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TAG: Pelope, Tantalo, Frigia, mondo alla rovescia, orgia alimentare, legumi, nettare, ambrosia, pranzo cannibalico, antesterie, ritorno dei morti, Zeus, Demetra, Pandareo, Erisittone
In questo capitolo e nei prossimi si cercherà di
mettere in relazione il mito di Pelope con i più famosi miti della Frigia.
Già si è accennato
alla figura di Tantalo, il padre di Pelope. Secondo altre fonti Tantalo non
era re della
Frigia, ne tanto meno era figlio di Pluto. Altri dicevano che fosse
stato re di Argo o di Corinto, altri che da Sipilo in Lidia si fosse diretto
verso la Paflagonia per regnarvi. Da dove fu scacciato dal frigio Ilo(di Troia),
perché aveva rapito e sedotto il fratello minore, Ganimede(Fanocle,
III sec.a.C in fr.4 in Coll.Alex.Powell). Oltre al pranzo cannibalico offerto
da Tantalo agli dei dell'Olimpo, questo re, ritenuto amico di Zeus stesso che
lo aveva
invitato
ad un banchetto di nettare e ambrosia presso l'Olimpo, si macchiò di
una colpa altrettanto grave, cioè l'aver rubato dalla mensa degli dei
il nettare e l'ambrosia per distribuirlo agli uomini.
Sembra abbastanza palese che questo Tantalo sia una figura mitica, e probabilmente
dietro questo Tantalo si nascondono usi e rituali antichissimi e non più compresi,
fortemente demonizzati ad hoc da certe correnti religiose successive e grosso
modo dominanti. Comunque Tantalo, nonostante il posto riservatogli nell'Oltretomba
dall'Odissea di Omero, fu consideato figlio di Zeus(Euripide, Oreste, 5; Platone,
Cratilo 395E) e venerato nel culto in più di un luogo della Grecia, eponimo
di una città di nome Tantalis(Plinio, Naturalis historia 5,117). Le sue ossa
erano custodite in un monumento di bronzo sormontato dalle immagini di Artemis,
Zeus e Athena, nella zona sacra di Demeter Pelasgis, dove stava pure la tomba
di Pelasgos(Pausania, II 22,2). Pausania rileva pure che la sua tomba era sul
Sipilo. Inoltre Stefano Bizantino ricorda un culto di Tantalo nell'isola di
Lesbo (Angelo Brelich, Gli eroi greci, 2010, p.386).
Proviamo a mettere insieme le due azioni colpevoli di
Tantalo perciò che
riguarda la comunione, il pasto comune con gli dei, cioè l'offerta del figlio
Pelope ovvero l'offerta di legumi cotti agli dei e il furto di nettare e
ambrosia dalla mensa di Zeus al fine di portarli agli uomini. In ultima
analisi Tantalo attua o vorrebbe attuare un mondo alla rovescia, agli uomini
da il nettare
e
l'ambrosia,
il
cibo che
non è cibo, ma che preserva dalla morte(proprio la parola ambrosia sembra
derivare da - a il cosiddetto "alfa privativo" e
mbrotos "mortale", rad. mrot-, cfr. latino mors, mortis),
e agli dei offre un pasto cannibalico, secondo quello che hanno tramandato
i miti della religione olimpica, ma in effetti da legumi cotti, cibo misterico
nel desco dei mortali, perché si presumeva che le donne trasmettessero lo pneuma
ai figli per il tramite dei legumi. La mia ipotesi è che
non abbia offerto un pasto cannibalico, ma probabilmente fave e/o altri legumi,
appunto
perché
non c'era altro cibo e probabilmente la farina di orzo si era esaurita. Probabilmente
intorno alla fine dell'inverno si faceva un'orgia alimentare in cui venivano
consumati in gran parte i legumi che erano stati conservati. Ovviamente gli
dei antichi, come Crono oppure Hermes ctonio e altri simili, e insieme a loro
gli antenati e i morti venivano ritualmente invitati. Una ritualità simile
avevano ancora le Antesterie dell'Attica in epoca
storica; si celebravano in tre giorni a cavallo fra febbraio e marzo, nel terzo
giorno, chiamato «marmitte» o
delle pentole ogni casa faceva la panspermia, un miscuglio cotto di tutti i
semi(legumi e cereali)e le pentole, che contenevano la panspermia, venivano
portate per le strade in processione; tali pentole erano offerte esclusivamente
ad
Hermes
Ctonio
o infernale(in altre commedie di Aristofane le pentole con la purea di legumi
erano chiamate pentole di Zeus, ma probabilmente si tratta di una stessa divinità
legata alla fertilità della terra) e a Dioniso: a queste feste partecipavano
anche i bambini e si credeva che
venissero
pure
i morti.
