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Recensione: «L'unica occasione di osservare il linguaggio umano in statu nascendi ce la offre il bambino», osserva in apertura di questo libro Roman Jakobson, citando Karl Buhler. E continua: «l'unica occasione di osservare il linguaggio umano in dissoluzione ce la offrono i disturbi patologici del linguaggio, di natura centrale». Non soltanto dunque la struttura del linguaggio pienamente dispiegata deve interessare il linguista, ma anche la sua nascita e la sua estinzione, il suo farsi e disfarsi proprio sul piano fisiologico. Linguista di eccezionale versatilità , filologo e critico di rara sottigliezza interpretativa, Jakobson apre qui un dialogo molto fertile di risultati con i patologi: offre tra l'altro un esempio assai stimolante di come l'interdisciplinarietà applicata dal vivo possa mutare radicalmente l'impostazione e le prospettive critiche di un problema dato.
Per quanto concerne l'approccio del bambino al linguaggio, non si tratta di creatività pura né di imitazione perfetta: il piccolo parlante elimina gli elementi che non è capace di riprodurre e associa ad altri diverse valenze, rispetto allo standard. Tendenzialmente, i bambini utilizzano una sorta di lingua segreta, composta esclusivamente dai suoni che sono in grado di riprodurre. Dopo i primi due anni di età , l'infante è in grado di padroneggiare tutti gli elementi linguistici della sua lingua. Gli adulti, nel momento in cui parlano con un infante, assumono le stesse peculiarità fonologiche e lessicali del bambino: questo fenomeno è detto baby talk. Lo studio di Jakobson, in correlazione con quelli svolti da psicologi e medici del tempo, porta alla conclusione che i bambini apprendono per primi quei suoni che richiedono il minimo sforzo fisiologico.
L'afasia è considerata come il contrario dell'acquisizione fonetica del bambino. Con l'afasia si ha la disintegrazione del sistema fonico. Jakobson suddivide i problemi fonologici a seconda della tipologia di afasia. Con l'afasia interna, si hanno pazienti capaci di operare in un contesto, nonostante le difficoltà fonetiche; con l'afasia esterna, invece, i pazienti non sono in grado di inserirsi all'interno di un contesto. Jakobson studia e approfondisce la tematica centrale del pensiero di De Saussure (dicotomia significato – significante) per comprendere, in modo più approfondito, le problematiche legate all'afasia. Nell'ultimo capitolo del saggio, l'autore approfondisce gli studi afasici, suddividendoli in tre dicotomie:
1)Disordine della codificazione contro disordini della decodificazione: questa dicotomia racchiude uno studio di Jakobson sulla difficoltà nell'uso di gruppi di fonemi, in confronto all'incapacità di utilizzo dei singoli tratti distintivi. Rispettivamente si riferisce all'afasia sensoriale e a quella motoria.
2)Limitazione contro disintegrazione: qui Jakobson mette in luce due aspetti diversi dell'afasia dinamica (riprendendo gli studi di Luria) e di quella semantica, ovvero l'eccessiva chiusura nel codice e la chiusura del contesto.
3)Sequenza contro compresenza.
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