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Recensione
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Recensione: La coscienza inquieta venne pubblicato una prima volta, nel 1949, dall’editore Mondadori. Il libro ebbe allora largo consenso di critica e di pubblico. Vinse un importante premio letterario che aveva come giudici Eugenio Montale, Giacomo Debenedetti e altri illustri nomi della cultura italiana. Esaurita rapidamente l’edizione, l’autore non volle ripubblicare questo suo saggio su Sören Kierkegaard, prima di averlo ripensato in profondità, aggiornato criticamente e completato in alcune sue parti più vicine ai problemi del nostro presente. Gli inserti e le parti nuove sono il frutto di una lunga fatica. La mole del libro si è pertanto accresciuta di oltre un terzo, nonostante la volontà di limitare gli aumenti quantitativi. Pur conservando intatta la sua struttura di partenza e il suo impianto d’origine, La coscienza inquieta è divenuta anche un’indagine ex novo sulla rinnovata presenza di Kierkegaard nella cultura contemporanea. Nel fondatore della filosofia esistenziale Cantoni scorge l’antesignano di una antropologia divenuta oggi molto più attuale di quel che non fosse ieri. La dialettica del singolo e dell’anonimo, il cimento della prassi interiore e dell’azione solo esteriore, il continuo confronto dell’uomo esistente concretamente e del sistema hegeliano, la critica dello scientismo e dei suoi limiti, la rivendicazione dei diritti della passione e dell’immaginazione, il drammatico scarto tra la infiacchita «cristianità dell’ordine costituito» e il cristianesimo come via crucis militante e sofferta, rappresentano alcune linee emergenti del libro.Oggi più che ieri Kierkegaard va riletto come un implacabile testimone d’accusa contro un’epoca divenuta sempre più anonima, filistea e burocratica, sempre più dominata dal conformismo e sempre meno capace di pensare in modo libero e originale.
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