciano i primi brividi notturni (pungoli). Ovviamente donne e bambini sono recalcitranti perché il periodo passato sui monti coincide con la bella stagione dell'estate. A meno che Omero non abbia citato un racconto popolare si può intravedere in questo racconto un ruolo molto importante di una dea, quì denominata Teti, sicuramente benefica e potente non solo nella sfera del mare, ma anche, considerate le prerogative agro-pastorali di Dioniso, in quelle della terra e del cielo, come una sorta di Ecate o Grande Madre.
Però nell'Odissea, Omero riferisce di Tantalo punito nell'Oltretomba. Nell'Odissea (XI 582-92) Odisseo lo incontra negli Inferi: “Vidi Tantalo, che pene gravose soffriva ritto dentro uno stagno: l'acqua lambiva il suo mento. Pareva sempre assetato e non poteva attingere e bere: ogni volta che, bramoso di bere, quel vecchio si curvava, l'acqua risucchiata spariva, la nera terra appariva ai suoi piedi. Un dèmone la prosciugava. Alberi dall'alto fogliame gli spargevano frutti sul capo, peri e granati e meli con splendidi frutti, fichi dolcissimi e piante rigogliose d'ulivo: ma appena il vecchio tendeva le mani a sfiorarli, il vento glieli lanciava alle nuvole ombrose”.
Nell'Odissea è comunque taciuto il motivo della punizione; ma sicuramente la sua colpa era un qualcosa che strideva contro la religione di Zeus. Ma a questo punto si può porre l'altra questione omerica che si dibatte sulla diversa mano o testa che ideò i poemi omerici. Infatti non sono pochi coloro che sostengono che l'Odissea sembra opera di un autore posteriore rispetto all'autore o ideatore dell'Iliade(Vedi Questione omerica su Wuikipedia).


Il banchetto, il mangiare e bere in comune di tipo straordinario

Ma è tempo di esaminare il banchettare comune, il mangiare e bere di tipo straordinario(non interessa il banchettare dei Proci, perché attività ordinaria di quasi tutti i giorni e quindi disdicevole e parassitaria) in Omero. Nell'Iliade il banchetto, il mangiare e bere in comune sembra associato alla fine e a un principio di qualche avvenimento. Così si banchetta per onorare Ettore morto, anzi è proprio Achille che consiglia Priamo di mangiare(Iliade, XXIV), ma si festeggia anche l'avvenimento che aveva posto fine alla pestilenza, ovvero all'indomani del riporto di Criseide al padre da parte di Odisseo(Il. I, 458 e ss). Anche nelle Pianopsie, feste popolari attiche, c'era un collegamento ad un avvenimento mitico che aveva cambiato le sorti di Atene. La festa delle pianopsie veniva celebrata nel settimo giorno del mese di pianepsione (tra metà ottobre e metà novembre), e vi venivano offerte al dio Apollo delle fave cotte in ricordo delle fave mangiate dai fanciulli sbarcati in Attica, dopo che erano stati salvati a Creta da Teseo. Plutarco riferisce questa tradizione(Vite parallele, Teseo, 22) aggiungendo dei particolari molto rilevanti. Si faceva questa festa popolare, riferisce Plutarco, rifacendo quello che avevano fatto Teseo, i suoi compagni e i marinai ritornando ad Atene. Tutte le vettovaglie che erano rimaste nel vascello, in primis le leguminose, che magari potevano ancora essere conservate(ndr), venivano messe in un calderone, bollite e consumate senza che ne rimanesse traccia: era un voto che Teseo aveva fatto ad Apollo e che lui e i suoi compagni compirono il settimo giorno del mese di pianepsione dopo i funerali del padre dell'eroe Egeo. Quindi ci troviamo di fronte a una sorta di rituale di orgia alimentare(legumi rimasti tutti da consumare) subito dopo un funerale e nel contempo commemorativo di un avvenimento molto importante per la città.


