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Recensione: “Un libro scandaloso, così sostiene Norberto Bobbio nella prefazione del libro, il giudizio sul sistema carcerario dato non da studiosi illuminati, non da provvidi amministratori, non da magistrati competenti, non da benefattori umanitari. Qui sono i “delinquenti”, i “criminali”, i “bruti”, che parlano di se stessi e della loro vita di tutti i giorni: che invece di accettare rassegnatamente la condanna, accusano, invece di starsene sottomessi per “espiare” o “emendarsi”, si ribellano, invece di ubbidire agli ordini, li discutono, invece di fare il loro dovere, reclamano i loro diritti, come un qualsiasi cittadino non ignaro della costituzione e delle leggi del suo paese, e quando possono, cioè quando riescono a raggiungere nel fuoco di una protesta un minimo di coesione, si rivoltano come si sono sempre rivoltati nella storia i popoli, le classi, le nazioni oppresse…. La forza, la novità , il significato critico e polemico del libro consistono nello spingerci ad andare, anche contro voglia, anche riluttanti, alle radici del problema”.
Irene Invernizzi ha raccolto in queste pagine le testimonianze (diari e lettere per la maggior parte) di coloro che dietro le sbarre sono spesso stati vittime di ingiustizie che passano sotto silenzio e raramente si conoscono fuori dalle spesse mura degli istituti di “correzione”.
Sono parole semplici quelle che si trovano in questo libro, semplici come le persone che le hanno scritte e tuttavia sono stimolo a riflessioni profonde che anche oggi è il caso di affrontare, per quanto possa essere cambiata la situazione delle carceri italiane (non molto in fondo…).
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