Ovviamente
in tempi
storici
questi
morti
non avevano
nulla a che fare con gli antenati: allora erano soltanto tollerati e alla fine
della festa erano invitati ad andare via. Ma comunque c'era una credenza che
i morti potessero rinascere attraverso le fave per via anche del fatto che
mangiandole
veniva prodotta ventosità. Che ci fosse un collegamento tra
ventosità e lo pneuma e/o prolificità delle donne lo si desume
da una commedia
di Aristofane, Gli Acarnesi. Porfirio riportava invece nel 4°
secolo d.C. la credenza negativa sulle fave: potevano essere veicolo delle
anime dei morti,
capaci di prendere possesso di un essere umano, come fossero demoni (Porfirio,
Sull’astinenza
delle carni, IV, 19).
Se le fave e i legumi potevano andare bene per gli dei inferi, per i serpenti
della terra, per i morti e per la prolificità delle donne mortali che
generano esseri destinati alla morte, la loro offerta agli dei olimpici poteva
essere
equivocata ed essere offensiva in quanto gli dei erano immortali. Ma le donne
ci credevano e seguivano le processioni delle cosidette "pentole di Zeus" vestite
con i
migliori
abiti
e agghindate di gioielli. Quindi è possibile
che i rituali di Tantalo o di un re antichissimo, che nella
sua persona riuniva potere militare e potere religioso, siano stati fortemente
negativizzati, in quanto probabilmente erano ancorati a un "credo religioso"
diverso, ovvero a quello di una Grande Madre. E probabilmente nella figura
della dea Demetra cannibale si adombra una Grande Madre che gradiva le feste
in cui divinità celesti, divinità infere, re e sudditi, morti,
donne e bambini si riunivano e consumavano gran parte dei legumi conservati(e
che avrebbero
potuto essere ancora conservati). Era una sorta di atto di fede nei confronti
della Grande Madre in quanto, probabilmente,
questo tipo di festa, molto vicina all'orgia alimentare di fine o metà inverno,
doveva propiziare una buona stagione e delle messi abbondanti.
Abbastanza controverso è il mito del cane d'oro
rubato dal tempio di Zeus a Creta(o a Mileto di Lidia). Anche nelle vicende
attorno a questo
mito
Demetra si comporta
in maniera non coerente con Zeus. Questo cane d'oro o forse di bronzo pare
fungesse
da
guardiano del tempio. Secondo Antonio
Liberale(Metamorfosi, 11 e 36) il cane costruito da Efesto affinché sorvegliasse
il piccolo Zeus, perseguitato da Crono, era
Rea stessa, trasformata dal dio(Efesto) per proteggere il bambino Zeus. Secondo
alcune versioni l'artefice
del furto non era Tantalo, ma Pandareo(nativo
di Mileto di Lidia o forse di Creta), che lo affidò a Tantalo ancora
ragazzo con l'impegno che lo nascondesse agli occhi divini. Hermes
con il chiaro
intento di riavere il sacro animale glielo richiese, ma Tantalo giurò il
falso. In altre versioni Pandareo fu solamente incaricato da Tantalo di eseguire
il
furto.
