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Recensione da feltrinelli.it:
Uno stratagemma narrativo adottato e perfezionato dagli scrittori angloamericani è quella dell'unreliable narrator, o narratore inaffidabile. L'unreliable narrator la voce narrante, spesso in prima persona che, in fondo, potrebbe non dire esattamente la verità , qualsiasi cosa si intenda per 'verità ' all'interno dell'universo della finzione narrativa. Il raccontare da un particolare punto di vista, in questi casi, manipola e può arrivare a sconvolgere la materia del raccontato. La voce narrante, quindi, piuttosto che rimanere sullo sfondo diventa essa stessa un personaggio che il lettore deve riuscire a smascherare. Esempi classici di romanzi scritti adoperando lo stratagemma dell'unreliable narrator sono Il Giovane Holden, di Salinger, The Book of Evidence, di Banville, American Psycho e, ovviamente, Lolita, di Nabokov, che angloamericano non lo era per origine, ma per elezione linguistica. Leggendo questi libri, prima o poi apparirà chiaro che Holden Caulfield, Freddie Montgomery, Patrick Bateman e Humbert Humbert, semplicemente, non ce la stanno raccontando giusta, vuoi per il modo distorto con il quale percepiscono la realtà , e dunque anche se stessi, vuoi perché vogliono scagionarsi agli occhi del lettore/testimone.
Volponi aveva già creato una ragnatela di fatti, ricordi e deliri col suo primo romanzo, Memoriale. A leggere la trama di quell'esordio, si teme di essere incappati in qualche romanzetto di partito, scritto per ingraziarsi questo o quel sottosegretario di sinistra o qualche sindacalista. Recita infatti la trama: "Reduce di guerra viene assunto in una fabbrica del Nord, a causa della quale diventa più alienato di quanto già non fosse." Più o meno. Non proprio invitante, insomma. Se però quel libro lo si legge davvero, si fa la conoscenza di Albino Saluggia, un visionario che parla e racconta con un linguaggio trasognato e poetico, mischiando realtà e paranoia, sogni iperuranici e incubi a occhi aperti. Un esordio, quello di Paolo Volponi, che da solo vale l'opera intera di molti scribacchini di thriller storici o saghe fantasy, o anche di tanti intellettuali impegnati.
E continua a affinare la sua tecnica, il Volponi, con La macchina mondiale, opera seconda che gli valse il primo Strega (perché di Strega, Volponi, ne vinse ben due). Il protagonista di quest'opera seconda, Anteo Crocioni, è molto più cinico e spietato rispetto a Albino Saluggia. Ed è, al tempo stesso, più intelligente, più ambizioso ma, ironicamente, anche più ignorante. Se Albino è un idiota principesco, troppo gentile per l'assurdità di questo mondo, Anteo è un Faust che non riesce a trovare il suo Mefistofele.
Quella di Anteo è un'ossessione. La sua idea, o intuizione, o congettura, è che l'unica differenza fra gli uomini e le macchine non è di genere, ma di grado. Gli uomini sono macchine biologiche, portentose, dai meccanismi perfetti. Macchine che costruiscono altre macchine e che sono anche in grado di riprodursi, cioè di costruire macchine simili a se stessi. Da questa idea di partenza, Anteo deduce due corollari. Il primo: se gli uomini sono macchine, devono essere stati costruiti da qualcun altro, magari da qualche altra macchina pensante. Forse, dunque, siamo tutti esperimenti di alieni-macchine, scienziati artificiali che ci scrutano da lontano, ci osservano, o magari ci hanno dimenticato nello scantinato e sono ora impegnati nella costruzione di altre macchine, più sofisticate, che diano più soddisfazione. Il secondo: dovremmo anche noi costruire macchine-pensanti in grado di riprodursi. L'idea di partenza, assieme ai due corollari, animerà la vita di Anteo, fino a frantumarla.
Non è mai dato di sapere fino in fondo dove finisce la verità e dove comincia la menzogna, nel racconto di Anteo. Un racconto svolto mentre alla porta bussano i creditori, nonché avvocati e parenti della moglie, la quale pare sostenere cose che Anteo preferisce non dire, o sminuire. Fatto sta che, ben presto, in nome della sua idea, Anteo dissiperà i suoi averi, alienerà i suoi amici, distruggerà la sua vita, quella di sua moglie, che forse è più pazza e criminale di Anteo, a meno che Anteo non stia mentendo un'altra volta. E tutto in nome di un ideale che è, prima di tutto, etico. Anteo, infatti, non vuole la fama, né la ricchezza. Lui è assolutamente certo che la salvezza umana passa attraverso il design delle nuove macchine pensanti. Lui è veramente convinto che l'etica trovi il suo fondamento nella tecnica e che solo osservando il comportamento delle nuove macchine, e notando le somiglianze fra esse, noi stessi e le altre macchine (gli animali e le piante), potremmo codificare i segreti per la pace e la fratellanza di tutti gli uomini.
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