Considerazioni, differenze e somiglianze nei racconti Il ceppo d'oro del Pentamerone(V, 4), Marvizia della raccontatrice Agatuzza Messia(Pitré, XVII), e Lu re d'amuri del raccontatore Giovanni Patuano(Pitré, XVIII)

di Salvatore La Grassa

TAG: Giuseppe Pitré, Fiabe novelle e racconti popolari siciliani, Agatuzza Messia, Giovambattista Basile, Pentamerone, Giovanni Patuano, Matri-drau, tipo Amore e Psiche, Il ceppo d'oro, Il tronco d'oro, Marvizia, Lu re d'amuri



La mamma-draga e la picuraredda


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La pastorella col suo gregge, quadro di julien dupre

E' pure poissibile che alla figura della sciamana, nell'evolversi dei racconti origianari nello spazio e nel tempo(da culture a culture), sia subentrata per alcuni tratti la figura della mamma-draga mangiona dei nostri racconti: l' appetito sessuale e il bisogno di un amore superiore si sono trasformati in ingordigia e nel desiderio di essere madre, desiderio attuato anche grazie alla magia e al sequestro del figlio della reggina.
Solo in questo racconto Agatuzza Messia traccia la figura di una mamma-draga e bisogna ammettere che la tratteggia quasi fosse una vera donna. La mamma-draga vive con un ristretto numero di persone, e cioè con il giagante Alì ed un piccolo schiavo, ai quali si è aggiunto Uccello Verde. Che rapporto hanno Alì e il piccolo schiavo con mamma-draga non è dato conoscere, ma di certo sono persone alle sue dipendenze. La mamma-draga, nel corso del racconto non uccide e non mangia esseri umani, anche se proclama, ella stessa, che lo ha fatto e lo può fare. Molto probabilmente è una ladra di bestiame e non un'allevatrice. La mamma-draga si guadagna da vivere( si vusca u pani) alla giornata; ruba armenti, li squarta e li mangia dopo averli arrostititi. Suoi vicini sono un pecoraio e sua figlia (la picuraredda). La picuraredda forse sente la forza magica di mamma-draga e si comporta con lei come fosse una figlia soccorrevole. Le porta pezzi di pecore e capre già arrostiti ed inoltre derrate che hanno un alto valore culturale, come il pane, il vino e forme di ricotta e di formaggio. La mamma-draga rimane entusiasta del comportamento della picuraredda perché nessun'altra persona aveva compiuto per lei questi gesti di pietà. Per questo decide di darla in sposa a quello che chiama figlio suo, ovvero Uccello Verde.
Ma i gesti di pietà non vengono bene ripagati alla picuraredda, un diminuitivo carino che desta simpatia nei fruitori del racconto. La Messia però, nella parte finale del racconto, si limita a chiamare picurara la sposa che la mamma-draga aveva destinato a Uccello Verde. Ed infine la Messia fa dire a Uccello Verde che la mamma-draga mangiava uomini come biscotti(ma nel racconto non è descritto un atto cannibalesco della mamma-draga) e voleva che sposasse una picurara fitusa. Fitusa nel senso che non si lavava e che quindi faceva puzza? Sembra così dal racconto, perché la raccontatrice(Messia) non aveva accennato a una sua bruttezza d'animo, cioè nell'aver compiuto quegli atti di pietà verso mamma-draga per uno scopo. E quando Uccello Verde, nella prima notte di nozze, chiede alla sposa picurara di reggere il cero al posto della serva Marvizia, la Messia distrugge la picurara quando racconta che obbedì malvolentieri in quanto si sentiva gia' signora. Ma cos'altro doveva avere o escogitare per essere considerata una signora? Forse pretendere la carta scritta, l'atto di matrimonio come avviene nel racconto Catarina la sapienti(Pitré VI, raccontato da Agatuzza Messia)?


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