Il fatto che non convince o che comunque stona con il concetto che Zeus fosse
ànax, re degli dei, è che Pandareo riceve sorte diversa
a secondo delle versioni del mito. Zeus punisce Pandareo e lo trasforma in
sasso (vedi
Encicl. Treccani), in altre versioni invece a un Pandareo di Creta, che
rubò il cane d'oro di Zeus e la vendicò così per l'uccisione
di Iasio(fulminato dal fulmine di Zeus per essersi congiunto con la dea in
un campo arato tre volte), Demetra concesse di non soffrire mai di mal di stomaco,
quale
che fosse la
quantità di
cibo mangiato(R. Graves, I miti greci, 24,b in generale, e per il dono di Demetra
a Pandareo, Antonino Liberale, Metamorfosi XI specificatamente).
Ho riportato il mito del cane d'oro per questa opposizione Zeus-Demetra, opposizione
o non condivisione che si presenta frequente nei miti della dea. Basta ricordare
che: 1)mangia le carni di Pelope, al contrario di come fanno gli altri dei; 2)dopo
lo stupro subito da Poseidone si nasconde in una grotta e non fa crescere le
piante cerealicole; 3)dopo il rapimento di Persefone, si nasconde come vecchia
lontana dai parti presso il re di Eleusi e non fa crescere le piante cerealicole.
La figura di Tantalo, se si riconduce il suo operato ad una ritualità antica
della manducazione con le divinità, ovvero ad un mondo alla rovescia nell'ambito
di un'orgia alimentare, può essere avvicinata a quella di Demetra infuriata,
sia
per lo stupro subito da Poseidone(la Demetra di Phigalia), sia per la scomparsa
della figlia, rapita da Hades. Demetra non fa crescere le piante, potrebbe condurre
gli uomini in tale miseria da non essere più in grado, questi ultimi,
di fare sacrifici agli dei. Il supposto rituale di Tantalo, il mondo alla rovescia
con
ambrosia
e nettare
agli
uomini
e legumi-fave alle divinità, potrebbe pure essere stato dettato dal protrarsi
di condizioni climatiche avverse. Tantalo quindi metteva sullo stesso piano divinità
e uomini come un ultimatum: se si estingue l'uomo o se si estingue la popolazione
umana gli dei non riceveranno sacrifici e saranno dimenticati. Ma Tantalo non
era una divinità come Demetra, secondo una visione religiosa in
cui
gli
dei dell'Olimpo non si potevano confondere con gli uomini e gli esseri mortali.
Tantalo
si
comportò o forse meglio fu accostato a
Zeus
quando
rapì Ganimede: probabilmente questo racconto, in sè non molto trasgressivo,
voleva mettere in evidenza la sua hybris, cioè il suo considerare
Zeus alla sua stregua.
Può essere
successo che Tantalo abbia oltrepassato i limiti del mondo alla rovescia
ed abbia
fatto ricorso pure al sacrificio cannibalico di un figlio, del figlio di un re?
Sicuramente sarà successo nella storia religiosa di tanti popoli che un
saggio,
un guru religioso
abbia dato delle prescrizioni rituali di tipo magico, ma significative e innocue,
e che qualche altro successivo capo religioso scriteriato le abbia cambiate
oltrepassando
certi limiti, attualizzando un caos che era solo una pantomima. E in
certo senso l'autocastrazione dei sacerdoti Galli potrebbe essere visto come
una forma estrema di avvicinamento alla Dea Madre. Anche se molto probabilmente
questo rito potrebbe aver portato a trattenere piuttosto che ad abbandonare ed
esporre i neonati con qualche difetto ai genitali.