Fave scure e legumi come dardi nell'Iliade di Omero


Per queste connessioni tra banchetti e funerali, tra banchetti e avvenimenti che cambiano o dovrebbero cambiare la vita a venire si può ipotizzare che Omero conoscesse il mito di Tantalo e Pelope, ma probabilmente lo conoscesse privo del cannibalismo. Probabilmente Omero conosceva l'importanza delle fave e dei ceci nell'avvicendamento dei campi cerealicoli con l'orzo e/o il frumento o farro. Infatti è significativo che li abbia collegati a Menelao e al troiano Eleno. Nel libro XIII dell'Iliade Menelao affronta l'arciere Eleno figlio di Priamo, quest'ultimo lo colpisce per prima con una freccia-dardo, ma questo dardo, colpendolo sul petto coperto da corazza, si comporta come ceci o fave scure quando sono sottoposti al vaglio:
"Addolorato
del morto amico il buon minore Atride,
contro il regale eroe che a morte il mise,
minaccioso avanzossi, alto squassando
l'acuta lancia; ed Eleno a rincontro
l'arco tese. Affrontârsi ambo i guerrieri,
bramosi di vibrar quegli la picca,
questi lo strale. Saettò primiero
di Priamo il figlio, e colpì l'altro al petto
nel cavo del torace. Il rio quadrello
via volò di risalto, e a quella guisa
che per l'aia agitato in largo vaglio
al soffiar dell'auretta ed alle scosse
del vagliator sussulta della bruna
fava o del cece l'arido legume;
dall'usbergo così di Menelao
resultò risospinto il dardo acerbo
."(traduzione di Vincenzo Monti).
Quindi, con questo accenno alle fave(secondo gli archeobotanici si tratterebbe del favino), Menelao sarebbe un re risparmiato dalla fava o leguminosa ritenuta una sorta di pharmakon (medicina sia venefica, sia benefica), un personaggio simil-infernale che dal tradimento della moglie Elena non trae nocumento; oppure un personaggio dotato di sacralità, di perfezione simil-apollinea cui la leguminosa non fa male, anzi può fare del bene: una figura solare che va anche agli inferi è abbastanza comune nelle religioni arcaiche. Menelao si dimostrò molto valoroso, uccise parecchi troiani e riprese con se la moglie Elena. Ritornò a Sparta con la moglie e visse una vita tranquilla con lei. Nell'Odissea (IV, 561 ss.) il dio marino Proteo profetizzò che Menelao ed Elena fossero destinati a non conoscere la morte(e Menelao scansò il dardo-fava di Eleno), ma a venir condotti dagli dei nei Campi Elisi in quanto Elena era figlia di Zeus e l'atride ne era il genero.
Se l'analisi di cui sopra è verosimile, e se si ritiene che Omero conoscesse i miti di Tantalo e nel contempo il mistero della fava, è possibile che il banchetto del re di Frigia, che metteva su un piano comune uomini e divinità, fosse simile a un'orgia alimentare con consumo di leguminose alla fine o a metà inverno(probabile fine e principio d'anno), banchetto in cui probabilmente avveniva uno scambio amicale, inversione, di alimenti: leguminose agli dei o loro rappresentanti e ambrosia e nettare(o alimenti equivalenti che è difficile immaginare) agli uomini.


I miti di Tantalo e Pelope, miti propri dei Frigi

Se invece si ipotizza che Omero non conoscesse i miti di Tantalo, si può ipotizzare una seconda alternativa. Che cioè i miti di Tantalo e Pelope siano propri dei Frigi e che solo in un secondo momento, dopo Omero epico(Iliade), questi miti siano stati completamente modificati in maniera che risultasse che i Pelopidi, cagione principale della guerra con Troia e anche delle guerre interne tra Sparta e Atene(in epoca classica la cultura greca parteggiò quasi esclusivamente per Atene, a parte qualche poeta come Pindaro), per via delle loro origini, risalenti a Brigi e Frigi, fossero un germe malefico. Per questo si riversarono su di loro leggende che probabilmente risalivano o si riferivano a popoli ai confini delle terre conosciute.
Se non conosciamo tanti racconti mitici sui Frigi e sui Lidii è probabile che quei racconti dei greci su di loro siano gli stessi miti loro originari profondamente cambiati. E probabilmente i miti in questione sono quelli di Tantalo, del re Mida e della regina di Lidia Onfale. Quello di Attys è invece un mito vero dei Frigi-Lidii e presenta, prospetta una alternativa di vita in questa terra e nell'oltretomba a tutti coloro che non si sentivano portati alla guerra(vedi articolo sul mito di Attys), oppure con piccoli difetti di nascita o altri problemi tipo difetti della vista(miopia per esempio o udito molto scarso). Invece quello di Pelope potrebbe essere un mito espansivo di una popolazione come quella dei Brigi che invasero la Troade e si stabilirono più in là sulle sponde del fiume Sangario. Il destino di Pelope è quello di diventare un guerriero, la sua natura è come quella della leguminosa, anzi della fava. Non è un caso, probabilmente, che il dardo di Eleno sia paragonato alla fava nera. Di Pelope si innamora Poseidone, il consorte di Demetra e grande dio guerriero cui era sacro il cavallo; di Attys invece si innamora Agdistis, mezzo uomo mezza donna, oppure la stessa Cibele che non è vista mai come una dea della guerra come lo era la cananea Anat. Pelope col suo trasferimento in Elide rappresenta probabilmente l'estrema punta di penetrazione espansiva ad occidente dei Frigi. La vicenda di Pelope bambino probabilmente era un racconto che accompagnava un rituale di iniziazione per i figli dei nobili, guerrieri e cavalieri(pungolatori di cavalli): se si immagina che la dea della guerra avesse una epifania equina viene spontaneo associarla alle leguminose e guarda caso sia la Gorgone Medusa, sia la Demetra di Phigalia hanno a volte aspetto o qualcosa del cavallo/a. E probabilmente nel mito originario frigio la dea non toglieva, o meglio non restituiva all'iniziato, dopo la morte rituale, la spalla, ma un dito o qualche parte della mano. E la mano aveva già da molto tempo sia una valenza fecondante e apotropaica(la mano fallica ritrovata nei templi assiro-babilonesi ne è un esempio, stesso significato poteva assumere pure l'amuleto del dio frigio Sabazio, anch'esso costituito da una mano col dito medio teso), sia una valenza legata al potere e alla tenuta di uno scettro o bastone. Nei miti di Ugarit(risalenti al XIII sec. a.C.) è descritta la dea Anat, furiosa e tremenda nella battaglia, che predilige come trofei le mani dei guerrieri che uccide; la dea porta una bisaccia e vi attacca o appende queste mani.


