Recensione: Scritto nella ferma convinzione che l'antropologia possa interessare i non specialisti, questo volume affronta un momento importante e significativo delle culture dei favolosi mari del Sud, e più in particolare della Nuova Guinea. L'autore ci porta a seguire la nascita di una coscienza politica nelle popolazioni dell'isola, dapprima rivestita di forme mitiche e religiose, poi apertamente laica e terrena. Venuti a contatto con la civiltà dei colonizzatori bianchi e della loro dominazione, gli indigeni della Nuova Guinea si sono trovati bruscamente immessi in un sistema economico e sociale di cui hanno cercato di darsi una spiegazione. Chi fabbrica i beni che hanno i bianchi, quei beni che fanno la loro potenza e che essi ricevono da terre lontane?
Le navi che arrivano cariche di ogni genere di merci, secondo la loro interpretazione, sono state inviate dagli antenati neri ai loro discendenti, ma i pirati bianchi le hanno intercettate e catturate durante il viaggio. Gli indigeni si devono dunque preparare al Gran Giorno, che vedrà l'arrivo del Cargo e la punizione dei bianchi, addestrandosi anche militarmente alla lotta. Quel giorno i neri domineranno i bianchi, i neri diventeranno bianchi, e i bianchi neri.
Siamo alle radici del mito del Cargo, che ha costituito la fede centrale di un cospicuo numero di movimenti di liberazione. Alcuni dei quali, specie dopo l'ultima guerra mondiale, sono giunti a una più chiara coscienza del rapporto dominatori-dominati, iniziando la lotta con una consapevolezza nuova. L'esperienza che questo suggestivo volume documenta è dunque il passaggio dal mito alla coscienza politica.