Ci si domanda se è possibile pensare Tantalo come un personaggio
capostipite
di
popolazioni provenienti dall'Illiria o da territori al di sopra di tale regione
che poi affluirono in Macedonia(Brigi),
quindi nel
Peloponneso
e anche in Anatolia, dove presero il nome di Frigi e si imparentarono
con
le famiglie nobiliari di alcune città della Troade. Nel caso si immaginasse
una
provenienza
dalla
parte
alta
dell'Illiria
si potrebbero
giustificare le orgie alimentari a base di legumi che probabilmente organizzava
invitando dei, morti e antenati. Il favismo, da indagini genetiche condotte di
recente, è
assolutamente sporadico dalla parte alta dell'Illiria in sù, quindi la
fava non
poteva
risultare invisa come lo era per popolazioni che vivevano nella parte bassa dei
Balcani, in Grecia, in Anatolia e sulle coste mediterranee dell'Africa. Nell'antichità
nel
Friuli In Val Pesarina facevano il pan di trameste o tremeste, con
miscele di cereali
inferiori e fave (Ciceri Nicoloso Andreina, Rizzolatti Piera, Vita tradizionale
in Val Pesarina, Comune di Prato Carnico, 1991, 2 voll., vol. II, pp. 165-166).
Ci fu uno studioso bizantino, Tzetzes(1100-1185?), che modificò il mito
di Tantalo
e di Pelope. Per discolpare gli
dei da un possibile cannibalismo, stravolse la storia di Tantalo.
Secondo tale versione infatti egli era un sacerdote che rivelò ogni segreto
ai non iniziati, al che le Moire colpirono suo figlio con una malattia orrenda.
I chirurghi di allora con varie operazioni riuscirono a ricostruire il corpo
di Pelope, che rimase sfigurato da innumerevoli cicatrici(Scoli a Licofrone,
152). La mia ipotesi stravolge pure la storia mitica e nel contempo allontana
il cannibalismo. E perché gli antichi non parlarono di questa possibile
confusione
delle fave-legumi con il corpo di Pelope? La risposta può essere
anche questa: ammettere l'efficacia della fava nella cerealicoltura era come
svelare
i segreti
della
dea e mancarle di rispetto. Lo stesso Esiodo, poeta contadino, ne "Le opere
e i giorni" consiglia di seminare
il maggese(versi 462-465) come fosse operazione quasi magica perchè allontana
i mali e acquieta i bambini; il poeta non dichiara esplicitamente di seminare
leguminose probabilmente per reticenza rituale e rispetto verso le Due
Dee. E' bene ricordare che Esiodo vive anche più di un secolo
prima
rispetto a
Pitagora
e la sua reticenza non si può collegare alle idee dei pitagorici nei confronti
della fava.
Potrebbe rivelarsi utile il diverso trattamento che Demetra
riservò ad Erisittone rispetto a quello di Pandareo, che pure era un ladro.
Erisittone,
re
di
Tessaglia
e
figlio
di
Triopa,
abbatté deliberatamente
un bosco di pioppi sacro a Demetra, con l'intenzione di costruirsi
una casa presso cui far banchettare gli amici.
Per punire la sua empietà la dea lo condannò ad una fame inesauribile.
Per cibarsi, Erisittone dilapidò tutte le ricchezze della propria famiglia.
Infine vendette più volte Mestra, sua figlia, al mercato: la figlia aveva
la magia di trasformarsi in animale e anche di ritornare fanciulla(Licofrone,
Alessandra
vv.1393ss. - Callimaco, Inno a Demetra 34 e seguenti). Erisittone secondo Callimaco
si ridusse ad elemosinare per i trivi, secondo altre versioni invece cominciò
a divorare le sue stesse membra. Quindi Demetra comminò a Erisittone un
supplizio mentre era ancora in vita. Robert Graves accosta questo Erisittone
all'Erisittone
figlio del leggendario Cecrope ateniese. L'etimologia del nome, secondo Graves
e gli antichi greci(Ateneo, 382) indica "colui che apre la terra" ovvero
il bue. Se si accetta questa significazione e seguendo Graves si potrebbe giudicare
diversamente
Erisittone il tessalo. Per Graves non fu un tagliaboschi, ma un contadino testardo
che non lasciava riposare il terreno.