Eracle e la regina di Lidia Onfale

Mentre i miti su Gordio-Mida potrebbero essere i miti dei Frigi che dal IX secolo a.C. espansero i propri confini in Anatolia. La regina Onfale, invece, presso cui Eracle per uno o tre anni , fece servizio di schiavo, potrebbe rappresentare una divinità femminile lidia o frigia di provenienza tracia. Lo sfondo storico, su cui sorse la leggenda di Eracle schiavo di una regina e vestito con abiti femminili, è quello di una Lidia-Frigia in forte espansione, che richiedeva manodopera di tutti i generi. I greci, soprattutto, i figli minori o meglio i figli delle concubine o delle serve dei nobili(ed Eracle, considerata l'avversione nei suoi confronti di Era, sposa legittima di Zeus, doveva essere il rappresentante mitico dei figli di una concubina, e infatti come aiutante, alla sua nascita, ebbe la serva Galantide), ma anche operai, artigiani accorsero in Anatolia per fornire i loro servizi. A sostegno di tale tesi ci sono due imprese di Eracle in territorio frigio o lidio. Eracle eliminò, probabilmente, degli sfruttatori di migranti lavoratori che nonostante l'impegno profuso nel lavoro non venivano pagati o peggio malmenati e cacciati: figure di sfruttatori possono essere sia il mietitore Litierse di Celene, sia il lidio Sileo, proprietario di vigne. Anche se c'è da aggiungere che probabilmente la figura di Litierse, che gareggia come mietitore, sia stata fortemente negativizzata alla luce della tradizione folklorica europea in cui le gare dei mietitori sono molto diffuse.
Probabilmente in Frigia c'era una divinità femminile chiamata Ma, che si era identificata con la dea Bendis. La sua venerazione apparve in età classica anche a Corinto e ad Atene(fonti Esichio, Eschine, fr.56 Nauck), ma la sua provenienza era la Tracia dove veniva chiamata Koty( Kotyto, Kotytto, Kotytia) il cui nome è connesso dagli antichi etimologi al greco kotos ovvero ira, tanto che fu identificata con Artemide. Questa dea aveva un culto propriamente orgiastico, nel corso del quale uomini travestiti da donne, fra musiche orgiastiche, si mostravano la notte facendo segrete riunioni sotto fiochi lumi , onde venivano detti mezze-donne(Sinesio, ep.44). Probabilmente i greci che andarono in Lidia-Frigia per lavorare o per fare i soldati mercenari fecero pure queste esperienze misteriche.
Poi c'è un parallelo tracciabile tra Eracle e Pelope. Alcuni storici mitografi, contro la tradizione comune che li considerava istituiti in onore di Zeus, scrissero che i Giochi di Olimpia erano stati istituiti da Eracle in onore di Pelope(Igino, Fabulae, 273, 5 - Stazio, Tebaide, 6, 5 ss. - Solino, 1,27). Inoltre, presumendo che Pelope sia legato alla coltivazione della fava e delle leguminose, Eracle probabilmente lo apprezzava anche per questo. Infatti Aristofane nella commedia Le rane fa dire ad Eracle che il purè di fave o legumi è di suo gradimento e lo ha mangiato più di mille volte. Fra l'altro, sempre ne Le rane di Aristofane nell'Oltretomba la fantesca su ordine della padrona Persefone prepara per Eracle - in effetti Dioniso scende nell'Oltretomba e al portinaio dice di essere Eracle - due o tre piatti di purè di legumi. Aristofane, probabilmente, scherza coi Misteri, dove si svolgevano le pure orgie, dove erano banditi legumi e granati, anche se questi alimenti erano impliciti e corrispondenti in maniera misterica(mangiare questi alimenti costringeva alla generazione animale e vegetale) nel rituale: cosa che non era potuta sfiggire ad Aristofane; il commediografo collegando Eracle ai legumi probabilmente ricorda le orgie alimentari e forse anche quelle sessuali dell'eroe, come se i legumi fossero pure degli afrodisiaci. E i banchetti di Tantalo, altro personaggio mitico che amava i ragazzi(c'era il racconto che avesse rapito Ganimede) come Eracle, probabilmente non erano altro che delle orgie alimentari, in cui si ritornava al caos, al principio di ogni cosa, per cui i pasti dei commensali erano invertiti. Nel mito di Tantalo non si parla di ritorno dei morti come nelle antesterie, ma di una Demetra molto provata per la perdita della figlia Persefone; però nell'Inno omerico a Demetra(vv.101-102) la dea si presenta come una vecchia lontana dai parti e dall'amore di Afrodite, ovvero in uno stato di non fertilità che si avvicina alla morte.