In effetti, come ricorda Pausania, e quindi coevi al tempo di questo scrittore,
c'erano in Elide boschi sacri alle Due Dee((Pausania VIII,
31, 5)
dove non era consentito entrare pena la morte(in senso religioso, cioè a
dire sarebbero stati colpiti da disgrazie coloro che non rispettavano tale divieto).
Si avverte sia nel personaggio Tantalo, per come lo si vuole presentare, organizzatore
di banchetti cannibalici oppure di orgie alimentari a base di legumi, sia in
Erisittone un anelito, una voglia di banchettare dettata da motivazioni non religiosi
o
non religiosi secondo un canone contemporaneo ai tempi in cui erano raccontati
i miti. Tantalo fa un calcolo maligno e vuole mettere alla prova gli dei come
fosse un pari o addirittura a loro superiore. Erisittone per fare bisboccia con
gli amici profana e distrugge un bosco sacro.
Gli antichi avevano messo in evidenza il diverso ma correlato trattamento riservato
da Demetra a Pandareo di Creta e a Erisittone. Il primo avrebbe potuto mangiare
di tutto senza soffrire dolori di tipo digestivo, il secondo sarebbe stato assalito
da una fame ineusaribile che l'avrebbe portato all'autocannibalismo. Il supplizio
di Erisittone è prossimo al supplizio di Tantalo, mentre Pandareo potrebbe essere
stato dispensato dalle malattie digestive: malattie che possono alludere a quei
problemi, anche gravi come il favismo(questo è una considerazioni a posteriori,
in quanto la malattia in genere era considerata una punizione dei numi) o leggeri
come il mal di stomaco e la ventosità, che sogliono essere associati al nutrirsi
di leguminose o di maiali sacrificati(a Demetera si sacrificava una scrofa gravida).
Questo favore di Demetra a Pandareo che ruba il cane-portinaio fa intravedere
nell'operato
della dea un suo collegamento all'Oltretomba, collegamento che nella religione
olimpica fu demandato a Persefone, la figlia.
Interessante la rappresentazione di Tantalo nell'arte figurativa greca. Sappiamo
da Pausania(X, 31, 12) che, nella figurazione dell'oltretomba nella Lesche dei
Cnidî a Delfi, Polignoto unì nella stessa pittura i due tipi della
pena di Tantalo., cioè la rupe incombente e il supplizio dell'acqua e
della
frutta.
Tantalo nell'Oltretomba è condannato a subire un supplizio particolare:
avverte costantemente il bisogno di mangiare e bere, ma nonostante sia circondato
da
cibo e acqua non può né nutrirsi né dissetarsi. È legato
ad un albero da frutto carico di ogni qualità di frutti, ed immerso fino
al collo in un lago d'acqua dolce; tuttavia, appena Tantalo prova a bere, il
lago si asciuga, e non appena prova a prendere un frutto i rami si allontanano,
o un alito di vento improvviso li fa volare via lontano dalle sue mani( Diodoro
Siculo, libro IV, 74). Inoltre un grosso macigno incombe su di lui, minacciando
di schiacciargli il cranio e facendolo così vivere in uno stato di terrore
perenne. Secondo un'altra versione la morte viene collegata ad un supplizio,
in cui deve sostenere un monte intero sulla sua testa. Secondo le leggi del contrappasso
Tantalo è condannato a non potere soddisfare i bisogni della fame e della
sete, bisogni che in vita aveva soddisfatto in modo orrendo. Il supplizio del
masso
incombente lo riconduce ad Atlante di cui pare ch'abbia comune la radice del
nome (che significa "portare, sopportare"). Probabilmente questo secondo
supplizio condanna la sua impudenza e le sue decisioni leggere e avventate che
nell'Oltretomba
pesano come un macigno, oppure il macigno rappresenta la roccia del Sipilo su
cui
sembrava
che uno scultore primitivo avesse tracciato i tratti di una Niobe addolorata
per la trasformazione dei suoi figli in massi.