Tantalo, un re in forte contrasto con la religione di Zeus

La religione greca cercò di paludare il nesso della religione con le forze vegetali ricorrendo ai Misteri delle Due Dee e ai Misteri di Dioniso, mentre agli Inferi fu relegato un dio quasi ozioso, ma che ghermisce ragazze, come un fidanzato-morto che rapisce la sposa(figura che viene dal folklore), e dona dei chicchi di melograna alla rapita come fosse un apicultore che fornisce un medicamento alle api malate. Nella Teogonia di Esiodo Zeus trionfa sui ciclici, e quindi molto vicini alla morte e alle vecchie credenze magiche, Urano e Crono(cui erano dedicate le feste dette Kronie in cui c'era un rovesciamento dell'ordine) e instaura per sempre un mondo fondato sulla giustizia e sull'ordine. J. P. Vernant vede nella descrizione di Esiodo della giara (Le opere e i giorni, vv.90-105)lo schema di un’immensa giara che termina con un collo stretto, da dove spuntano le radici del mondo(Mito e pensiero presso i Greci, Torino, 2001, p. 204-205). Nella giara si trovano turbini di vento caotico; è il regno del disordine che con l’avvento di Zeus viene definitivamente tappato in modo che non possa più avere nessun contatto con il mondo reale(Esiodo, dice J.P. Vernant, usa la metafora della giara perché al suo tempo nelle giare conservate nella cantina ponevano sia i frutti della terra da conservare, sia i cadaveri dei parenti). Tantalo è in forte contrasto con le gerarchie e l'ordine perché l'orgia alimentare, specie quando è connessa con il ritorno dei morti, ha una valenza caotica. Ma se l'ipotesi proposta è verosimile, cioè se il figlio Pelope era grosso modo una assimilazione a una pianta molto vitale come le leguminose, che muore e risorge come in un rito iniziatico(nel mito greco la resurrezione è dovuta a Zeus, oppure a Hermes, che ricompongono il corpo del fanciullo, mentre Rea gli da il soffio di vita, o lo pone in un calderone magico; e nell'intervento di Rea un beffardo Aristofane potrebbe vedere il parallelo divino delle leguminose che danno ventosità alle donne mortali cui serve per dare uno pneuma ai figli, come è descritto ne Gli Acarnesi) e nel contempo viene offerto agli dei o meglio a una dea che, probabilmente, era quella della guerra(dea che gli lascia un segno), allora il cannibalismo di Tantalo è una calunnia che frequentemente un popolo, un gruppo ha diffuso su un altro popolo, su un altro gruppo per sminuirlo, per giustificare anche il suo sterminio.
NOTA : Ma da quanto tempo le leguminose risultano largamente coltivate nei territori inerenti il tema di Pelope e dei Frigi? La domesticazione delle leguminose addirittura risale al V millennio a.C. Studi o elementi di archeobotanica si possono reperire su internet. Vedi questi link: in generale 1, sull'Egeo 2, sull'Anatolia e sull'Italia 3.

Una ricostruzione della statua di Demetra di Phigalia da esonet.it


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